Tomba, costa una condanna la lezione al «paparazzo»
Patteggia la pena, ma accusa: «Difendo la privacy, mi scambiano per un delinquente» Patteggia la pena, ma accusa: «Difendo la privacy, mi scambiano per un delinquente» Tomba, costa una condanna la lezione al «paparazzo» ANCONA. La lite con un fotografo è costata cara ad Alberto Tomba che è stato costretto a patteggiare una pena di 20 giorni di reclusione commutati dal giudice in un milione e mozzo di multa. Il campione di sci, accusato di aver aggredito un fotografo professionista all'uscita della discoteca «Mane» di Pedaso, era stato rinviato a giudizio per violenza privata, minacce e danneggiamento in concorso con altri. Il fotografo che ha «vendicato» tutta la categoria dei paparazzi, più volto maltrattata da Tomba, è Guido Picchio, maceratese, che aveva sorpreso lo sciatore in compagnia di un'avvenente ragazza, pr del locale, Manola Capriotti. Era il 26 luglio dello scorso anno, e Tomba aveva da poco concluso la sua storia d'amore con Martina Colombari. Secondo le accuse, Tomba fece aggredire Picchio all'ingresso della discoteca, ordinando di strappargli macchine fotografiche e rullini dopo essersi reso conto di essere stato sorpreso in dolce compagnia. I fatti, secondo la ricostruzione del fotografo evidentemente presa per buona dal giudice, si sono svolti dinanzi a decine di persone. Il campione di sci, che comunque non era presente all'udienza in pretura, avrebbe sbarrato la strada con la propria auto a quella di Picchio che si stava allontanando dalla discoteca, dopo avere immortalato la coppia con una decina di preziosi scatti. Poi gli avrebbe tolto le chiavi dal cruscotto, chiedendo via radio l'intervento di due buttafuori del locale. Questi non si sono fatti pregare, hanno strappato di mano al paparazzo le macchine fotografiche gettandole a terra, tolto il rullino incriminato e danneggiato anche l'auto. C'è di più: Tomba avrebbe esibito un tesse- rino dei carabinieri minacciando Picchio di non farsi più vedere in discoteca «altrimenti non ne sarebbe più uscito». Insomma, una bella lite sulla cui versione dei fatti, però, il campione non ha mai concordato. Lo sciatore ha sempre sostenuto che le cose sono andate diversamente. A suo dire Picchio scattava fotografie dentro la discoteca, e non fuori. In pratica, gli dava la «caccia». Tomba l'avrebbe quindi invitato gentilmente a smettere fino all'intervento, definito dal campione cortese, dei due dipendenti della discoteca. Anche per questo Alberto reagisce avvilito e arrabbiato alla notizia della condanna: «Ho patteggiato solo per chiudere lì tutta la vicenda. Non ho fatto nulla di male e non ho nulla di cui vergognarmi. Adesso ci manca solo che venga presentato come un delinquente... Le cose quel giorno sono andate come ho raccontato ed è triste vedere che la mia parola non viene creduta, non viene presa in considerazione». E' deluso e arrabbiato, il campione. Non ci voleva questa tegola. Proprio ora che tutto filava Uscio: allenamenti intensi - divisi tra palestra, mountain bike e discese sui ghiacciai - e una condizione, dice, «mai stata così brillante». E, adesso, invece, tutto crolla, tanto che arriva a dire, nel momento di massimo sconforto, che non sa se continuerà a gareggiare: «Volevo difendere la mia privacy e vengo scambiato per un delinquente». 0-p.l A destra: il campione olimpionico Alberto Tomba. Sopra: il fotografo Guido Picchio
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