«Non perdiamo le nostre radici»

«Non perdiamo le nostre radici» «Non perdiamo le nostre radici» Il sindaco Valentino Castellani, alla rievocazione dell'assedio del 1706: «Questa città deve la sua fortuna all'immigrazione». Giovanni Bianchi (ppi): «Bossi, soltanto una sceneggiata» TRA POLITICA E STORIA EL giorno della proclamazione della nascita della cosiddetta Padania, la domenica torinese è stata segnata da una serie di interventi alcuni programmati, altri a sorpresa - anti-Carroccio. Comincia, in mattinata, il presidente del ppi, Giovanni Bianchi: «Quella di Bossi è una sceneggiata da sciamano del Monviso sulla quale deve calare presto il sipario». Continua il rettore della Consolata, don Franco Peradotto, con una citazione tratta da San Massimo, il primo vescovo di Torino, e letta davanti al santuario durante un momento della rievocazione storica della liberazione dall'assedio francese del 1706: «E' veramente fratello colui che è germano non tanto nel corpo quanto nella concordia dell'animo; è un fratello, ripeto, colui che condivide con il fratello sentimenti e valori». In serata, conclude Valentino Castellani. E conclude alla grande, con un discorso appassionato davanti a migliaia di persone intervenute in piazza del Municipio per l'ultimo atto del 290° anniversario della morte di Pietro Micca. Il sindaco s'è preparato un discorso di circostanza, ma presto alza lo sguardo verso la folla, e comincia a parlare a braccio. Il generale Guido Amoretti ha appena terminato di raccontare la cronaca di quel lontano 7 settembre 1706: la ritirata dei francesi, l'ingresso degli alleati in una città non vinta ma ferita. Il sindaco continua quel racconto. Dice che Torino è già ricca di simboli, e non ha bisogno di nuovi riti, perché ha i piedi ben piantati nella storia, nella sua identità. «La rievocazione di oggi - prò- segue il sindaco - non è fatta per chiuderci in noi stessi. Dopo l'assedio, Torino è stato il punto più alto della storia del nostro Paese. Qui è nata l'Italia, e poi l'Europa. Non abbiamo bisogno di nessuna cultura dell'esclusione. La città ha costruito la sua fortuna suh'immigrazione, sulla gente salita al Nord per costruire il proprio benessere, e quello di Torino». Pausa. Applausi. Poi: «E allora voglio dirvi che ciascuno di noi, a modo suo, è torinese. E non ha bisogno di perdere le proprie radici per esserlo». Adesso, gli applausi arrivano non solo dalla folla, ma anche dalla autorità presenti accanto a Castellani: il prefetto Vittorio Stelo, il questore Grassi, il comandante della Finanza Pappa, quello della Regione militare Tambuzzo, il presidente del Consiglio comu¬ nale Carpanini (notare la coccarda tricolore appuntata sulla giacca), quello del Consiglio regionale Picchioni. Lo stesso Castellani era intervenuto in mattinata alla manifestazione dei popolari in piazza Carignano (presenti, tra gli altri, anche gli onorevoli Morgando, Merlo, Maria Pia Valetto, Voglino di Asti, Cambursano, l'ex ministro Bodrato e il leader della Coldiretti, Carlo Gottero, l'assessore comunale Prele, l'on. Nesi e il consigliere comunale Alasia. Altra iniziativa in piazza Vittorio nel pomeriggio, con il forzista Deodato Scanderebek. Nelle stesse ore, nella sala del Consiglio si sono riuniti i 46 sindaci del Pinerolese, con i parlamentari Merlo e Fassone. SERVIZI A CURA DI G. Armand Pilori, G. Sangiorgio e M. Tropeano Valentino Castellani ha concluso la manifestazione storica che ha rievocato la liberazione dall'assedio francese del 1706 nel 290° anniversario della morte di Pietro Micca

Luoghi citati: Asti, Europa, Italia, San Massimo, Torino