Non c'è mascarpone nella ricetta originale inventata nel dopoguerra in Veneto di Edoardo Raspelli

Non c'è mascarpone nella ricetta originale inventata nel dopoguerra in Veneto Non c'è mascarpone nella ricetta originale inventata nel dopoguerra in Veneto Il dolce equivoco del tiramisù FA parte della storia, ma non è la storia. E' uno dei simboli del tricolore, è entrato nel nostro immaginario collettivo, nelle nostre abitudini alimentari, ma nonostante quanto si creda, la sua età è recentissima. Sì, non trovereste il Tirami su, nella fondamentale Storia della Cucina Italiana di Massimo Alberini (che, anzi, lo definisce «una cattiva invenzione»); non lo trovereste nelle 1200 pagine di quel «vangelo» di storia cibaria che è «Le ricette regionali italiane» di Anna Gosetti della Salda... Il Tirami su, che è entrato ormai in tutte le case italiane, che è un abitudine come la pizza e gli spaghetti, ha una storia ben diversa. Una storia assai controversa, come racconta Arturo Filippini, lombardo trapiantato a Treviso, presidente della catena dei Toulà, che per anni è stato collega e amico del fondatore, Alfredo Beltrame. Il Tirami su è nato... nei casini; sì, avete letto bene, in quelli veneti in particolare. Beltrame stesso lo ammetteva: «E' stato sicuramente dopo la guerra - dice Arturo Filippini - prima, con un uovo, si mangiava in quattro...». Luigi Lucchini, proprietario del Don Lisander di Milano, che ha lavorato nei Toulà dal 1968 al 1984, ricorda le confessioni di Beltrame. Il maestro della ristorazione veneta gli confessava: «Quando si andava con Goffredo Parise nei bordelli di Treviso... ai nostri tempi c'era il cuoco... La maitresse, ai clienti affezionati (ma anche alle ragazze) dava un dolce accompagnando la cortese offerta con queste emblematiche parole: dai, tien, toso che ti do un qualche cosa che ti tira su...». Nel 1968 il Tirami su artigianale di Alfredo Beltrame arriva nei Toulà di Roma, in Sardegna, in quello di Milano. I ristoranti italiani cominciano a ripeterlo, in un guazzabuglio, tra l'altro, di ricette e interpretazioni. Milano, oltre che essere stata la capitale del psi e della rucola, negli Anni Settanta ed Ottanta vede anche nascere il Tirami su che, però, al Toulà fanno sempre secondo la ricetta classica di uova sbattute, savoiardi intrisi nel caffè e cacao in polvere. Niente mascarpone allora (e nemmeno oggi) nel Tirami su che da San Giuliano Milanese i fratelli Bindi mandano per il mondo: già, perché se il dolce è nato a Treviso e da lì è stato ripetuto nelle tavole artigianali di tutta l'Italia, è con l'industria della surgelazione che ha attraversato gli oceani. Romano e Rino Bindi allargano negli Anni Settanta l'aziendina del padre Attilio, toscanaccio di Chiesina Uzzanese: lasciano il negozietto di via Larga e ampliano la diffusione del dolce. Crema di uova, Pan di Spagna, cacao, infuso di caffè (e niente mascarpone) nelle 400 mila confezioni surgelate che oggi dalla periferia Est di Milano, accanto all'autostrada del Sole, vanno in Germania ma anche in Gran Bretagna, Stati Uniti e Paesi africani... Al 982.941 di Milano, una voce che ricorda Ornella Vanoni, canticchia su nastro «Tristezza, per favore va' via...»: come? «Con profiterole, Tirami su e Saint Honorèeeee». Il Tirami su va per il mondo, grazie anche al fatto di non essere protetto da nessun marchio di fabbrica. Pochi anni fa, Massimo Alberini, il più grande storico della cucina italiana, era voluto andare a mangiare nella famosa (o famigerata) Bierhalle di Monaco di Baviera, tra quei suoi 500 coperti che un giorno si riempirono delle camicie grigie di Hitler: 80 le voci nel menu. 79 tedesche, una sola italiana, di due parole (senza l'accento sulla seconda). Indovinate qual era? Edoardo Raspelli