Il padre-sacerdote Quel grande patrimonio di ricordi blindato dalle «leggi di famiglia»
Il padre-sacerdote Il padre-sacerdote Quel grande patrimonio di ricordi blindato dalle «leggi di famiglia» N ON ci frequentava, nostro padre, come facevano coi loro figli gli altri padri. Erano gli anni del centrosinistra, andavano di moda i picnic sull'erba, i padri in canottiera che giocavano a pallone coi figli, 0 lavavano la Millecento in cortile. A scuola li vedavamo arrivare, questi padri, a prendere i nostri compagni, stringendoli per mano, ridendo, magari con la cravatta slacciata, e il passo disinvolto. Lui non frequentò quasi mai le nostre stanze, la nostra scuola, 0 le case dei nostri amici. (...) Finì per diventare ai nostri occhi una sorta di sacerdote, avvolto dalla sua attività cerebrale. Come tutti i sacerdoti, anche mio padre aveva una sua liturgia. Era il patrimonio familiare di formule, aneddoti, giudizi, consigli, battute ereditato dal nonno e da lui accresciuto. (...) Erano soprattutto aneddoti familiari, storie accumulate in decine di anni di carriera sua e di suo padre. I visitatori che ciclicamente venivano a pagare pegno alla gloria barziniana ne erano ghiotti (...) e nostro padre, dopo una breve pausa nella quale assaporava il piacere del prossimo sfogo, iniziava a raccontare. Aveva una memoria di ferro e ripeteva gli aneddoti sempre nello stesso modo. Avrebbe potuto fare l'attore, tali erano il controllo, le pause, il ritmo. Ancora oggi, quasi quarant'anni dopo, molti di quegli aneddoti ingombrano, con logica assurda, la mia testa. Quello di Salandra a Parigi, che rispondeva «con chi pari?» al telefono (e con in francese significa coglione), 0 quello del principe Borghese che durante la Pechino-Parigi non rivolse mai la parola direttamente al nonno perché era un giornalista, categoria deprecabile, e una volta, nel Deserto di Gobi, si trovò ad aprire una scatoletta di carne e a metterla su un sasso pronunciando, per evitare di parlare direttamente a mio nonno, una frase passata alla storia familiare: «Chi ne vuole si serva». C'erano poi le leggi di famiglia. In genere partivano da un punto di vista maniacalmente formale, di stile, accademico, ma si piccavano di coprire ogni aspetto della vita, dal più frivolo al più profondo, da che tipo di casa abitare (i tappeti persiani, i mobili antichi, gli infissi di legno, le persiane) a come affrontare mia festa americana (bevendo un bicchiere d'olio d'oliva prima di andare, per non ubriacarsi), dalla scelta della razza dei cani (da caccia, solo da caccia) all'amore prematrimoniale (il sesso non è ginnastica), dalla ricetta dell'aragosta (le salse ne rovinano il sapore) al disprezzo per le mode (la vera moda è la qualità, che è eterna), dalle stoffe da usare per i propri vestiti (le flanelle, i tweed, il cotone Massaua d'estate) a chi scegliere fra Mozart e Beethoven (Mozart naturalmente), da come baciare la mano alle principesse di Casa Reale (con un cenno di inginocchiamento che verrà bloccato dalla madama) a quale villeggiatura preferire (gli scogli, e possibilmente in un luogo irraggiungibile). Molte di quelle formule ci apparivano anacronistiche, ma l'obiezione veniva messa a tacere da nostro padre con una promessa: c'era un mondo nascosto che noi bambini non potevamo ancora vedere, dove queste regole venivano rispettate, il mondo del Grande Merito. Colà, se avessimo seguito le sue leggi, un giorno saremmo stati chiamati. (...) Il luogo dove le regole venivano discusse, 0 applicate, era, ancora una volta, la tavola. Il rito si chiamava «breve tour d'horizon». Nostro padre pronunciava la frase fatidica: «Facciamo un breve tour d'horizon» e noi avevamo 0 dovere di raccontare quello che ci era successo durante il giorno. Sarebbe potuta essere un'abitudine liberale, ma in realtà era una trappola, il trabocchetto del barziniano tribunale giudicante. Fatti, libri, eventi e persone venivano infatti passati al setaccio, catalogati, collocati nella scala gerarchica a seconda della loro più 0 meno vicina conformità alle regole. E dato che le regole erano ferree e anche piuttosto contorte, erano pochi i fatti e le persone che si salvavano dall'inarrestabile voracità condannatoria di quel tribunale. Il resto veniva rigettato indietro e cadeva nel buio, nel vuoto, nel silenzio. Una macchina inquisitiva terribile. Andrea Barzini Da «Una famiglia complicata» di Andrea Barzini, pubblicato da Giunti e in libreria dal 24 settembre, anticipiamo alcune pagine dedicate a Luigi Barzini junior
Persone citate: Andrea Barzini, Beethoven, Borghese, Luigi Barzini, Mozart, Salandra
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