Madre di Roma Chiamai 112 «Prendete mio figlio»

Madre di Roma Madre di Roma Chiamai! 112 «Prendete mio figlio» ROMA DALLA REDAZIONE Il «112» sostituisce la ruota del convento. O, in tempi più crudeli, il cassonetto. Così accade che un carabiniere si trovi tra le braccia un tenero fagottino di 28 giorni, un neonato che urla per la fame. E' accaduto a Roma, ai carabinieri della caserma di piazza Dante che erano accorsi alla telefonata di una donna. La sua voce, disperata, implorava: «Venite a prendere il mio figlio più piccolo, io non posso più mantenerlo, ne ho un altro... se non mi aiutate voi, devo lasciarlo per strada». Erano le 21 di martedì: per il piccolo, ora di poppata. I militari hanno raggiunto l'indirizzo della donna e hanno trovato una madre trentanovenne ben determinata a non volere la creaturina che sgambettava nel lettino. Hanno parlato a lungo con la donna - che ha precedenti penali - cercando di farla desistere dal suo proposito, ma senza successo. «Sono sola, senza soldi e senza un uomo - ha ripetuto piangendo - e non sono in grado di mantenere mio figlio, non ce la faccio più». Intanto i vagiti di chi reclamava il proprio pasto si facevano sempre più acuti e il capitano Luigi Cortellessa ha deciso di pensare, soprattutto, a lui. Il piccolo è così stato portato in caserma. I carabinieri gli hanno preparato un caldo e abbondante biberon con il latte in polvere che il piccino ha consumato in breve tempo, con evidente soddisfazione. Poi si è tranquillamente addormentato. II capitano ha quindi telefonato al tribunale per i minori che ha affidato, per il momento, il neonato al reparto di pediatria del poUclinico Umberto 1.1 medici che l'hanno visitato hanno detto che è in buone condizioni di salute. Impressioni del giorno dopo. Il capitano Cortellessa parla del piccolo con evidente simpatia: «E' un bel bambino e, anche se ha pochi giorni, mi è sembrato che mi sorridesse». Che cosa ha pensato in quell'appartamento, davanti alla madre che lo rifiutava? «Che l'unica cosa urgente era provvedere al piccolo: doveva mangiare». Poi la corsa in caserma. Come l'hanno presa i suoi? «Non saprei - risponde ridendo - ma so che a comprare il latte sono andati in quattro, che sono rimasti tutti in caserma, che si sono passati il piccolo tra le braccia per farlo smettere di piangere, che hanno chiuso tutte le finestre (eppure faceva caldo), che hanno impedito a chiunque di fumare e di alzare la voce. Tutto questo per non disturbare il pupetto». Morale della favola? «Non abbiamo fatto niente di eccezionale - risponde il capitano -, i miei ragazzi hanno trattato questa emergenza applicando la legge con buon senso e umanità».

Persone citate: Cortellessa, Luigi Cortellessa

Luoghi citati: Roma