Il cardinale e l'assassino, dialogo tra condannati
Il cardinale e l'assassino, dialogo tra condannati Il presule: «Siamo sulla stessa barca: lui sa che morirà stanotte, io so che morirò molto presto» Il cardinale e l'assassino, dialogo tra condannati Mons. Bernardin (malato di cancro) da un killer prima dell'esecuzione WASHINGTON DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Aveva detto che avrebbe accettato l'ultimo conforto soltanto da uno come lui, un moribondo. E così il cardinale di Chicago Joseph Bernardin, cui i medici hanno concesso meno di un anno di vita per un cancro inoperabile al pancreas, ha accettato di visitare in cella Raymond Lee Stewart poco prima che questi venisse condotto a morte. E' successo martedì sera allo Stateville Correction Center di Joliet, Illinois, dove pochi minuti dopo la mezzanotte a Stewart è stata praticata l'iniezione letale per sei omicidi commessi 15 anni fa. Stewart, un tiomo che aveva ammesso di aver ucciso per odio e che aveva continuato a odiare anche in carcere, se ne è andato in pace. «In un certo senso, lui e io siamo sulla stessa barca - ha spiegato il cardinale entrando nel carcere -. Lui sa che morirà stanotte e io so che morirò molto presto». Era stato proprio Stewart a invitare il prelato, dopo aver confidato al suo avvocato, Joshua Sachs, che desiderava pregare «con un uomo che vede la vita dalla sua estremità finale». Bernardin ha accettato subito, anche se era preoccupato da un aspetto della visita: non voleva in alcun modo che i famigliari delle vittime di Stewart pensassero che con il suo gesto intendesse assolverne i crimini. Così il cardinale ha scritto una lettera a tutti i famigliari delle vittime, spiegando che lo scopo della sua visita era stato solo quello di «preparare spiritualmente il condannato alla morte». La settimana di sangue di Stewart scattò nel gennaio dell'81, con l'anno nuovo. Stewart, che allora aveva 29 anni, era da tempo una conoscenza della polizia e delle autorità carcerarie dell'lUinois, avendo alle spalle una lunga serie di rapine. Per una di queste era stato condannato grazie alla testimonianza di un salumiere di Rockford, William Fredd, e Stewart aveva da tempo deciso di vendicarsi. Fredd fu la sua prima vittima, subito seguito da un ragazzo di bottega, suo nipote Albert Pearson. Trasformatosi in una scheggia impazzita, Stewart iniziò una corsa automobilistica verso il Michigan, nel corso della quale uccise due benzinai e, infine, due operai di una fabbrica elettronica. Durante il processo Stewart cercò di scappare. Ripreso, gridò per tutto il dibattimento parolacce ai parenti delle sue vittime dal banco degli imputati. Ancora pochi giorni fa, con la data dell'esecuzione fissata, Stewart, che è nero, ha sostenuto di aver ucciso per odio razziale, per colpire i bianchi che avevano assassinato i suoi due idoli: Martin Luther King e John Kennedy. Ma due delle sue sei vittime, le ultime due, furono due uomini di colore. Bernardin ha sempre appartenuto all'ala più illuminata della Chiesa cattolica americana. Tre anni fa si abbatté su di lui un ciclone, quando un giovane omosessuale sostenne di essere stato da lui abusato da ragazzino. Bernardin negò risolutamente, e infatti il giovane poi confessò di essersi inventato tutto. Il cardinale ovviamente perdonò. Pochi mesi dopo i medici gli dissero che aveva un cancro incurabile e allo stadio finale. E' andato da Stewart sapendo di non potergli impartire l'estrema unzione, perché l'uomo non era cattolico. Ma, uscendo dal carcere, il cardinale ha avuto la soddisfazione di poter dichiarare: «Stewart ha espresso pentimento per i crimini che ha commesso». Infatti il condannato ha salutato il mondo con queste parole: «Ciao a tutti. Spero che la mia morte vi dia pace e dia pace alle famiglie delle mie vittime». Paolo Passarmi
Persone citate: Albert Pearson, John Kennedy, Joseph Bernardin, Joshua Sachs, Martin Luther King, Raymond Lee Stewart, William Fredd
Luoghi citati: Chicago, Illinois, Michigan, Washington
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