Scontro a Brescia, Di Pietro parte civile di Fabio Poletti

Si è aperto ieri il processo a Previti, Dinacci, De Biase. Paolo Berlusconi: sono tranquillo Si è aperto ieri il processo a Previti, Dinacci, De Biase. Paolo Berlusconi: sono tranquillo Scontro a Brescia, Di Pietro parte civile Ipm Sdiamone e Bonfigli si oppongono alla richiesta L'avvocato: vogliono rifargli il processo in contumacia BRESCIA DAL NOSTRO INVIATO Alle 8 e 15, aula deserta e luci ancora spente, arriva Paolo Berlusconi. Prime parole: «Non ho ancora preso il caffè». Aspetterà trenta minuti l'inizio della prima udienza del primo processo, nato dalle inchieste di Fabio Salamone e Silvio Bonfigli. Ma è chiaro sin da subito che i protagonisti non sono né il fratello dell'ex presidente del Consiglio né i suoi coimputati, dall'ex ministro della Difesa Cesare Previti agli ispettori ministeriali Ugo Dinacci e Domenico De Biase - anche lui presente in aula - al centro del presunto complotto per far dimettere Antonio Di Pietro. Altri sono i protagonisti, e tra loro è subito scontro. Prende il microfono Massimo Dinoia, difensore di Di Pietro. Dice: «Signor Presidente, ci costituiamo parte civile». Replica, Silvio Bonfigli: «E no, Di Pietro ha sempre detto che Cesare Previti non c'entra con le sue dimissioni. Anzi, ha aggiunto che è pronto a testimoniare a favore di Ugo Dinacci. Di Pietro non si affannava a dichiararsi vittima di un reato, diceva che il reato non c'era». Controreplica, il difensore di Di Pietro: «Nessuno può mettere in discussione la presenza in un processo della persona offesa dal reato. Nessuno può metterci il naso. Ma qui è chiaro, i pm vorrebbero rifare il processo al dottor Di Pietro, già assolto tre volte da due gip qui a Brescia». Il presidente del Tribunale Francesco Maddalo dà ragione alla difesa dell'ex magistrato diventato ministro dopo un'ora di camera di consiglio. Le motivazioni non lasciano adito a dubbi: «Sono da giudicarsi irrilevanti le dichiarazioni rese dalla parte lesa al di fuori del dibattimento». Ma «l'incidente» non è chiuso. Pesta duro, il difensore di Di Pietro: «Abbiamo visto anche questo: dei pm che si oppongono alla costituzione di parte civile. Comunque il Tribunale ha già fatto giustizia anche su questa eccezione». E ancora: «I pubblici ministeri vorrebbero riprocessare Antonio Di Pietro. Di più: anche in contumacia». Le accuse sull'accanimento della procura di Brescia contro l'ex magistrato diventato ministro non sembrano toccare Fabio Salamone e Silvio Bonfigli. In aula arrivano accompagnati da un mare di faldoni pieni di carte. Accanto a loro c'è il procuratore capo di Brescia Giancarlo Tar- quini, che non perde un minuto dell'intera udienza. Anche quando si parla se far entrare in aula le telecamere. Tutti, difensori, imputati e pubblica accusa non vorrebbero. E il presidente Maddalo sorprende tutti: sì alla Rai, niente diretta, solo telecamere fisse «per evitare la spettacolarizzazione» paventata da tutti gli intervenuti. Alle 13 è tutto finito. Paolo Berlusconi lascia l'aula, e ai giornalisti che l'avvicinano dice solo: «Ho la coscienza tranquilla, rivendico l'assoluta estraneità a qualsiasi fatto». Poi se ne va, via da questa storia che lo tira in ballo insieme agli ispettori e a Previti per quell'inchiesta fantasma, nata dalle dichiarazioni di Giancarlo Gorrini della Maa e chiusa pochi giorni prima dell'addio alla toga di Di Pietro. I legali hanno chiesto - e ottenuto - di far slittare il processo al 2 ottobre per poter studiare meglio le nuove carte, le nuove indagini, che Salamone e Bonfigli hanno aggiunto nei giorni scorsi. Nella prossima udienza al centro del dibattito - e dello scontro - ci sarà la lista testi preparata dai magistrati. Duecentodue nomi, contiene l'elenco. Tutto il pool Mani pulite al gran completo, più tutti i protagonisti di quest'inchiesta che da 16 mesi impegna Salamone e Bonfigli. Tra i testimoni da ascoltare secondo i pm c'è anche Francesco «Chicchi» Pacini Battaglia, il finanziere italo-svizzero arrestato giorni fa dalla procura di La Spezia e interrogato il 31 ottobre scorso dai due magistrati bresciani, che gli chiesero dei suoi rapporti con l'avvocato Lucibello, il suo difensore nonché amico dell'allora magistrato simbolo di Mani pulite. Fabio Poletti Nella foto a sinistra ii pubblico ministero Fabio Salamone Nella foto a sinistra ii pubblico ministero Fabio Salamone Nella foto accanto Paolo Berlusconi

Luoghi citati: Brescia, La Spezia