IL CONCERTO DA RAGAZZO IL RECITAL D'ADDIO di Sandro Cappelletto
IL CONCERTO DA RAGAZZO IL RECITAL D'ADDIO IL CONCERTO DA RAGAZZO IL RECITAL D'ADDIO La ULTIMO e il primo, il recital d'addio e il concerto del ragazzo che vince il Concorso di Ginevra e fa esclamare ad Alfredo Cortot, membro della giuria: «E' nato un nuovo Liszt». Due compact-disc ripropongono, ad un anno dalla morte, gli estremi documenti sonori della carriera di Benedetti Michelangeli. L'8 luglio 1939 il giovane virtuoso, diretto da Ernest Ansermet con l'Orchestre de la Suisse Romande, affronta il primo Concerto di Liszt con assoluta disinvoltura tecnica, senza rinunciare ai colori del bel canto, facendo già intravedere una propria ineguagliata qualità, la morbidezza del tocco e l'estrema varietà dei colori. Senza precipitarsi verso l'epilogo, senza farsi travolgere dal «trascendentalismo» di Liszt. Il disco, ricavato dal nastro di una registrazione radiofonica, è pubblicato da ErmitageSkira in occasione della mostra «Il grembo del suono», organizzata a Palazzo Martinengo a Brescia e prolungata fino al 5 novembre. Un volo nel tempo lungo 54 anni per giungere all'ultima esibizione pubblica, ad Amburgo, il 7 maggio 1993. Disco non autorizzato dal maestro, come tanti altri che ci sono stati consegnati da appassionati troppo disinvolti, ma testimonianza sorprendente, perché per la prima e unica volta, sentiamo Michelangeli abbandonare il tradizionale aplomb e accompagnare il suo Debussy con fugaci accenni della voce che canta. Carlo Maria Giulini ricorda come, suonando Debussy, lui sapesse «togliere ogni spessore al suono e al suo strumento», restituendolo ad una fisicità aerea. In questa leggerezza fatata, esplode improvvisa l'energia della vita, i respiri del tocco diventano più liberi, più abbandonato ancora è il piacere della melodia e del fraseggio. «La musica è fatta per l'inesprimibile», diceva il maestro parlando di Debussy e questo live-recording (pubblicato dalla Memoria Abm) lo conferma. Due dischi, due verità, mentre cresce la nostalgia di chi come lui sapeva rimanere servo del desiderio della perfezione e dei propri tempi interiori. Sandro Cappelletto
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