Il pool di Milano cerca la talpa

Riunione dopo le intercettazioni che documentano soffiate su Squillante Riunione dopo le intercettazioni che documentano soffiate su Squillante Il pool di Milano cerca la talpa Borrelli: «Indagini interne? Vedremo» MILANO. «Assolutamente no, mai avuto sospetti». Davanti alla porta del suo ufficio al quarto piano, il procuratore capo Francesco Saverio Borrelli gira e rigira tra le mani il giornale. Che pubblica le ultimissime intercettazioni da La Spezia. Che rivela che il pool era sotto controllo durante le indagini su Renato Squillante e gli altri giudici romani. «Mai avuto sospetti», ripete Borrelli. E non vorrebbe aggiungere altro. «Preferirei non parlare, questa settimana sono intervenuto troppe volte, un giorno alla tv il giorno dopo sui quotidiani», cerca di difendersi il procuratore capo. Ma la notizia è ghiotta, decisamente preoccupante per i magistrati milanesi che in 5 anni di Mani pulite hanno avuto a che fare quotidianamente con spioni e controllori, con servizi segreti e fonti coperte chiamate in codice Achille, riservatissime ma dalle orecchie ritte. Si è parlato anche di questo nella riunione - dalle 11 e 15 alle 12 e 35 - del pool al gran completo nell'ufficio di Borrelli? Nessuno conferma. Non dice niente Piercamillo Davigo, il primo a vedere i giornalisti fuori dalla porta. Tace, Ilda Boccassini. Si allontana, Francesco Greco. E allora la parola torna a Borrelli. Che spiega: «La nostra era una indagine segretissima, ri- servatissima, ma la sicurezza che non trapeli nulla non c'è al 100% nemmeno nelle centrali atomiche». Curioso paragone, se non fosse che questa storia, unita agli ultimi terremoti di La Spezia, ha nuovamente portato la temperatura a livelli di guardia. «Certo che il primo a parlare di Squillante in un'intercettazione è un avvocato romano, forse le soffiate vengono da lì. Bisognerebbe chiedersi perché a Roma non è successo niente... Ma forse la risposta l'abbiamo già data con le nostre indagini», ragiona a voce alta un magistrato del pool. Ma gli interrogativi riman¬ gono. Chi ha informato l'avvocato Petrelli di Roma? Chi è il misterioso colonnello che avvisa regolarmente Francesco «Chicchi» Pacini Battaglia? Domande senza risposta, per ora. «Noi comunque non sapevamo niente. Quindi non abbiamo aperto ancora nessuna indagine interna, vedremo in futuro...», fa sapere Borrelli. Intanto lunedì prossimo due magistrati del pool - con tutta probabilità Gherardo Colombo e Piercamillo Davigo - andranno a La Spezia. Ad acquisire carte e a raccogliere informazioni, forse anche su questa spy story all'ombra di Tangentopoli. Conferma, il procuratore ca- po: «Se e quando i colleghi di La Spezia ci invieranno gli atti, vedremo e decideremo il da farsi». E' un invito, certo. Ma i rapporti tra le due procure sembrano ottimi. «Ci sentiamo telefonicamente da giorni, ma solo dopo la conclusione delle indagini preliminari», spiega Borrelli. L'incrocio tra Milano e La Spezia non finisce però qui. Molti dei protagonisti dell'inchiesta ligure sono stati in passato nel mirino della procura milanese: Francesco Pacini Battaglia, Lorenzo Necci, e ieri i perquisiti Silvano Larini e Antonio Sernia. Commenta, dottor Borrelli? «Non ne so nulla», dice lui - ore 13 - e si vede che quel sorriso nasconde una bugia grande come una casa: «Sono persone note, le conosciamo bene...». Notissime, a dir la verità. Conosciutissime, si sa. Anche se sono in molti quelli che, a questa cricca di imputati eccellentissimi di Mani pulite, stesso giro di tangenti a go-go, danno il nomignolo di «miracolati». Per aver scampato il carcere duro, per aver evitato giorni di duri interrogatori, per essersela cavata alla grande. Inutile su questo chiedere un commento a Borrelli. La porta di legno del suo ufficio si è già chiusa, lui è dentro a colloquio con un altro sostituto che non c'entra niente con Mani pulite e i terremoti degli ultimi anni. Rimane il silenzio degli altri pm di Tangentopoli. Molti lo definiscono imbarazzo, ma forse non è così. Un magistrato del pool nega che La Spezia inizia là dove Milano si ferma. E dice: «Altro che miracolati, guardiamo la cosa sotto la giusta prospettiva. Bisogna tornare a due anni fa: quando Larini ci "diede" Craxi e quando Pacini Battaglia ci fornì una montagna di indicazioni, che ci permise di arrestare interi consigli di amministrazione e di risparmiare 5 anni di rogatorie internazionali». Fabio Poletti Francesco Saverio Borrelli Il pubblico ministero di Mani pulite Gherardo Colombo