Collasso annunciato

Collasso annunciato Collasso annunciato » Metti: impariamo da Tokyo Il «CRACK» TELEMATICO MILANO ICONO che ci sono state delle complicazioni nell'hardware, dicono così...». Sospira, perplesso, Urbano Aletti, decano tra gli agenti di cambio milanesi, ex senatore de, già presidente della Borsa milanese quando piazza Affari era ancora la piazza Affari delle grida, col parterre e il parco buoi e un futuro tutto personal computer e telematica non se l'immaginava nessuno. «Vecchi tempi», ricorda. Qualche rimpianto? «E chi non rimpiange la propria giovinezza?», scherza. Poi, serio serio: «Ma no, non si tratta di rimpiangere nulla, l'informatica ha fatto fare molti passi in avanti alla piccola Borsa italiana, anche se credo che sia stato un errore non mantenere, almeno in minima parte, un po' di mercato umano. L'hanno fatto in due grandissimi mercati come New York e Tokyo, ci sarà pure un motivo, non le pare?». Da noi si è scelta un'altra strada, quella dell'informatizzazione globale: più trasparenza, nessuna posizione di privilegio. «Sarà. Però io credo che in certi momenti anche il potersi vedere in faccia, potersi parlare e scambiare delle opinioni, può essere più importante di qualsiasi altra cosa. Altrimenti sa cosa succede?». Cosa? «Che il mercato fa parlare di sé solo per una sequenza di notizie negative». Come il black-out di ieri, per esempio. «Pare che certi problemi succedano soprattutto di lunedì...». Cos'è, una battuta? «No, no, pura statistica. Evidentemente, alla riapertura dei mercati qualcosa non funziona, chi lo sa? Sarebbe opportuno che qualcuno controllasse il sistema anche nei giorni festivi: vede, il danno economico del blocco delle contrattazioni non è irrilevante. Le grandi Sim bancarie magari non l'avvertono visto che le banche incassano gli interessi anche di domenica. Ma noi che abbiamo 256 giorni lavorativi all'anno...». Voi Sim non bancarie, vuol dire? «Sì, certo. Per noi ogni giorno in meno è un danno serio: anche perché, se qui in Italia la Borsa viene chiusa, chi può, per esempio i grandi intermediari o i grandi gruppi, possono operare su un altro mercato, a Londra, a Parigi». Per amor di verità, va detto che certi guai telematici non succedono solo in Italia. Recentemente è andata in tilt la Borsa di Parigi. «Verissimo, però qui da noi mi sembra che ci sia qualcosa che non va». In che senso, scusi? «Nel senso che sono dieci giorni che passiamo da un problema all'altro. Vuole le date? Venerdì 13 c'è stato un blocco parziale delle contrattazioni, lunedì 16 un malfunzionamento del mercato dei derivati, il 18 un altro blocco parziale delle contrattazioni e ieri il blocco totale». E secondo lei non è una sequenza casuale? «Questo io non lo so, dovrebbero spiegarcelo i responsabili del sistema cosa è successo. So che ci stanno lavorando i tecnici. Il vero problema è che finora nessuno ha spiegato la causa di questi ripetuti incidenti». Dicono che gli operatori esteri siano furibondi. «Ahimè, non è una bella pubblicità per la nostra Borsa ma di questo mi preoccuperei di meno: è avvenuto anche in altri mercati, lei prima ricordava Parigi. Succede, quando le cose sono troppo sofisticate...». Ma non aveva detto di non rimpiangere i vecchi tempi, dottor Aletti? «Nessun rimpianto, basta che facciano funzionare presto questi benedetti computer...». [a. z.] «Anche negli Usa sono rimasti gli uomini Un motivo ci sarà» Urbano Aletti «Abbiamo peccato di ottimismo»

Persone citate: Aletti, Urbano Aletti