LA PIAZZA E IL GOVERNO di Pierluigi Battista
Caccia al vescovo scomparso PRIMA PAGINA LA PIAZZA E IL GOVERNO mancanza di determinazione e la scarsa fiducia nelle proprie forze. Ed è su questo piano che Fini ha vinto il suo primo braccio di ferro. Mentre Bossi si crogiuolava con le sue scombinate simbologie, il resto del mondo politico è apparso perplesso, esitante, incerto se imboccare la via dell'anatema antisecessionista o quella dell'ammiccamento con le «sacrosante» ragioni della rabbia leghista. Gli alleati di Fini, Berlusconi in testa, hanno tentennato fino all'ultimo, quasi atterriti dallo spettacolare affondo bossiano, lacerati tra la tentazione del richiamo d'ordine serpeggiante nell'area moderata e l'affannoso ma tardivo recupero d'immagine attuato mediante la repentina sterzata movimentista e radicale del Berlusconi che addirittura riecheggia l'epopea povera dei militanti muniti soltanto di una bomboletta spray. Nell'Ulivo l'atteggiamento schizofrenico verso i proclami secessionisti di Bossi è apparso in modo ancor più evidente. I toni minacciosi alimentati dall'evocazione dell'«uso della forza» si sono alternati con il balbettio delle promesse federaliste, dove una sostanziale arrendevolezza nei confronti delle bordate leghiste si è mimetizzata con i panni di una retorica patriottica che è apparsa sovente insincera, effimera e troppo legata al desiderio di dare un senso di autoprotezione di fonte a un'emergenza difficile da dominare. Fino al punto che risulta abbastanza singolare il fatto che proprio nel giorno in cui Bossi, impettito nel suo abito di cerimonia, comunica ufficialmente a Venezia l'atto di nascita della nuova Repùbblica separata, il presidente del Consiglio dell'unica Repubblica legittima e legale, quella italiana, forse rincuorato dalle notizie sulla scarsa affluenza al rito leghista, abbia voluto inaugurare una nuova stagione di «dialogo» con un uomo di cui i giuristi discettano se debba essere o no assicurato alle patrie galere come secessionista colto in flagranza di reato. E così Gianfranco Fini mette a frutto una posizione che è apparsa per lo meno munita di un certo senso di coerenza e di linearità. Pesa infatti su tutte le forze politiche la paralizzante sensazione di non essere affatto «innocenti» nei confronti della Lega e del suo profeta Umberto Bossi. Pesa il ricordo, e il discorso vale sia per la destra che per la sinistra, di più o meno recenti «inciuci» con Bossi, di complicità sotterranee o non, ma comunque tutte strumentali e finalizzate alla sconfitta dell'avversario. La destra, con Bossi ha coabitato in un governo. La sinistra, con Bossi ha realizzato il «ribaltone». Chi ha le carte in regola per contrastare con efficacia l'uomo che vuole spaccare in due l'Italia? Pierluigi Battista
Persone citate: Berlusconi, Bossi, Fini, Gianfranco Fini, Umberto Bossi
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