E dopo l'ultima stella, il freddo di Piero Bianucci

E dopo l'ultima stella, il freddo I grandi telescopi americani rivelano l'infinita agonia dell'universo E dopo l'ultima stella, il freddo L, UNIVERSO morirà di morte lenta, anzi entrerà in una agonia che non avrà mai fine. La curvatura dello spazio scoperta da Einstein non basta a chiudere il cosmo: non c'è abbastanza materia per invertire il moto di allontanamento delle galassie e farle precipitare in un Big Crunch, in quel Grande Collasso, che gli astrofisici - gente allegra - chiamano «morte calda». A questa conclusione arriva un articolo su «Nature» firmato da Tom Shanks e da quattro suoi colleghi. Secondo le loro osservazioni, fatte con il telescopio spaziale «Hubble», con un grande telescopio in funzione a La Palma nelle isole Canarie e con un tele- scopio per raggi infrarossi sistemato alle Hawaii, nel nostro lontano futuro c'è soltanto un gran buio: le galassie si disperderanno a distanze immense, in un viaggio senza traguardo, finché tutte le stelle si spegneranno. Il cosmo, insomma, finirà in modo tutt'altro che spettacolare, senza bagliori e senza grida. Neppure un gemito. Shanks ha studiato le galassie più lontane che mai l'uomo sia riuscito a scorgere. Si trovano a 10 miliardi di anni luce, e quindi le vediamo come erano 10 miliardi di anni fa, quando erano molto giovani. Cioè ricche di stelle blu. La loro velocità di allontanamento risulta altissima, vicina a quella della luce. Se fossero emerse da una grande quantità di materia oscura - ragiona Shanks - non apparirebbero così veloci. Quella materia, con la sua presenza, le frenerebbe. Ma se la materia oscura non è così abbondante come finora si sospettava, nulla potrà arrestare la fuga delle galassie. Dunque, «morte fredda». In cosmologia, grazie ai dati che i nuovi formidabili strumenti astronomici raccolgono, le cose cambiano ogni sei mesi. Vedremo se 1'«universo aperto» resterà tale o se dovremo convertirci a un «universo chiuso», predestinato a un abbagliante crollo su se stesso. Certo le due prospettive fanno vibrare corde diverse. Chi preferisce l'universo aperto mostra una sorta di cosmica claustrofobia e trova più accettabile un futuro illimitato, e pazienza se sarà freddo e buio, con buchi neri che evaporano in neutrini. Chi invece preferisce un universo chiuso, accetta l'azzeramento totale del Big Crunch ma in fondo sogna anche una rinascita cosmica in un nuovo Big Bang. Dilemma tutto filosofico: perché stiamo parlando di eventi che avverranno in tempi migliaia di volte più lunghi di quanto rimane da campare al Sole, e quindi alla Terra. Figuriamoci all'umanità. Piero Bianucci

Persone citate: Einstein, Hubble, Shanks, Tom Shanks

Luoghi citati: Hawaii