L'impressionista più duro di Marco Vallora

III E a Losanna esce dall'ombra l'isolato Armand Guillaumin L'impressionista più duro Compagno di Degas, amato da Van Gogh BLOSANNA ON fu un buon profeta, Cézanne, quando lo definì «un artista di grande avvenire... Io lo amo molto». Perché Armand Guillaumin, misteriosamente, è come scomparso dalla scena nobile della pittura francese, anche se fu un fedele ed entusiasta compagno di strada di Degas e Monet, pur restando caparbiamente un isolato. A soli 26 anni espose al secondo Salon des Refusés, insieme a quel Gruppo degli Indipendenti, che si sarebbe fatto conoscere all'Atelier Nadar, meritandosi per spregio l'appellativo di Impressionisti. Guillaumin, estroverso e generoso, nei ritagli di tempo del suo oppressivo lavoro, conosce all'Académie Suisse (dove talvolta passa anche Courbet, a schizzare qualche nudo) dapprima un giovane timido che viene da Aix, appunto Cézanne, e poi un intraprendente pittore, più maturo e già passato per i Salons, che è nato nelle Antille: Camille Pissarro, genio che si spegne. Grande cameratismo, ma a ben vedere la pittura di Guillaumin è più dura, irrequieta. Basterebbe la scelta degli scorci, che dominano questa importante retrospettiva, aperta sino al 20 ottobre alla Fondation de l'Hermitage: il giovane ragazzo di bottega non ha tempo di fuggire verso Fontainebleau, tutt'al più passa la Senna al di là del ponte di Austerlitz e racconta quello che vede, con tratti eccitati. Si trova tra scenari miserabilisti e periferici (lui che ha conosciuto pure Zola, grazie a Cézanne), quartieri i cui nomi occhieggiano oggi dalle mappe dei mètro: Bicéstre, Bercy, Batignolles. Scavatrici, benne, carriole colme di sabbia, i fumi nascenti della società industriale (strano non si occupi della Tour Eiffel). E spelacchiate peniches, affumicate chiatte da cui t'aspetti di veder uscire come minimo la Frugola del Tabarro o la Pazza di Chaillot. Un mondo diversissimo da quello che l'ha tenuto a battesimo. Figlio di un sarto che ha la bottega in Rue de Rivoli, proprio cu fronte alla Porte Carrousel del Louvre e che taglia eleganti abiti da caccia, il giovanis- simo Armand, già segnato dalla passione del disegno, preferisce andar garzone presso lo zio, che manipola lingeria intima da demi-vierge e corredini da neonato. La bottega Mille e una notte sta nel cuore della Parigi che il Barone Haussmann va sovver¬ tendo: a due passi Garnier progetta l'Opera, s'innalzano i primi Grandi Magazzini, sotto Napoleone III la città, uscita dalla Comune, scopre un certo benessere. E anche il giovane garzone trova il tempo, durante le commissioni, d'nifiltrarsi in gallerie e musei: lo studio di Nadar è a un passo, così come la galleria Durand-Ruel. Ora s'impiega nella Ferrovia Paris-Orléans, illuso dagli Employés di Balzac, che il paradiso sarebbe sceso sulla sua esistenza di funzionario (unica consolazione, i bi- ghetti gratis per raggiungere la campagna). Ma la sua esistenza sarà grama per lunghi anni, come quella di Renoir, e soltanto negli scampoli di riposo potrà dedicarsi alla sua adorata pittura. Poi, quasi vecchio, ha la ven¬ tura di vincere ben 150 mila franchi-oro alla lotteria, una vera fortuna. Una fortuna? Forse si determina così il suo destino: Guillaumin non ha più bisogno di lavorare, lascia l'amministrazione, vende e regala quasi agli amici, ma non sente il bisogno di trovarsi un mercante. Di qui, forse, la sua incomprensibile «eclissi», come l'ha definita René Huyghe. Pure, in questa storia davvero da romanzo, rimane commovente il grido che lanciò, quando seppe della vincita: «Chic! Adesso potrò dipingere il mare». Che ricorda l'affermazione della nonna di Truffaut, che la prima volta che scoperse l'Oceano lo chiamò Paramount: perché l'aveva visto soltanto al cinema. Adesso può visitare l'Olanda, l'Italia, scoprire la Francia. Ma in fondo la sua pittura, così impacciata nei ritratti, così dedita al paesaggio, non muta sostanzialmente. Spesse tinte rosate, banlieues, che svirgolano i contorni, leggermente avvinazzati: covoni violaciocca, colline color melanzana, la neve che si carica di riflessi salmonati, la sabbia che intorbida i tramonti. Albe color federa o biancheria intima: ed un uso sapiente del pastello. I confronti non sono difficili. Carnalità alla Renoir, scorci già alla Caillebotte, impasti alla Bonnard, nevi impastricciate alla Sisley, sbuffi fumo di Whistler. Ma bisogna anche badare alle date: quando il longevo Guillaumin registra alcune atmosfere (appuntandovi anche l'ora e la stagione) certo non poteva ignorare gli incarnati fauves dei vari Braque, Vlaminck, ma anche Matisse gli sibilavano accanto. E quando conosce sulla Senna il giovano Signac, a cui darà delle lezioni, è chiaro che il vero allievo diverrà presto lui, prensile com'è, alla perenne ricerca d'una scrittura. Non stupisce pertanto l'attenzione che Van Gogh gli dedicò (erano entrambi amici del dottor Gachet) ed anzi fu nella stamperia improvvisata dell'olandese che sia Guillaumin che Cézanne sperimentarono le loro prime, rare opere incise (una sorta di macchiaiolismo aggiornato, da Fattori post-impressionista). Giovane, Van Gogh scriveva al fratello Theo: «Io penso che un artista come Guillaumin abbia delle idee più giuste degli altri e che se tutti fossero come lui si produrrebbero da subito delle cose migliori e si avrebbe meno tempo e voglia di girare in tondo». Che Van Gogh lo amasse è comprensibile: cantore quasi sguaiato del paesaggio e di rossi intensi ed autunnali, impregnati di vinaccia, Guillaumin è sì recettivo al riverbero della luce, come un vero impressionista, ma è sensibile soprattutto a quello che potremmo chiamare lo scheletro vibrante, sinuoso della natura: la circolazione sanguigna della realtà. Tocchi brevi, nervosi, arricciati, come a voler saggiare il polso pulsante dell'esistenza. Se il suo periodo migliore rimane per noi quello intorno al 1870-'80, in cui raggiunge liquidità alla Marquet e poi via via la sua originalità va assopendosi, rimane comunque ingiusto il cono di penombra e di disaffezione cui è stato sinora dannato. Marco Vallora i Ebbe vita grama lavorando come garzone e impiegato Poi vinse alla lotteria: «Ora potrò dipingere il mare!» III ! «L'acquedotto a Arceuil», opera di Armand Guillaumin in mostra a Losanna Tino al 20 ottobre

Luoghi citati: Cézanne, Francia, Italia, Losanna, Olanda, Parigi