Schiavi delle promesse ma costretti a tagliare

Schiavi delle promesse ma costretti a tagliare Schiavi delle promesse ma costretti a tagliare ■ROMA ERI nel vertice è successo di tutto. A quanto raccontano i partecipanti - questa volta vincolati al più stretto riserbo - Romano Prodi, che avrebbe voluto introdurre altri ticket sulla Sanità, ha avuto uno scontro duro con il ministro Rosy Bindi. Non meno duro è stato il braccio di ferro tra Carlo Azeglio Ciampi e Massimo D'Alema da una parte e Fausto Bertinotti e Carlo Ripa di Meana dall'altra su quello che rischia di diventare il problema dei problemi: l'opportunità di intervenire ancora una volta sulla previdenza con il taglio dell' 1% delle pensioni di anzianità. I primi due a ripetere che il nostro Paese non può permettersi di restare fuori dall'Europa e a sottolineare che un intervento del genere anche se non garantirebbe molto sul piano del gettito (si parla di 400500 miliardi), sarebbe considerato un segnale politico molto importante che darebbe il via libera a Bankitalia per un intervento sul tasso di sconto. Bertinotti, invece, a rispondere fino alla noia che essendo la questione squisitamente politica Rifondazione non può as- solutamente subirla. Ma davvero c'è una possibilità di scelta, davvero c'è un'alternativa? Probabilmente «no», a meno che l'Italia non voglia ritrovarsi fra un anno in Africa e non più in Europa e questo, aldilà dei facili discorsi, non se lo può permettere nessuno. Ma proprio qui viene il punto: Prodi e compagni sono arrivati al mo¬ mento delle scelte impreparati con il rischio di complicare una situazione già complicata. Se si vanno a rivedere le cronache dell'ultimo mese si può constatare, infatti, che il nostro governo ha preso atto di questa semplice verità per forza e all'ultimo momento, visto che si era cullato nell'illusione di poter rimare fuori dagli accordi di Maastricht in compagnia delle altre cenerentole d'Europa. Sono lì a testimoniarlo le dichiarazioni di Walter Veltroni ma anche i desideri nascosti dello stesso Prodi che nel discorso d'inaugurazione alla Fiera del Levante promise che la Finanziaria non avrebbe toccato in nessun modo le pensioni. Solo dopo il vertice italo-spagnolo il nostro premier ha capito che Paesi come la Spagna e il Portogallo sono pronti a tutto pur di aderire alla moneta unica nei tempi previsti. E il sogno di rinviare i problemi, di diluire i sacrifici sperando nelle difficoltà degli altri Paesi è venuto meno. Così adesso il governo è costretto a prendere una decisione che non ha alternative senza aver preparato il terreno e dopo aver perso tempo inseguendo un'illusione. Ieri al «vertice» tutti hanno dovuto fare i conti con questa cruda verità, hanno dovuto prendere atto che i numeri purtroppo non sono un'opinione. Ma tutti si sono ritrovati schiavi di quanto avevano dichiarato nelle scorse settimane, degli impegni presi con tanta solennità. Come farà la Bindi ad accettare la mannaia di Ciampi sulla sanità dopo aver predicato per settimane l'esatto contrario? Come potrà Bertinotti impedire che la Finanziaria intervenga anche sulle pensioni visto che ha giurato in pubblico e in privato che non avrebbe mai accettato una cosa del genere? Da qui la commedia, per dare modo a chi dovrà fare un passo indietro di salvarsi l'anima. Tutti, infatti, debbono dimostrare di aver trattato fino all'ultimo, di aver difeso strenuamente le proprie posizioni. Ma per capire quale sarà la soluzione non bisogna stare appresso alle parole, ai discorsi, ai proclami di questi giorni che fanno parte della sceneggiata. Per ca- pire come finirà nella babele di linguaggi e di posizioni che si sono confrontate ieri a Palazzo Chigi bisogna coniugare la logica dei numeri che ci impone l'Europa con l'unica logica politica presente nella maggioranza, quella di Massimo D'Alema. Il segretario del pds è convinto che Rjfondazione non romperà mai. «Ci saranno sette mesi di burrasca - spiegava una decina di giorni fa D'Alema a New York - ma alla fine tornerà la calma. Bertinotti può fare delle minacce relative-, non può andare oltre un certo segno perché se si assume la responsabilità di far cadere il primo governo con la sinistra dentro, il suo partito rischia di perdere il 50% dei voti che ha, di andare al 4%». E ieri nel vertice, partendo da questa convinzione, il segretario pidiessino è arrivato a dire a brutto muso a Bertinotti: «Non puoi pretendere di avere sempre ragione e di imporre la tua posizione ad un governo che è di coalizione». Dopo aver mediato negli ultimi giorni con Rifondazione D'Alema è passato alle maniere forti: se la sua analisi è giusta il governo si salverà e, contemporaneamente, il segretario pidiessino avrà infranto un altro tabù sulla via della modernizzazione della sinistra, avrà avvolto ancor di più nella sua ragnatela Bertinotti e i suoi. E' un rischio, ma non c'è politica che non abbia un margine di rischio. Fin qui D'Alema, resta da vedere che parte ha avuto ancora una volta Romano Prodi.... Augusto Minzolini nsiglio no a La unica a di un subito lusi. a legge pletare so dele che le dano a mano considerà ai per emCONTRIBPrelievo future (e gli uomincirca 400SmROMA cesso di ntano i ta vinbo - Ro voluto ulla Saro duro di. 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Ciampi e D'Alema contestano i verdi e Bertinotti sul terreno della previdenza Il segretario del pds: «Rifondazione non può avere sempre ragione e imporre il suo punto di vista a un governo che è di coalizione» L'allenatore del Bologna Ulivieri che ha riportato la squadra in Serie A Nella foto a sinistra il ministro del Tesoro Carlo Azeglio Ciampi Qui accanto il segretario del pds Massimo D'Alema