«La sinistra è ferma, il governo assente»

Centocinquantamila in corteo a Milano. Il leader di An: senza di noi l'Europa non potrebbe esistere Centocinquantamila in corteo a Milano. Il leader di An: senza di noi l'Europa non potrebbe esistere «La sinistra è ferma, il governo assente» Fitti: Bossi sta delirando MILANO. Erano centocinquantamila, con la bandiera italiana, l'odio per Bossi, la voglia di patria, i pullman targati profondo Sud, i treni da Napoli e dalla Puglia, mezza mattina in giro per Milano, da piazza Oberdan a piazza Castello. Come non accadeva da 24 anni, da quell'I 1 marzo, corteo della maggioranza silenziosa accompagnato da 8 ore di scontri. Una folla, quella in piazza a Milano, che non si vedeva da tempo e che infiamma Ignazio La Russa. «Siamo duecentomila», urla. Riurla, dieci minuti dopo, stesso palco azzurrino, la piazza che scoppia di gente e sventola tricolori, con il monumento a Giuseppe Garibaldi che dà le spalle: «Siamo di più, siamo trecentomila». In prima fila alla manifestazione che si chiude con i sorrisi di Gianfranco Fini - e le parole: «La sinistra è ferma, il governo latita» - c'è Tommaso, 8 anni e mezzo, maglietta verde con la scritta «Voglio crescere italiano» e le idee ben chiare: «Bossi è scemo». «Quelli di Bossi sono deliri, perché sono insulti alla ragione quando dimentica i morti che ci sono voluti per arrivare all'unità d'Italia e sono insulti all'Europa perché senza di noi l'Europa non potrebbe esistere», argomenta dal palco il leader di An, contento per aver riconquistato Milano e per questa prova di forza - da spendere anche nel Polo - coronata da successo, almeno numerico visto che la sfida era al Po. Già che c'è, Fini non risparmia nuovi attacchi: «In altri Paesi questa manifestazione sarebbe stata organizzata dal governo, perché si tratta di difendere valori che sono di tutti. Ma il governo Prodi è come la bella addormentata nel bosco, non c'è e se c'è dorme». Che sarebbe stata una manifestazione imponente lo si era capito già alle 9 e 30, piazza Oberdan, quando il corteo è partito prima sulle note dell'inno di Mameli, poi della «Macarena» e del «Va' pensiero» mescolate al cartello retto da uno in camicia verde non proprio padana: «Bossi terrone tedesco». Davanti i bambini con le magliette a tre colori, dietro i parlamentari di An in gruppo, da Pinuccio Tatarella a Riccardo De Corato, da Ignazio La Russa a Francesco Storace, quest'ultimo autore di una battuta al botulino: «A Bossi regalerò una confezione di mascarpone Giglio». A proteggere il corteo, millecinquecento agenti. Unica contestazione, quella dei consiglieri di Rifondazione comunista chiusi a Palazzo Marino, che hanno esposto uno striscione bianco e rosso con la scritta: «Ora e sempre resistenza». Urla, fischi, qualche insulto. Ma lo striscione rimane al suo posto. Plaude all'iniziativa anche il sindaco Formentini, di ritorno dal Po: «L'avrei fatto anch'io». «Archeologia politica», bolla un militante di An in piazza della Scala. E ancora non ha visto Vito Scandurra, fedelissimo da sempre, che attende il corteo dal marciapiede di piazza Cairoli innalzando una foto del Duce, fez in testa e gli occhioni che brillano. Non è l'unico nostalgico. C'è anche uno del servizio d'ordine che sotto al palco grida più forte quando passa la delegazione di Salò. In testa ha un cappellino della X Mas, che non molla e invita: «L'ho preso a Predappio, ce ne sono ancora tanti...». Poi ci sono i naziskin, una ventina, giubbotto nero malgrado il caldo, tatuaggi e aria truce. Passano a fianco due disperati con la bandiera di Forza Italia già arrotolata, si annusano appena e vanno via come abitanti di altri pianeti. Dal palco viene letto il messaggio di Silvio Berlusconi: che bacchetta la sinistra e il governo che non hanno fatto nulla e faranno ancora meno. Dice che Bossi poteva essere fermato pri¬ ma e che «i leghisti esprimono le nostre stesse istanze, perché sono istanze reali, e ci vuole il fedoralismo». Applausi, per Berlusconi. Qualche fischio per l'analoga missiva di Pierferdinando Casini del Ccd. Meglio, molto meglio va all'ex pugile Nino Benvenuti. Sul palco, esulta: «Sono qui come sportivo e come italiano, l'Italia non si tocca». Il tripudio, però, c'è solo con Landò Buzzanca. Rispolverato da archivi di film di serie «B» girone pecoreccio, invita tutti a cantare l'Inno di Mameli, poi perde il filo e si lamenta: «Sono l'unico attore presente». Sfilano con lui i parlamentari di An, sindaci, assessori, gonfaloni. Si ve. da Catania a Vi- bo Valentia, da Foggia a Ischia in un «abbraccio di italianità», come dice qualcuno. Alle 2 è tutto finito, si può tornare a casa. «Madonna, sono 12 ore di viaggio», scuote la testa una ragazzina con gli occhi blu, bandiera bianca di An in mano, mentre sale sul pullman targato Bari. Fabio Potetti do espri stesse sono vuole il rluscoper l'aPierfer Ccd. Meglio, 'ex pugile Nipalco, esulta: ortivo e come n si tocca». c'è solo con gia a Ischia in talianità», coto, si può toronna, sono 12 uote la testa gli occhi blu, An in mano, llman targato abio Potetti Il presidente di An Gianfranco Fini alla manifestazione milanese