Hitler, l'inutile congiura

Perché fallì l'attentato del 20 luglio '44: un saggio di Fest sulle radici della morale prussiana Perché fallì l'attentato del 20 luglio '44: un saggio di Fest sulle radici della morale prussiana Hitler, l'inutile congiura Orgoglio e pregiudizio dei generali w IA resistenza tedesca non ha inciso sulla storia e come evento si colloca - in I I positivo e in negativo - all'interno dell'epoca del Terzo Reich molto di più che fra i momenti che precorrono quella successiva». Questa è la tesi di Joachim Fest in Obiettivo Hitler (che sta per uscire da Garzanti). Più preciso è il titolo originale: Colpo di Stato. La lunga strada verso il 20 luglio. Si tratta infatti dell'analisi del prolungato sforzo degli avversari di Hitler - esponenti della classe dirigente che pure aveva promosso il suo successo - di fermarlo politicamente prima che portasse alla catastrofe finale. Lo strumento doveva essere un «colpo di Stato», nel settembre 1938 come nel luglio 1944. Ma se le motivazioni di quella opposizione e le ragioni stesse del suo fallimento si collocano al di qua delle ragioni della rinascita democratica della Germania, che senso ha farne un simbolo oggi? Attorno a questo interrogativo si muove l'analisi di Fest, suggestiva ma non priva di imbarazzi. Con una scrittura densa ma scorrevole come quella di un romanzo, la vicenda della congiura anti-hitleriana viene descritta in tutti i suoi dettagli e nei suoi molti personaggi. E' la storia della impotenza politica e morale della casta militare tedescoprussiana, ma è anche l'elogio di coloro che si sono sacrificati in nome di virtù che, a pari titolo, potevano dirsi tedesco-prussiane: integrità, imperativo morale, amor di patria. Insomma «l'altra Germania» non era soltanto quella liberale p socialista, era anche quella prussiana. Questa osservazione ci porta a chiederci perché Fest affermi che il 20 luglio sarebbe stato can¬ cellato dalla memoria collettiva tedesca. A prima vista sembra essere il consueto lamento contro l'amnesia storica delle giovani generazioni (o dei tedeschi in generale). Credo invece che il problema sia un altro. Non la dimenticanza, ma la trasfigurazione metapolitica del 20 luglio a pura «rivolta morale» o «atto simbolico» rischia di relegare il mondo etico e politico di questa resistenza lontano da quello odierno. «Il senso del 20 luglio si riduce all'azione in sé: un'azione, dunque, che ebbe in se stessa la propria giustificazione. Neanche l'insuccesso avrebbe intaccato l'idea che era alla base dell'azione, e a volte sembra perfino che i congiurati pensassero il contrario, e cioè che il fallimento avrebbe collocato in una luce ancora più limpida il loro gesto. Fu appunto questo il premio dell'inutilità». Ma se le cose stanno così, diventa comprensibile che il senso del 20 luglio rimanga estraneo alla popolazione (e non solo alla vecchia generazione che ha sempre guardato con sospetto la rivolta dei congiurati). Una resistenza presentata come «azione morale in sé» è esposta ad un processo di rarefazione etica, per così dire, per cui diventa simbolo universale di opposizione alla malvagità politica, senza una più precisa determinazione politica. Diventa difficile farne memoria politicamente motivante. Ed in effetti la Germania si è rimessa faticosamente in movimento, dopo la guerra, sui binari liberali e democratici, anche grazie ad una Costituzione che non ha cercato o preteso continuità con la resistenza anti-nazista. Ma veniamo ad altre questioni importanti. Visto il fallimento del tardivo attentato di Stauffen- berg alla «tana del lupo» del luglio 1944, ci fu mai un momento in cui l'eliminazione politica - se non fisica - di Hitler, era concretamente possibile? Fest sembra dare molta credibilità alla cosiddetta «congiura di settembre» del 1938. Più che la dinamica della congiura e la qualità del coinvolgimento di quasi tutta l'alta generalità, ci interessa qui rilevare le motivazioni di quella opposizione. Nel settembre 1938 Hitler, intuendo che le potenze occidentali non sarebbero entrate in guerra per i Sudeti, era disposto ad invadere la Cecoslovacchia militarmente. I generali invece ritenevano pazzesca e perdente una sfida militare con la Francia e con l'Inghilterra. Ci furono concitati contatti con Londra perché sostenesse un eventuale colpo di Stato contro Hitler. Ma l'offerta dei generali non era in sintonia con la politica di Chamberlain, convinto di «pacificare» con le buone e una volta per sempre Hitler. Da qui nacquero gli accordi di Monaco, che davano praticamente mano libera a Hitler sulla Cecoslovacchia. Monaco fu una mazzata per i congiurati: il dittatore aveva vinto ancora una volta con i suoi giochi politici d'azzardo. I congiurati si dispersero. Di più: quando un anno dopo scoppia la guerra, la Germania ottiene una vittoria incredibile, inattesa, in apparenza definitiva. L'esercito francese, considerato imbattibile, viene liquidato in poche settimane anche grazie ad alcune «interferenze» dello stratega Hitler nei piani militari. I generali sono psicologicamente annichiliti di fronte al dittatore. Soltanto pochi rimangono lucidi e determinati: ritesseranno altri progetti, recuperando nuovi e vecchi adepti a mano a mano che la catastrofe militare apparirà nelle sue immense proporzioni. Finiranno tutti impiccati tra il luglio 1944 e i primi mesi del 1945 Ma che cosa muove l'opposizione anti-hitleriana in condizioni ambientali senza prospettive, data la miscela di consenso disperato e di terrore che lega la popolazione tedesca al regime? Certamente la rivolta morale contro l'illegalità e l'arbitrio diventati sistema, certamente la conoscenza, sia pure frammentaria, dei genocidi in atto, ma anche e soprattutto il desiderio di mantenere l'integrità territoriale e il ruolo di potenza della Germania nell'equilibrio post-bellico. Joachim Fest dedica pagine molto fini all'intreccio di tutti questi motivi e ai pressanti appelli e contatti con Londra da parte della resistenza tedesca, per avere sostegno e approvazione nel caso riuscisse ad eliminare il dittatore. Ma anche questa volta da Londra non arriva nessun sostegno: la Germania deve essere eliminata una volta per tutte come potenza continentale e il suo cuore politico, la Prussia, dev'essere cancellato persino dal vocabolario. Così sarà. Nel conto rientra anche l'abbandono a se stessa della resistenza anti-hitleriana. Qui sta il paradosso del 20 luglio: nel fallimento di ieri e nella memoria di oggi. Il libro di Fest lo riproduce egregiamente. Gian Enrico Rusconi La storia dell'impotenza politica e morale della casta militare Schiacciata dal dittatore e dimenticata dalla Germania di oggi iura f* nerali ra una volta suoi giochi po d'azzardo. I urati si diero. più: quando nno dopo scopla guerra, la mania ottiene vittoria incrediinattesa, in apnza definitiva. rcito francese, derato imbatti viene liquidato oche settimane e grazie ad alcu «interferenze» stratega Hitler piani militari. I rali sono psicoamente annichii fronte al ditta Soltanto pochi ngono lucidi e rminati: ritesseo altri progetti, perando nuovi e hi adepti a mano a mahe la catastrofe militare rirà nelle sue immense orzioni. Finiranno tutti ccati tra il luglio 1944 e i i mesi del 1945 nocpranerruonelchimni ativitattresistegriusre. LongnominpotcuoserbolriensterialugnelFes Qui accanto il dittatore tedesco visto da Levine; sopra, Joachim Fest, autore del saggio «Obiettivo Hitler» pubblicato da Garzanti