Kohl q Boris «Giu' le mani da Lebel» di A. Z.
Kohl q Boris Kohl q Boris «Giù le mani da Lebed» MOSCA. In pubblico, davanti alle telecamere, si baciano, si abbracciano e si chiamano per nome: «amico Helmut», «amico Boris». Ma in privato il cancelliere tedesco rimprovera il presidente russo con parole dure, senza eufemismi diplomatici, quasi fosse uno scolaretto. Tema dell'ultima predica: giù le mani dal generale Lebed. Secondo la «Komsomolskaja Pravda» (che, come al solito, fa riferimento a una fonte «degna della più alta fiducia»), più di un terzo dei colloqui tra Eltsin e Kohl il 7 novembre scorso aveva per argomento appunto il nuovo astro della politica russa. E nel difenderlo l'amico Helmut non ha esitato a ferire i sentimenti di Eltsin: «Il generale Lebed è assai popolare in Occidente e nuovi attacchi contro di lui possono danneggiare il suo prestigio», avrebbe detto all'amico Boris, «perché noi riteniamo che lei deve la sua vittoria elettorale soprattutto a lui». Helmut Kohl ha poi chiesto senza mezzi termini di bloccare la campagna che accusa Lebed di tradimento per aver firmato la pace con i guerriglieri ceceni. Secondo il cancelliere tedesco, nei «cinici intrighi» contro il carismatico generale il Cremlino si sta pericolosamente avvicinando ai naziona!-comunisti e questo lo preoccupa. Ma, a sentire la «Komsomolskaja Pravda», l'ammiratore più acceso di Lebed abita a Bonn e condivide quasi tutte le speranze (e le illusioni) che i russi ripongono nel nuovo uomo forte di Mosca. Secondo Kohl, il generale è in grado di fermare il degrado dell'ex Armata Rossa che con le sue testate nucleari incustodite terrorizza l'Europa. Per quanto riguarda la Cecenia, Kohl è esplicito: «Non siamo sicuri che l'aiuto occidentale non venga usato per finanziare la guerra». Significa che l'Occidente ha abbandonato zar Boris per puntare sul suo più probabile erede? Forse, ma la ragione potrebbe essere più semplice e Kohl, sempre più criticato in patria per il sostegno di Eltsin, la spiega: «Non possiamo governare democraticamente senza tener conto dell'opinione pubblica». Una lezione che l'«amico Boris» non ha ancora imparato, [a. z.]
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