Berlusconi d'accordo col sociologo: è un apparato che controlla lo Stato. E Bianco: allarme giustificabile «Intrigo di potere tra giudici e 007» di Francesco Grignetti

Berlusconi d'accordo col sociologo: è un apparato che controlla lo Stato. E Bianco: allarme giustificabile Berlusconi d'accordo col sociologo: è un apparato che controlla lo Stato. E Bianco: allarme giustificabile «Intrigo di potere tra giudici e 007» Ma l'attacco di De Rita scatena la protesta delle toghe ROMA. Il sociologo Giuseppe De Rita, presidente del Cnel, parlando al Tempo, nei giorni scorsi aveva gettato il sasso nello stagno: «Da Tangentopoli e dalla vicenda mafiosa stiamo uscendo con un apparato di potere costituito dall'intreccio tra pubblici ministeri, polizia giudiziaria e forse servizi segreti, incontrollabile e incontrollato, che ci deve preoccupare». Francesco Cossiga, sulle colonne di Repubblica, gli dà ragione: «E' un'analisi che ritengo esemplare. In Italia non c'è Stato di diritto. Prevale l'autoritarismo e si dà del mafioso ai garantisti». Ed è subito polemica. Silvio Berlusconi concorda con malcelata soddisfazione: «C'è un apparato di potere che ha forza propria e si impone agli altri veri poteri dello Stato. Un potere che non trova la sua fonte in libere elezioni, gente che è entrata nello Stato attraverso pubblici concorsi e che oggi prevarica, prevale, condiziona i poteri eletti democraticamente dalla gente». Gerardo Bianco annuisce: «L'allarme di De Rita è giustificabile, c'è stata una cultura del sospetto. I magistrati in alcuni casi sono usciti dal seminato». Ma da parte loro i giudici, accusati di essere complottardi, reagiscono tra l'indignato e lo stupefatto. Dice, per esempio, Piero Luigi Vigna, procuratore di Firenze: «Noi che combattiamo contro i poteri occulti, ora veniamo accusati di essere un potere occulto». E' la voce della sinistra, però, quella che lascia il segno. Pietro Folena, che nel pds di D'Alema ha un ruolo importante: «Mi stupisce che De Rita abbia parlato di questo "complotto" con un'analisi tutta sopra le righe. E' un teorema da romanzo di fantascienza che non ha riscontri nella realtà. Ma Cossiga, in definitiva, richiama la necessità di costruire le condizioni per uno Stato di diritto in Italia». Clamoroso. Folena concorda con Cossiga: lo Stato di diritto è ancora di là da venire. Folena dice ancora: «Anche se Cossiga omette di dire parole chiare sul passato, convengo con lui sul fatto che si è creata una situazione che permette di affermare i diritti dei cittadini. Si è aperta una stagione favorevole a un garantismo non estremista, sobrio, che sappia tenere conto delle esigenze di sicurezza che sono molto sentite dai cittadini». Da Botteghe Oscure sembrano insomma deli¬ neare una «terza via» tra i magistrati arrabbiati e i politici sospettosi. Il motto è: garantismo, ma con giudizio. E non c'è nemmeno da stupirsi. La svolta del pds viene da lontano, D'Alema stesso l'ha enunciata più volte, ed è portata avanti a costo anche di deludere le correnti più «amiche» della magistratura. Vedi l'irritazione del leader di Magistratura democratica, Vittorio Borraccetti: «E' inaccettabile l'inversione delle parti: non è l'illegalità il pericolo per la democrazia, ma i magistrati che l'hanno contrastata». E però è evidente che da settimane ci sono due sinistre che si confrontano, sui temi della giustizia. Che si parli di pentitismo o di riorganizzazione della polizia, della fuoriuscita da Tangentopoli o del complotto di Brusca, le voci della sinistra sono differenziate. Al ministero dell'Interno c'è un Napolitano che bacchetta pubblicamente i suoi funzionari, sostenendo che l'emergenza è finita e ci si può avviare alla normalità. Subito il pidiessino Giovanni Pellegrino, rappresentante dell'anima garantista, applaude. Ma anche Emanuele Macaluso segnala felice un ministro «più rispettoso dell'autonomia della politica e più rigoroso nel- l'esigere che gli apparati si limitino a applicare la legge». Come la pensi Napolitano, si capisce meglio leggendo il suo ricordo di Chiaromonte: «Sente di dover invocare "l'assoluto rispetto delle norme dello Stato di diritto". Lo fa in un clima febbrilmente avverso... Fummo in piena sintonia anche tra il '92 e il '93». Se invece si sente Pino Arlacchi, sociologo anche lui, senatore del pds, la reazione è opposta: «Quella di De Rita è un'opinione che non condivido. La sua analisi è sbagliata, senza prove, generica. Non merita tutto questo clamore». Arlacchi, anche perché «padre fondatore» della legge che istituì la Dia, viene annoverato tra i giustizialisti di sinistra. Non smentisce la sua fama di duro: «Le vere patologie - dice - sono la corruzione e la criminalità organizzata, non chi le combatte. Diritti dei cittadini conculcati? Non mi risulta. Apparati dello Stato fuori controllo? Non mi risulta. De Rita faccia degli esempi e allora ne parleremo». Francesco Grignetti Silvio Berlusconi concorda con l'analisi di De Rita

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