Il leader della Quercia a New York: la soluzione è nel rispetto della legge «L'Italia uscirà da Tangentopoli?» di Au. Min.

Il leader della Quercia a New York: la soluzione è nel rispetto della legge Il leader della Quercia a New York: la soluzione è nel rispetto della legge «L'Italia uscirà da Tangentopoli?» L'America vuol sapere, D'Alema risponde NEW YORK DAL NOSTRO INVIATO Alla fine, in quella saletta-biblioteca al decimo piano del grattacielo del New York Times, Massimo D'Alema si è sentito rivolgere da uno dei giornalisti della famosa testata americana una domanda del tutto inaspettata: «Ma allora Botteghe Oscure la vendete o no?». E il segretario del pds por tirarsi fuori dall'impaccio ha dovuto parlare del mercato immobiliare romano: «Non è il momento opportuno». Davvero nella Grande Mela può capitare di tutto. D'Alema vorrebbe l'are una capatina da Brooks Brothers per comprarsi tre camicie bianche con i bottoncini, quelle per cui va matto Walter Veltroni, ma intanto deve rispondere alle domande degli esperti di politica estera del quotidiano newyorkese che conoscono a memoria le vicende italiane e che vogliono sapere innanzitutto se l'Italia uscirà mai da Tangentopoli. «Il problema - è la tesi che il numero uno della Quercia espone ai suoi interlocutori - esiste. Oggi riguarda in primo luogo le imprese visto che la classe politica in questi anni è mutata profondamente. Tuttavia la soluzione che si dovrà trovare nel rispetto della legge non si può avere adesso. Ci sono ancora troppe inchieste in corso. Anche il mio partito è sotto indagine da due anni. Qualcuno potrebbe pensare che un'iniziativa ora per uscire da Tangentopoli nasconda un interesse personale». Il segretario del pds non ha potuto esimersi anche dall'esprimere qualche giudizio sugli altri politici italiani. Sul destino politico di Berlusconi ha risposto: «Berlusconi ha colto lo spirito del Paese, per questo ha vinto due anni fa le elezioni. Credo, comunque, che la sua parabola politica sia in discesa». Detto questo D'Alema non vede ancora chi potrebbe sostituire il Cavaliere nel ruolo di capo dell'opposizione. «Non credo - ha osservato - Fini e neanche Bossi. Mi auguro che nasca un partito del centro-destra che sia capace di essere una valida alternativa a quello che rappresentiamo noi per il centro-sinistra». E malgrado al personaggio non piaccia parlare degli altri, il numero uno della Quercia ha dovuto dire la sua anche sulla buona fede della svolta democratica di Fini. «Personalmente credo - ha detto - che Fini sia in buona fede. C'è, comunque, un eccesso di furbizia che paga in un Paese come il nostro che ha la sua Costituzione fondata sull'antifascismo, ma che per tanti anni ha avuto un sistema politico caratterizzato dall'anti-comunismo. Infatti, mentre è stata sdoganata in Italia, la destra europea non ha rapporti con An». Di meeting del genere D'Alema in questi giorni ne ha avuti molti. Le domande più o meno son state sempre le stesse. Alla classe dirigente degli Usa interessa sapere se l'Italia farà di tutto per entrare a Maastricht, cosa ha intenzione di fare il governo italiano sulle privatizzazioni, senza dimenticare Rifondazione, il deficit pubblico, la stabilità dell'attuale quadro politico. E' avvenuto anche l'altra sera all'incontro con una trentina di membri del Council on foreign relations tra i quali anche il presidente dell'antitrust italiano, Giuliano Amato. A ben vedere, comunque, non c'è stata molta attenzione negli Usa sulla visita del segretario del pds. Lo stesso New York Times fino ad oggi non ha dedicato nessun articolo all'argomento. Andrà meglio nel viaggio del prossimo anno, quando D'Alema avrà contatti con l'amministrazione americana dopo le elezioni presidenziali. Così il segretario del pds trascorre le sue giornate newyorkesi tra un incontro, una passeggiata in Central Park e una lite con i giornalisti italiani. Per lui l'ultimo errore dei quotidiani italiani è quello di dare troppo spazio a Bossi. «Quella del 15 - spiega - è solo una manifestazione, basterebbe un trafiletto. Invece, c'è tutto questo battage... è disgustoso». Comunque, malgrado che da uno studio chiuso nella sua scrivania di Botteghe Oscure risulti che attaccando i giornali aumenti in popolarità, ieri il personaggio ha assunto l'impegno di non intervenire più sull'argomento: «Basta non se ne può più. Semmai è materia di un seminario per discutere dell'informazione nella nuova fase che attraversa il Paese». [au. min.]

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