«Caso Necci, impurità della vecchia Italia»

«Più trascorre il tempo «Non vedo rischi per la democrazia: né camicie nere né camicie verdi» «Caso Necci, impurità della vecchia Italia» Prodi: ci salveranno l'alternanza e l'Europa IL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO ROMA. «Impurità», dice. «Un residuo dell'Italia che non cambia». Il presidente del Consiglio Romano Prodi se ne sta seduto, alle otto di sera, nel suo studio a Palazzo Chi-. gi. Stanco. Ma anche secco nei giudizi. Lo scandalo Necci, che sta allagando la vita politica italiana, ha un colore ancora più oscuro, visto da qui/-nel cuong del cuora dei Pafarz'zi. «L'Italia che sta emergendo in questa inchiesta non è la nostra Italia. E' un residuo di quella vecchia. Un'impurità». Quelle intercettazioni. Presidente, fanno paura anche per il senso di impunità che sottendono... «Impunità? Grazie a Dio si sbagliavano. C'è l'inchiesta. Ci sono gli arresti. La magistratura, come si vede, funziona anche con questo terribile turbamento». Lei non teme contraccolpi? Non teme che lo sbalordimento della opinione pubblica vada a saldarsi con l'insofferenza del Nord. Che finisca anzi per alimentarla? «No. Questo è un rischio che il Paese non corre. Io sento una grande voglia di cambiare. La gente ha votato l'Ulivo per questo, ha dato forza a un governo che sta avviando il cambiamento». Lei parla di cambiamento, ma tutto sembra una riedizione del vecchio. «Guardi, le rivoluzioni avvengono in due modi: o con il sangue o con il tempo. Per fortuna da noi si è imboccata la seconda via. Tempo: abbiamo bisogno di tempo, ma la strada è stata presa. Il governo è stabile, le trasformazioni ci saranno». Lo dice con preoccupazione. «Lo dico con serietà. All'orizzionte io non vedo rischi per la democrazia, non vedo colonnelli, né camicie nere, né camicie verdi». Qualcuno parla, per il caso Necci, di un vero e proprio sistema parallelo di potere, un potere affaristico che transita insensibile a tutti i cambiamenti politici. «Il problema è che l'Italia è rimasta immobile per quasi 50 anni. Non ha avuto alternanza, era un Paese congelato. La nostra storia assomiglia a quella del Giappone: perciò gli scandali, i continui terremoti, le fibrillazioni del sistema politico. E' tutto inevitabile. Ma è anche vero che più passa il tempo, più emergono gli scandali e il fango, più questo Paese si purifica». Lei dice che è l'alternanza ad avviare... «Assolutamente sì. E le dico di più: l'alternanza e adesso l'Europa. Noi ci salveremo rimettendo in moto la democrazia vera, quella parlamen¬ tare, quella della maggioranza e dell'opposizione che si confrontano e si scontrano... Ma anche entrando in Europa». Quello sarà il confine? «Se l'Italia rimanesse esclusa dall'Europa, allora sì, ci ritroveremmo cittadini di un Paese isolato. Ci sarebbe un tracollo dell'economia, ma soprattutto si interromperebbe il circolo virtuoso della mobilità: alternanza politica, mobilità della classe dirigente. Diventeremmo uno stagno». Il governo è stato sfiorato dall'inchiesta, si è fatto anche il suo nome... «Ho letto il titolo del Giornale di Feltri...». Il coinvolgimento riguarderebbe Nomisma, la società di ricerche che lei ha fondato 15 anni fa... «E' assolutamente pazzesco. Ho smentito io e soprattutto la persona a cui è stato attribuito il riferimento a Nomisma. Non ho una sola azione di Nomisma o il minimo interesse personale in quella società. L'ho fondata, sono stato il presidente del comitato scientifico, non ho mai contribuito a affari o a cose del genere. E' una società competitiva con le migliori società di ricerca estere. E Hd'Iàvorato anche per le Ferrovie dello Stato, come per altre decine e decine di aziende in modo assolutamente trasparente...». Ma i magistrati indagheranno? «Lo spero, e poi vadano a guardare i bilanci. Lo faccia anche Feltri, vada a scavare e si accorgerà dell'assoluta trasparenza di Nomisma. Lui cerca il fango ma non lo troverà, il suo giornale cerca sempre il fango... Si accomodino». E' molto duro... «Guardi, io gli attacchi me li aspettavo, me li aspettavo dal giorno in cui ho deciso di scendere in politica. Ma c'è un limite. Vengo attaccato da un giornale il cui editore è il capo dell'opposizione. Non credo che in una democrazia compiuta avverrebbe mai una cosa del genere. E comunque... Comunque? «Sono orgoglioso di avere fondato Nomisma». Lei diceva: non possiamo rimanere fuori dall'Europa. La chiave è la Finanziaria... «La Finanziaria che verrà varata nei tempi stabiliti. Oggi girava la notizia di miei dissapori con il ministro Ciampi: tutto inventato. Siamo e continuiamo a essere in perfetto accordo». Non ci saranno manovre aggiuntive? «Quella che conta è la manovra da fare oggi, le altre sarebbero tardive. La manovra si fa tutta e subito». Il presidente degli industriali Giorgio Fossa chiede che sia dura e ri¬ gorosa. «Lo sarà». Che dovrà piacere a Wall Street e non a Bertinotti. «Dovrà piacere a tutti e due. Con Bertinotti c'è un confronto costante. Ci sono divergenze e quelle sono rimaste. Ripeto: non abbiamo una seconda opportunità». Cioè o si entra nella moneta unica a data stabilita oppure niente? «Fino a qualche tempo fa pensavo che ci sarebbe stato un secondo gruppo di Paesi che poteva entrare in tempi successivi, oggi non lo penso più». E' il viaggio in Spagna che l'ha convinta? «Molto prima. Mi ha convinto come si è mossa la Germania, la Francia, come si è mossa diciamo tutta l'Europa non solidale. I Paesi che resteran¬ no indietro saranno sempre più distanziati». Ma alla fine chi entrerà? «La Germania, la Francia, l'Olanda, il Belgio, la Svezia, l'Austria, il Portogallo, la Spagna...» E noi? «Noi anche. E certamente». Padania o non Padania? «La Padania è un'invenzione». Un'invenzione che sta prendendo piede. «Ma niente affatto. La gente sul Po non c'è andata». A proposito, la sinistra non si è mobilitata, quel giorno. «Non è del tutto esatto, ma in ogni caso sono d'accordo con D'Alema: che senso aveva aggiungere un corteo a un altro corteo?». Fini e alleanza nazionale lo hannno fatto. «Che facciano. I cambiamenti di questo Paese passano attraverso il Parlamento, non la piazza». Senta, il suo giudizio sull'irruzione della Digos in via Bellerio, sede della Lega? «Il ministro dell'Interno Napolitano ha risposto in modo ineccepibile. C'era un mandato del magistrato e la polizia ha agito». Sì, ma le chiedevo un giudizio politico sull'opportunità di quella perquisizione. «Be', se non ci fosso stata sarebbe stato meglio. Voglio di- re in quel modo. Però credo che il clamore fosse anche un po' cercato dai leghisti». Il suo rapporto oggi con Bossi? «Nessun rapporto. Dal giorno in cui ha pronunciato la parola Secessione, i miei rapporti si sono conclusi». Non teme... «La Lega si è messa, da sola, in una via senza uscita. E' isolata a sinistra, al centro e a destra. Non capisco neanche perché Bossi abbia l'atto quella scelta. Ma vedo che dopo il messaggio del presidente Scalfaro, ha attenuato i toni». Quindi potrebbe riprendere un dialogo? «Dovrebbero cambiare i contenuti e i programmi. Al momento lo escludo». Ce l'ha anche lei con i giornali? «Non ce l'ho affatto. Mi sorprende che l'informazione venga quotidianamente drogata. Ormai fate titoli a nove colonne su qualunque indiscrezione. Come faceva "Lotta Coninua" tanti anni fa, o come fanno i giornali sportivi. Mi piacerebbero di più giornali che spieghino anziché gridare». I politici sembrano assai allarmati dal potere della magistratura. Lei? «Penso che qualche fondamento ci sia, quando si dice che che c'è un disequilibrio nei poteri. Però no, non sono allarmato». Cossiga dice che non siamo più uno Stato di diritto. «Non ho letto la dichiarazione di Cossiga, ma mi sembra una voluta forzatura per significare il disagio di fronte alle situazioni in cui ci troviamo». Si fida dei suoi alleati? «Assolutamente sì. Siamo forti fino a che è forte la coalizione. Non ci sono alternative. Ma scusi, si ricorda della campagna elettorale, ogni giorno scrivevate dei cespugli, delle congiure, dei rivolgimenti di fronte delle nuove alleanze...». E' tutto finito? «Finito. Stiamo governando. Oggi sono quattro mesi. E le cose si stanno facendo. Stiamo avviando la riforma dello Stato in senso federale... Il progetto del ministro Bassanini, a Costituzione invariata, è già il massimo possibile. Poi si avvieranno i lavori del Parlamento...». Scalfaro, nel messaggio ha detto: «Il Parlamento produce più opinioni che fatti». «La scommessa è questa. Guardi, io l'ho sempre ripetuto: non voglio governare con i decreti legge... E' il Parlamento che deve fare la sua parte, la democrazia sta lì dentro». Pino Corrias «Più trascorre il tempo più emergono scandali e fango e più il Paese si purifica» «I magistrati? Sì, tra poteri c'è qualche disequilibrio» «Fini a Milano? E' attraverso il Parlamento, non la piazza che passano i cambiamenti» «Una Finanziaria rigorosa nessun contrasto con Ciampi» «La Padania? Un'invenzione. Prova ne sia che la gente sul Po non c'è andata» «Non vedo L PRESIDENTE EL CONSIGLIO Il presidente del Consiglio Romano Prodi rischi per la democrazia: né c«I magc'è qu«Fini ail Parlache pa Qui accanto: - il presidente di Confindustria Giorgio Fossa A destra: il ministro Franco Bassanini Il presidente del Consiglio Romano Prodi «Nomisma, la società che ho fondato, è pulita Feltri vada a guardare i bilanci prima di accusare» Qui accanto: il leader di Rifondazione comunista Fausto Bertinotti In alto: il presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro