La rivincita della Bosnia musulmana

Il suo rivale serbo sconfìtto dall'opposizione interna, che gli ha «rubato» 300 mila voti Il suo rivale serbo sconfìtto dall'opposizione interna, che gli ha «rubato» 300 mila voti la rivincita della Bosnia musulmana Izetbegovic è presidente SARAJEVO DAL NOSTRO INVIATO Un presidenti! dei serbi costretto a scendere a Sarajevo. Il nuovo leader degli aggressori, degli assediatiti che tra pochi giorni dovrà piegarsi ad incontrare i rivali sotto il segno musulmano. Quella bandiera azzurra decorata di gigli che appena un anno fa campeggiava sulle pendici del monte Igman in segno di sfida. Il primo e più delicato effetto dell'elezione per la «presidenza collegiale» di Bosnia è questo. Finalmente i risultati sono definitivi, esprimono alcune conferme ma anche qualche grossa sorpresa. Altre arriveranno dalle elezioni del Parlamento comune, ma se ne potrà parlare solo tra qualche giorno. Alia Izetbegovic è dunque l'uomo più volalo dal Paese e fino alle prossime elezioni, per due anni, sarà lui a guidare quel terzetto che bene o male adesso e costretto a riunirei. Si annuncia un grande giorno: toccherà a Momcilo Krajsnik, secondo per pochi voti, di scardinare gli archetipi della gente serba, se ne sarà capace. Il terzo in graduatoria, com'era ovvio è Kresimir Zubak, il croato, che però all'interno della minoranza risulta fortissimo. Tutto come previsto, allora, tranne che nelle proporzioni. A chi vorrà analizzarne i numeri, la Bosnia-Erzegovina e la «Srpska Republika» da oggi potrebbero offrire spunti di grande interesse, e per molti buoni motivi. Il primo: Izetbegovic e Krajsnik, simboli contrapposti, bosniaco e serbo, musulmano e ortodosso, hanno raccolto un numero di voti molto simile. Settecentoventinovemila il primo, 690 mila l'altro. Meno di 41) mila schede di differenza, che in uno scontro fra etnie rappresentano nulla. Se all'interno del voto musulmano Alia non è slato disturbalo più di tanto dall'opposizione di Haris Silajdzic (poco più di 133 mila voti al rivale), per il serbo di Pale decisiva è stata invece l'opposizione del serbo di Banja Luka. Mladen Ivanic, rappresentante dell'altra anima ortodossa (quella meno rurale, meno bellicista, più aperta alla trattativa, più sensibile agli «input» di Belgrado) ha messo assieme 280 mila voti. Uniti, i serbi avrebbero conquistato la presidenza collegiale senza problemi: a Pale c'è già chi grida al tradimento. Zubak, fra i croati, ha raccolto 342 mila voti, un plebiscito. L'aspetto più strano dell'intera elezione però è un altro: nel complesso i musulmani hanno votato quasi nella stessa misura dei serbi, un milione e 295 mila contro un milione e 23 mila. Forse mai una consultazione elettorale si era tramutata in prova cosi evidente di un genocidioFino alla guerra la prima etnia rappresentava il 41 per cento dei bosniaci, l'altra il 31, e questo può significare solo due cose. O i musulmani, già decimati dalla guerra ed emigrati in massa, hanno disertato queste elezioni (cosa in parte vera), o la distribuzione etnica di questo Paese è stata mutala a colpi di cannone. Constatazione feroce, ma pur sempre una constatazione. Le organizzazioni internazionali si aspettavano che a votare sareb- bero state dai due milioni e mezzo ai due milioni e 900 mila persone. Siamo poco al di sopra del milione e 150 mila: che fine hanno fatto tutti gli altri? Tra due anni, se davvero in Bosnia si voterà ancora, alle organizzazioni intemazionali toccherà prima di tutto l'obbligo di un nuovo censimento. E se si legge in questa chiave, la dichiarazione resa ieri dal vincitore acquista un significato più comprensibile. Appare a fine mattinata sul portone della presidenza, Alia Izetbegovic. E' vestito di grigio, tonificato dalla vittoria, si porta una mano al petto e saluta la folla che lo applau de, mentre attraverso la città la gioia esplode. Cortei di auto con la bandiera bianco-verde dell'«Sda» spiegano i clacson, accanto a vetture che innalzano semplicemente il vessillo musulmano, stella e mezzaluna. Più tardi in una conferenza stampa il nuovo presidente dei presidenti prometterà: «Mi batterò per un Paese senza divisioni etniche ma continuerò a perseguire la giustizia». Questo strano, impalpabile concetto (l'idea di giustizia, appunto) nel futuro della Bosnia assume la consistenza di un macigno. Solo l'evanescente Cari Bildt, alto rappresentante della comunità internazionale, oggi riesce a dirsi pienamente soddisfatto. «Ho appena incontrato i tre presidenti eletti - dice nel pomeriggio - e loro si vedranno presto, poiché l'essenza della democrazia, la differenza fra pace e guerra è proprio questa». Quando però gli chiedono se davvero pensa che la presidenza a tre possa funzionare, lui risponde: «I tre candidati devono lavorare assieme, sono stati eletti per questo, questo era il mandato dei rispettivi popoli...». A nome del suo popolo, il vicepresidente serbo già fa sapere di ritenere non valide le elezioni. Forse la migliore smtesi di questa giornata proviene da Elizabeth Rehn, la signora che pei- conto dell'Onu continua a portare alla luce le fosse comuni. Il passaggio da una guerra estenuante ad una estenuante pace per lei è chiaro: «Dobbiamo accettare queste elezioni nonostante la loro inadeguatezza». Giuseppe Zaccaria Per due anni sarà lui il «primus inter pares» dei tre leader eletti Sarajevo esulta dopo l'annuncio della vlttoi la dì Izetbegovic Sarà il leader musulmano a guidare per due anni la Bosnia come primo dei presidenti eletti dalle tre etnie Alia Izetbegovic saluta la gente di Sarajevo che festeggia la sua vittoria Ha subito detto che perseguirà la «giustizia»

Luoghi citati: Belgrado, Bosnia, Bosnia-erzegovina, Sarajevo