Le suorine sensuali e la rabbia di Piera di Sandro Cappelletto

Spoleto, provocatorio Puccini per la Degli Esposti Spoleto, provocatorio Puccini per la Degli Esposti Le suorine sensuali e la rabbia di Piera SPOLETO. Quel sole che penetra nel buio del convento e al quale le suore offrono le proprie ansie; quelle loro occhiate furtive e complici, quelle bocche che si sfiorano e infine quell'immagine del Cristo, così bello, così inequivocabilmente maschio, che appare come evocato da suor Angelica nel suo delirio suicida. Anche se dice trattarsi della Vergine, certo Piera Degli Esposti non rinuncia a suggerire la concretezza dell'estasi omo ed eteroerotica nella regia dell'opera di Puccini «Suor Angelica», in scena fino a domani al Teatro Lirico Sperimentale, che festeggia i suoi cinquant'anni di vita con una serie di spettacoli nutrita e azzeccata, affidati come è tradizione a interpreti giovani, capace di trovare spazio per il repertorio tradizionale, il recupero curioso e la novità assoluta. Pochi elementi scenici, fondali neri, protagonismo delle luci e la vicenda dell'atto unico pucciniano si concentra sulla disperazione vera della giovane suora rinchiusa per espiare la «colpa» di un figlio non previsto e non tollerato. Non basta la quotidiana contrizione per dimenticare: l'arrivo della zia Principessa (la voce sicura di Sabrina De Rose), quel duetto così livido e senza pietà, scatena ricordi mai sopiti. Alla violata identità femminile di Angelica, Puccini offre non solo la consolazione della preghiera e dell'intimismo delle occupazioni quotidiane, ma la risorsa della rabbia, di una violenza tutt'altro che pacificata, quasi quella suora conoscesse la tragedia dell'Elettra di Strauss. Questa intenzione tendenziosa ma legittima è la freccia che più va a segno dello spettacolo, dei- l'insieme costituito da canto (Francesca Rinaldi), allestimento e direzione (Dario Lucantoni, premio Capuana 1995). La serata si è aperta con «La notte di un nevrastenico», il dramma buffo che nel 1959 Riccardo Bacchelli scrive per Nino Rota. Commissionata per un'edizione del Premio Italia della Rai, ripresa dalla Scala in forma scenica (e Montale ne fu entusiasta), l'operina svela un Bacchelli surreale a proprio agio nella caricatura dei tormenti provocati dall'insonnia, e uomo di mondo: ecco, in quella locanda alla Bunuel dove si svolge l'azione, il commerciante un po' perverso che si mostra in giarrettiere, la coppia clandestina che sfrutta ogni istante della notte, il poveraccio che fra tanti sospiri insegue il sonno che arriva troppo tardi. Ma la Degli Esposti osa troppo: perché mai quei due amanti devono diventare, con assoluta evidenza, Anita Ekberg e Federico F'ellini? Ci interessa davvero mostrare se e come e quanto intimamente l'attrice e il regista si sono conosciuti fuori dal set della Dolce Vita (I960)? Oltre alla presenza di Rota, il musicista prediletto da Fellini, quali motivi poetici autorizzano l'allusione? La musica è un gioco di citazioni, senza un attimo di tregua, dall'aria buffa rossiniana al jazz, dalla caricatura del canto tenorile al boogie-woogie. Ma in tanto riflettersi di stili e mode, si finisce per perdere il bandolo: il vero Rota dove si nasconde? Frenesia in partitura, brulichio ritmico e invenzioni nella scrittura del libretto. Quaranta minuti di divertimento assicurato, grazie anche all'omogeneità della compagnia, con Nicola Ulivieri e Paolo Pellegrini protagonisti. Molti applausi per tutti. Sandro Cappelletto Piera Degli Esposti: una doppia regia tra provocazione e divertimento per il Teatro Lirico Sperimentale

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