IL PALAZZO Il ritomo dei feticei di Filippo Ceccarelli
IL PALAZZO IL PALAZZO Il ritomo deifeticei ERO' non vale mica tanto, il feticcio fatto in casa... Con quale cerimoniale è stata consacrata l'ampolla di Murano? Erano vergini le due bionde leghiste che l'hanno offerta a Bossi? Chi garantisce, una volta vuota, che vi dimori lo spirito di un antenato e abbia qualità magiche? Speriamo bene, perché sono cosette delicate, e ancora di più per chi ci crede, ai feticci. Se non litigava con la Pivetti, magari, e soprattutto senza troppo baccano, l'ampolla giusta Bossi se la poteva far prestare. Neanche a farlo apposta, la migli- s collezione si trova in Padania, nella basilica di San Giovanni di Monza. Fu Teodolinda a chiedere delle reliquie al Papa, Gregorio Magno. E questi gliene mandò, appunto, in 60 recipienti, 16 dei quali ancora lì (sebbene di origine orientale, perciò senza la ruota alpina). Con tutto il rispetto per l'artigiano D'Este, che ha confezionato il santo manufatto, il rituale idrico di riempimento e svuotamento ne avrebbe senz'altro beneficiato. Che l'ampolla, poi, rappresenti essa stessa il Graal, anche dal punto di vista ermetico appare quantomeno discutibile. Nelle ampolle di Reims c'era il crisma per ungere i sovrani francesi. Ma furono fatte a pezzi dai rivoluzionari nel 1793. Ovvie ragioni, comunque, pure scaramanticamente berlusconiane, sconsiglierebbero Bossi dal rivendicare il titolo di «unto». Non si sono invece più avute notizie dell'altro preannunziatissimo oggetto magico itinerante, la zolla di terra (padana). Pazienza. Se si pensa che l'ultimo feticcio propiziatorio leghista era la scarpa con la quale il senatore Boso affibbiò un calcio nel culo all'onorevole Sgarbi, ecco, appare evidente come il sistema simbolico pseudo-padano abbia davvero fatto il classico salto di qualità. Del resto, sarebbe sbagliato ritenere che questa calata nel primordiale e questa apparizione di arnesi prodigiosi a sfondo druidico 1 siano una novità, o un'eI sclusiva della Lega. Perché i feticci, nella vita pubblica, non solo esistono, come a loro modo finiscono per dimostrare ad esempio anche il culto del dio telefonino o del salvifico preservativo (che il ministro De Lorenzo tenne orgogliosamente in mano, con l'occhio un po' da pesce, nel quadro della campagna anti-aids). Ma forse sono anche inevitabili. O almeno: nei partiti democratici si camuffano da gadget, rivivono nelle Tshirt, nei fischietti, nei pupazzetti o nei cornetti (di cui Dini ha una dotazione da viaggio). Tutti insomma li banalizzano, ma nessuno ne fa a meno. E' nei movimenti a forte guida carismatica, piuttosto, o in quelli che discendono da tradizioni quasi religiose che tali inconsapevoli amuleti si riprendono la loro ancestrale visibilità. Basti pensare all'amore un po' necrofilo della fiamma rautiana per i gagliardetti; o alle lamentazioni di Cossutta sulla sorte della scrivania di Togliatti, l'Antenato (finita, sembra, all'Istituto Gramsci). Ma si pensi anche alla venerazione dei cimeli garibaldini o alla religione del garofano che in Craxi e nei suoi fedeli finiva per assicurare benessere, prosperità e moltiplicazione di consensi; o all'asta di autofinanziamento radicale in cui furono non solo messi in vendita, ma addirittura acquistati indumenti appartenenti a Pannella, Tortora o Emma Bonino. Certo l'ampolla di Bossi apre una stagione di più compiuto e sfrontato revival feticista. Una stagione insieme magica e furba di cui sintomatico presagio, al limite, fu il talismano televisivo di Nilla Pizzi. Filippo Ceccarelli
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