Necci ripassa il latino di Vincenzo Tessandori

Necci ripassa il latino Necci ripassa il latino In cella legge il De Bello Civili I «VIP» BSETRO LE SBARRE LLA SPEZIA A cella, dice, è come questa. Quattro metri per due e mezzo, gabinetto alla turca sul fondo, appena riparato da un muretto basso, arredamento spartano: branda, scaffale, armadietto, tavolo e, per bruciare le attese, la tv nell'angolo. Nessun privilegio per i potenti, dice. E invece le celle dell'isolamento, in una costruzione moderna alle spalle del corpo principale del carcere, sono una specie di trompe-l'oeil, sembrano identiche, ma le misure sono un po' più grandi e i servizi godono di maggiore riservatezza. Insomma, il trattamento a Villa Andremo, prigione di La Spezia, è uguale per tutti, garantisce il direttore, Salvatore Iodice. Il fatto è che qualcuno, magari, è più uguale di altri. Loro, i detenuti eccellenti, aspettano con fiducia che la fastidiosa parentesi si chiuda. In una solitudine intellettuale, Lorenzo Necci cerca nella lettura motivi di conforto. Libri, non giornali o riviste, così dozzinali, pettegoli, insopportabili: c'è di tutto, in vendita, dietro alle sbarre, i quotidiani e Gente Money, Diabolik e Playboy, Eva Express e Dylan Dog. No, il detenuto Necci Lorenzo preferisce altro, ieri correva fra le pagine del De bello civili, di Giulio Cesare. In latino. Non è angosciato da paure remote, neppure ci pensa che qualcuno voglia ammazzarlo, garantisce il difensore Paola Balducci. Mangia il cibo degli altri, semplicemente. Ieri, pasta e fagioli, spezzatino con purè, una mela. Semmai, sta attento al caffè. Visitato dal medico del carcere, è stato trovato un po' dimagrito. Più volitivo, più allegro tutto sommato a dispetto delle mattane del cuore, Francesco Pacini Battaglia (lunedì lo visiterà un cardiologo, forse), uno che della vita sembra riuscir sempre a vedere il lato positivo. Passa ore incollato al video, ascolta tutto, commenta, ricorda. E quando qualche notizia lo colpisce o lo diverte in modo particolare, lo sentono esclamare, dietro al battente in ferro e al cancelletto: «Questa sì, che è buona». E prende appunti sul block-notes. Lui pure s'informa sul menù carcerario, e non disdegna qualche portata doppia. «Ha sempre fa¬ me». Tutto il contrario di Emo Danesi, che si è accorto di non essere preparato alle avversità e questa che lui chiama disavventura lo fa piangere e disperare (nei prossimi giorni lo visiterà uno psicologo): quando padre Flavio, un cappuccino cappellano della prigione, è andato a trovarlo, lui lo ha abbracciato, disperato, gli occhi lucidi. Ma per questo suo modo di fare non è rimasto simpatico agli altri componenti la «popolazione carceraria»: 230 persone, ieri, di cui cinque donne. Il fatto è che il carcere dovrebbe contenere assai meno detenuti. Villa Andremo, osserva il direttóre Iodice, «è stata costruita con criteri direi fascisti. Risale agli Anni Trenta, è ben diverso dalle attuali slxutturejarchitettoniche. Secondo i parametri dell'Usi non dovrebbero esserci più di 130-140 detenuti, ma questi parametri sono completamente saltati anche se vogliamo fare una distinzione fra capienza dichiarata e tollerabile». Due, tre per cella: e star da soli può diventare un privilegio, in queste condizioni. Che non viene concesso se non per motivi di incompatibilità con altri, o di studio, o imposto, per ragioni disciplinari. Difficile capire in quale categoria sia stato inserito il detenuto Necci Lorenzo, amministratore delegato delle Ferrovie, che ha chiesto di restar solo. Direttore, in quale categoria? «Non ne parliamo». Parliamo d'altro, allora: le visite che vengono fatte a questi protagonisti di Tangentopoli-2? «La visita dei parlamentari è un'ulteriore conferma che il carcere« un problema dei poveri. Se arrestano me o il povero Mohamed, nessuno si fa vedere, se non don.Benzi». ,.. Eh, sì! Don Orazio Benzi, fra i sacerdoti più impegnati nel sociale, ieri ha visitato i Mohamed e i Dimitri, le Mary e i Necci. Ma come devono essergli apparsi di¬ versi questi detenuti chiamati «eccellenti». Gente, ha commentato, amaro, «che non è cresciuta umanamente. Gestendo un potere immenso, hanno perso l'aggancio con le loro radici. E' come dare una bomba in mano a un bambino. Quando si danno gli incarichi, bisogna guardare non soltanto ai titoli di studio, ma anche il grado di maturità umana. Siamo guidati da uomini che non sono uomini». Per gli altri, quelli che non hanno mai comandato e che non comanderanno mai, risulta così difficile trovare spontanea solidarietà. Mary, genovese, dentro per ricettazione, commenta: «Noi facciamo anche 5 anni, questi hanno rubato mezza Italia e magari fra una settimana escono». Ma quelli che rimangono, che cosa chiedono, dottor Iodice? «Sembrerà strano: ma tutti domandano il lavoro». Vincenzo Tessandori Lorenzo Necci amministratore delegato delle Ferrovie ora in carcere

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