« Talpa» in procura per Pacini Battaglia di Giovanni Bianconi

« Il faccendiere riceveva notizie riservate dal Palazzo di Giustizia quasi in tempo reale « Talpa» in procura per Pacini Battaglia Al telefono: «Il mio colonnello mi guarda da vicino» ROMA. Sapevano tutto, o quasi. Dell'inchiesta di Mani Pulite sulla magistratura romana, dei racconti della «supertestimone» Stefania Ariosto, delle indagini su Giancarlo Rossi, il finanziere legato a Cesare Previti. Seguivano passo passo le indagini di Ilda Boccassini, e organizzavano le contromosse. Il «sodalizio criminoso» guidato - secondo i giudici di La Spezia - da Francesco Pacini Battaglia e Emo Danesi, aveva «talpe» e referenti negli uffici giudiziari da cui riceveva notizie riservate quasi in tempo reale. Così avvenne, ad esempio, dopo la scoperta della microspia al bar Tombini di Roma: un incidente che mette in agitazione Squillante e gli altri magistrati coinvolti; un po' meno Pacini Battaglia che, nel chiuso del suo ufficio, prima si fa una sua idea, poi riceve informazioni più precise, e alla fine tra le conclusioni. Come un vero «padrino». Quella «cimice» salta fuori la mattina del 21 gennaio scorso. Lo stesso giorno, a pranzo, Emo Danesi vede il giudice Orazio Savia che gli riferisce l'episodio, e l'indomani ne parla con Pacini Battaglia. Nei giorni successivi II finanziere scherza sull'episodio, sostenendo che Squillante s'è organizzato tutto da solo, ma il 2 febbraio, al telefono, l'avvocato Marcello Petrelli l'avverte: «Non è così». Pacini Battaglia: «No... sono sicuro che non se l'è fatto da solo... ma tanto...». Petrelli: «Sai com'è targata questa automobile?». P.B.: «Sì, BS (cioè Brescia, ndr)». P.: «No, MI (Milano, ndr). P.B.: «... allora non ci capisco più nulla». P,: «E poi se ne sta occupando un tuo caro amico». Insomma, mentre tutti, dentro e fuori il palazzo di giustizia di Roma, si domandano da dove venga quella microspia, Pacini viene a sapere che si tratta di indagini fatte dalla Procura di Milano. Il giorno dopo, l'avvocato Petrelli lo va a trovare in ufficio e glielo spiega ancora più chiaramente. Petrelli: «Comunque è di Milano la cosa...». Pacini Battaglia: «O di Milano o di Brescia». P.: «E' di Milano». P.B.: «Non lo puoi sape con esattezza, perché te lo posson fa rigirare... hai nient'altro da dirmi?». P.: «Tu lo conosci Masone?». P.B.: «Il capo della... della poli¬ zia? (...) No... perché?». P.: «Perché è lui che ha fatto quest'operazione». P.B.: «'un ci credo... una cimice così per me non l'ha messa la pohzia (...)». P. «Mica c'è andato lui... cioè... (...) Ma la cosa era grossa». P.B.: «Ma grossa perché... ma me lo spiegate perché era grossa... mi vuoi spiega?...». L'avvocato insiste, lui per «Masone» intende «la polizia», e racconta che se c'era la cimice al bar vuol dire che i protagonisti erano spiati da tempo: Pacini ascolta e conclude: «Se questa cosa qui... faceva perché il pool Mani Pulite voleva fa guerra a Paolo Berlusconi, seguimi bene, è un discorso fine a se stesso... ed io nella mia mentalità lo capisco molto bene no? ... perché sono a guerra aperta... Se questa cimice voleva vede Squillante, questo discorso di Paolo Berlusconi non c'entra più un cazzo... guardiamo di capissi bene (...) io dell'amico... sono molti più amici di voi... se non era... per muovere Masone bisognava non fosse un problema di Paolo Berlusconi di quest'altri... dev'esse un problema di procure fra Borrelli e Coirò... allora...». Ma Petrelli taglia corto: «Insomma, che è Masone noi lo sappiamo per certo». Un mese dopo il ritrovamento del bar, quando sui giornali non si parla quasi più della microspia, e diciotto giorni prima degli arresti che fecero esplodere il «caso Squillante», Pacini Battaglia racconta a Rocco Trane: «... 416 bis (il reato di associazione mafiosa, ndr) ... per mettere le intercettazioni... perché c'è stato riciclaggio eccetera... la moglie di Dotti (Stefania Ariosto, ndr) interrogatori di sette ore... tre ore... tre ore... in cui ha detto... Dotti... e Squillante è stato seguito pure a Lugano (cosa effettivamente avvenuta in gennaio, ndr)... ». Il finanziere ipotizza ancora che l'inchiesta milanese possa riguardare «la vecchia storia di Bisignani... dell'Eni...», poi dice «sembra che questa pratica l'abbia presa in mano la... Boccassini», e Rocco Trane commenta: «Allora io mi caco sotto in questo...». Pacini continua, prevedendo qualche fastidio anche per sé, convinto che il pool di Milano non si sia dimenticato di lui: «Coso... dice, se me mi dice che c'è Previti... e Dotti, che hanno interrogato la moglie di Dotti, e questo lo puoi dire che l'ha preso già... perché l'hanno seguito proprio... la Boccassini di Milano lo scoop lo farà... questo aspettano che ti mettono in lista... perché te lo distruggono... se li mettono... ma se... fanno un'azione contro Previti e Dotti, non se lo fanno scappa questo boccone Chicci». Che ci fossero «talpe» negli uffici giudiziari al servizio del finanziere italo-svizzero è confermato da un altro brano di conversazione, del 19 febbraio, tra «Chicci» Pacini e Rocco Trane che chiede: «Senti Chicci... ti ricordi stooo... verbale...». Pacini risponde: «Bianco... non credere che me ne sia scordato... ma il mio colonnello non m'ha dato nulla. E tieni presente che ce n'ho uno che mi guarda da vicino, ma non m'ha dato.... Perché lui per mandarlo deve fotocopiarlo e darcelo...». L'uso da fare di quel verbale, lo chiarisce Trane: «Perché mi potrebbero pure chiama... hai capito! Se lo vedo prima... li anticipo io...». Pacini Battaglia lo rassicura: ((Appena me lo danno, in un'ora te lo do». Giovanni Bianconi A sinistra: Augusta tannini A destra: Renato Squillante Nella foto grande: Ilda Boccassini