Gli incantesimi del potere di Filippo Ceccarelli

Gli incantesimi delpotere IL PALAZZO Gli incantesimi delpotere sì, certo, gli appalti, i miliardi, i faccendieri, le intercettazioni e le massonerie, ma non sarà anche un po' di jella? Un po', mica tutta, comunque quel tanto che basta ad alimentare il sospetto di un qualche incantesimo nero, di un influsso malefico sui manager delle Ferrovie. E sì: Ligato fucilato in pigiama sotto casa, Schimberni cacciato via in malo modo, e ora Necci. Che infatti se ne voleva andare, sembra. Ma non ha fatto a tempo. E adesso, onestamente: con quale stato d'animo il prossimo disgraziato potrà sedersi su quella poltrona? Come non pensare (anche) a un irresistibile sortilegio per cui chi tocca i binari finisce male? Quesito strambo. E tuttavia, proprio nel momento in cui evapora nella razionalità, è come se si lasciasse dietro una coda di ansia inspiegabile, un'ombra di cupa, enigmatica ripetizione. Perché così, in fondo, nascono le leggende infauste del potere. E questa del «malocchio» sulle Ffss rischia di diventarlo, aggiungendosi ad altre latenti dicerie iettatone. La Montedison, per esempio, che dalla «fuga» di Eugenio Cefis in Canada alla revolverata sulla tempia di Gardini, non è che nel tempo abbia goduto una grande fortuna. Oppure - o almeno prima che l'ammiraglio Martini se la cavasse - la direzione del Controspionaggio militare. I cui capi, fin lì rispettatissimi generali, finivano sistematicamente sotto inchiesta, e alcuni anche agli arresti, concludendo mestamente la loro carriera nei gruppi parlamentari del msi. Analoga scalogna, d'altra parte, prezioso gioiellino tragicomico della Prima Repubblica, toccò in sorte ai leader del psdi, da Tanassi in poi inevitabilmente abbattuti a mezzo scandali, fino all'estinzione del partito. E dire che Romita, poi Longo, Nicolazzi e tutti gli altri, del tutto consapevoli di tale saga del malaugurio, e perciò comprensibilmente preoccupati, tentarono di contraI starla con discreti, ma vani I esorcismi tipo giri di scriva- nia, cambio di stanze, di sedi, eccetera. Ci si può credere, o non credere, va da sé. Di sicuro Andreotti, che pure è una bella figura di scettico, ha accennato a una «maledizione» che dai tempi di Pio IX, il Papa cacciato dai bersaglieri piemontesi, graverebbe addirittura sul Quirinale ai danni di re sabaudi e presidenti democristiani. E in effetti, tra assassini, referendum, infarti, picconate... Insomma, pur con tutta la possibile incredulità, o i dovuti scongiuri, come talvolta il potere si giova della fortuna, capita anche che la vita pubblica sia accompagnata da un corrispondente e adeguatissimo carico di malasorte. Quando, dove e in che modo esattamente quest'ultima si manifesti, è difficile, anzi è impossibile dire. Però di fronte al misterioso destino dei fratelli Bisaglia, ad esempio, o alla scia di sangue che il cosiddetto «memoriale Moro» si trascina appresso da quasi vent'anni, ecco, si ha di nuovo l'impressione di un qualcosa di inesplicabile, e per questo ancora più assoluto e definitivo. 0 almeno: lo si crede di afferrare per risonanze, coincidenze, ritmi, analogie. Un po' come per l'oscura malia intercettatoria del bar Tombini. Perciò, alla rinfusa: i guai del pds che capitano a giugno; l'agendina della Camera che non reca mai il governo in carica (ma quello che intanto è caduto). E ancora: chi va alla City perde le elezioni; chi parla di lira pesante sta per perdere il governo. Fino alla new entry delle «superstizioni» di Palazzo: chi vuole sistemare le Ferrovie sono le ferrovie che lo sistemano per le feste Filippo Ceccarelli 7/il

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