Cintura di castità dopo lo stupro di Fabio Galvano

La scelta di una donna divide l'Inghilterra, contrarie le femministe: soluzione innaturale La scelta di una donna divide l'Inghilterra, contrarie le femministe: soluzione innaturale Cintura di castità dopo lo stupro «Solo così ho ritrovato la sicurezza» LONDRA DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Una volta tanto le femministe inglesi sono tutte d'accordo; ed è nel biasimare una poveretta che dice d'indossare la cintura di castità. Che costei lo faccia non in nome di una crociata contro il maschio, ma come extrema ratio per superare i traumi di una violenza subita anni fa, poco importa: alla cintura, per principio, bisogna rispondere di no. Il dibattito è aperto; ma non è la pietà a prevalere. La vicenda affiora sul «New Christian Herald», una rivista cristiana che nell'ultimo numero ha pubblicato la lettera della signora C. Wilhams (nome vero? nome falso?). Una lettera misurata e fattuale in cui la donna, vittima di un grave episodio di violenza carnale avvenuto 13 anni fa, spiega che la cintura di castità le ha «dato una nuova vita». L'ha aiutata, spiega, a superare i complessi che la tormentavano. Le consente di «ridere, godermi la vita ed essere una moglie in ogni senso della parola». Quello che ha irritato le femministe, forse, è che la signora Wilhams cerchi di fare da battistrada, invitando altre donne a seguire il suo esempio. Pericoloso, insomma, che nell'Inghilterra d'oggi possa crearsi un ritorno alla cintura di castità. Ecco allora la prima bordata, da Joy Jenkins del gruppo «Women's Health Concern»: «Mi auguro ha detto - che esistano soluzioni meno innaturali». La Wilhams fu vittima, 13 anni fa, di un conoscente. Il trauma della violenza subita era tale da vanificare ogni altro tentativo di cura: sedute con psicoterapisti, lezioni di autodifesa. La situazione era talmente grave che anche le sue convinzioni religiose avevano finito per esserne scosse: se Dio esiste, si domandava la donna, come ha potuto permettere che accadesse una cosa del genere? Si era anche sposata, forse un po' avventatamente vista la sua condizione; e infatti, ammette lei stessa, il matrimonio si era presto trasformato in una sorta di «nubilato». Ma proprio il marito fu la sua salvezza. Fu lui a scoprire un laboratorio dove, su misura, confezionano cinture di castità d'acciaio inossidabile: un foglio sottilissimo, leggero, che dà pochissimo fastidio. «Come una seconda pelle», dice la Wilhams ammettendo di indossare sempre la cintura, persino nella vasca da bagno. Carol Avedon, del gruppo «Femministe contro la censura» e a sua volta vittima anni fa di un episodio di violenza, definisce «insensata» quella soluzione. La Wilhams, afferma, «ha bisogno di aiuto, ma psicologico». «Quella sicurezza è un'illusione», ha detto una portavoce del gruppo «Positively Women», che aiuta le donne sieropositive: «Uno stupratore che trovasse una donna con la cintura di castità finirebbe quasi certamente per picchiarla». E alla fine contro la signora Wilhams, che sperava di poter offrire a molte altre donne l'elisir inossidabile della ritrovata felicità, si è schierata anche Christina Rees, del sinodo anglicano: «Con quel rimedio - ha detto - si è estraniata | dalla realtà, nascondendosi al proprio problema». Fabio Galvano

Persone citate: C. Wilhams, Carol Avedon, Christina Rees, Jenkins

Luoghi citati: Inghilterra, Londra