Certe notti l'energia di Ligabue di Gabriele Ferraris

Tournée finita Tournée finita Certe notti l'energia di ligabue TORINO. Dai camerini salgono urla di giubilo, i musici della band s'inseguono coperti di schiuma in una sorta di goliardica festa rock. E' l'ultima sera della tournée, e persino il roccioso Ligabue Luciano da Correggio, di anni 36, ha l'occhio in tralice, ha sparato le superstiti energie travolgendo i diecimila del Palastampa in delirio, «e adesso mi sento proprio frullato, devo andare a casa e starmene tranquillo per una ventina di giorni almeno...», sorride con quella faccia da indio. Sembra un guerriero stanco dopo la battaglia. E davvero la sua battaglia l'ha combattuta e vinta: in un'estate affannata, cinquanta frenetici concerti, 400 mila spettatori a gridargli amore e devozione. Una Ligamania che pochi, a dirla in tutta franchezza, avrebbero previsto un anno fa, quando le quotazioni del Lucianone sembravano in declino dopo un album, «Sopravvissuti e sopravviventi», che, per sua stessa ammissione, «è stato cagato pochissimo». E, invece ecco il Liga. risorto e trionfante con «Buon compleanno Elvis», settecentomila copie vendute nell'annus horribilis della discografia italiana; ecco il Liga nuovo «maitre-àpenser» del popolo rockettaro, antagonista credibile del monumento Vasco, perché lui è un Vasco giovane e sanguigno e per niente sballone. E dal palco scaraventa sulla sua gente quintali di energia, e messaggi positivi; si schiera pure, lui «rocker padano», contro il Profeta della Padania, «uno che non si capisce neppure perché abbia chiamato suo figlio Eridanio», mentre dal palazzetto sale il coro «chi non salta un leghista è» e per dovere di cronaca dobbiamo riferire che un buon ottanta per cento dei presenti spicca dei balzi che nemmeno un canguro. Ma l'uomo Ligabue, con idee sue e il coraggio di dirle, non prevarica sul musicista: è la musica, non una comune appartenenza politica, a riunire queste migliaia di ragazzi attorno alla più straordinaria esplosione rock che si sia ascoltata in Italia negli ultimi dieci anni. Lasciate perdere «Vivo morto o X», «Certe notti», «Ballando sul mondo», «A che ora è la fine del mondo» e l'intero canzoniere amatissimo, che il Liga spande a piene mani sulla distesa d'accendini; trascurate, se non vi piace, l'ammiccamento ai «luoghi della memoria» ligabueschi, il «Bar Mario» ricostruito sul palco o il pupazzone di Elvis che troneggia, nume tutelare kitsch, sui suonatori sudati; ciò che colpisce, nello show, è la forza della band. Una guitar band come se n'era persa la memoria, che gioca straziando l'«Inno di Mameli» e ^Internazionale» - dichiarazione di principii e, insieme, citazione hendrixiana - e quindi si scatena per due ore filate di suoni essenziali, potenti, naturali. Qui, alla corte del Re Ligabue, l'elettronica non arriverà mai. C'è posto soltanto per il rock senza inganni. Questo i ragazzi lo capiscono. Questo, forse, è il semplice segreto del successo di Luciano l'Emiliano. Gabriele Ferraris Ligabue Ligabue

Persone citate: Ligabue, Ligabue Luciano, Mameli, Profeta

Luoghi citati: Bar Mario, Correggio, Italia, Torino