«I giudici non bastano» di Raffaella Silipo
«I giudici non bastano» l'ex vicecapo dell'antimafia «I giudici non bastano» Arlacchi: commissione anticorrotti CONTRO i professionisti della corruzione non bastano interventi isolati». Pino Arlacchi, senatore dell'Ulivo, ex vicepresidente dell'Antimafia e studioso dei mercati criminali, ha una proposta nuova per affrontare la corruzione: una commissione parlamentare sulla grande criminalità «che studi e combatta in modo sistematico il malaffare. La politica deve farsi carico del problema, cercare le vie per prevenire: è un grave errore delegare tutto ai giudici, perseguire solo la repressione». I giudici non sono adatti a risolvere la corruzione? «Non in così larga scala. La via giudiziaria è per sua natura violenta, va usata il meno possibile. E poi agisce sul caso singolo, a cose fatte. Non combatte i reati alla radice». Sta dicendo che Mani pulite non è servita a nulla? «Non dico questo, ha avuto un ruolo fondamentale. Ma c'è chi è riuscito persino a capovolgere gli effetti di Mani pulite mentre i giudici agivano, continuando a fare i propri affari, anzi allargandoli, all'ombra del successo del pool e sfruttando la superficialità di un Paese che credeva di essere uscito dal malaffare per sempre. Guardiamo in faccia la realtà: siamo di fronte a una patologia permanente, non a un raffreddore momentaneo». E' una patologia guaribile? «Guaribile forse no, perché la corruzione c'è in tutto il mondo da secoli. Curabile certamente, con una strategia di riduzione al minimo del malaffare: sempre ricordando che i successi immediati durano poco e bisogna attrezzarsi per il medio e lungo periodo». Cosa significa «prevenire»? «Innanzitutto educare: il nostro è un Paese immaturo, che nasconde la testa sotto la sabbia. Oggi ci stupiamo di quel che accade, come se i Sindona, i Calvi, i Gelli, non fossero mai esistiti. L'Italia ha assoluto bisogno di rafforzare la sua etica pubblica, di abbandonare certe idee primitive: che il favore sia più im¬ portante del diritto, o che la reticenza negli affari sia una virtù. Ci vorrebbero campagne per spiegare che la corruzione è sempre un male, anche su piccola scala». Il Parlamento finora ha fatto poco in questo senso o sbaglio? «Il Parlamento è povero oggi di strumenti di indagine, manca una sede specifica nella quale analizzare e dibattere. Ecco perché ho pensato alla commissione contro la grande criminalità: un organo permanente, con ampi poteri, divisa in sottocommissioni: la prima specializzata nella corruzione, la seconda nel lobbismo illecito, la terza sui traffici illeciti, dalla droga alle armi, dal nucleare ai materiali strategici; infine l'ultima sulla criminalità finanziaria e il riciclaggio». Come combattere il malaffare? «Intanto ci vuole una profonda conoscenza del fenomeno, e poi proposte legislative mirate, sulla falsariga di quel che si fa negli Usa. Oggi non abbiamo leggi adeguate». Qualche priorità? «Una, fondamentale: l'individuazione dei patrimoni esteri dei protagonisti di Tangentopoli. Bisogna appoggiare politicamente i magistrati che hanno in piedi ben trecento rogatorie internazionali nei confronti dei principali paradisi fiscali. Ci sono un paio di migliaia di miliardi in giro per il mondo in mano a signori che possono usarli, e forse li usano, per inquinare, disinformare, minacciare... Hanno i soldi, hanno le professionalità illecite, e ci stupiamo che i faccendieri continuino a tramare? Dovremmo stupirci del contrario». Raffaella Silipo Pino Arlacchi senatore dell'Ulivo
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