Rapporto basato su documenti degli 007: solo una minima parte fu restituita di Fabio Galvano

Rapporto basato su documenti degli 007: solo una minima parte fu restituita Rapporto basato su documenti degli 007: solo una minima parte fu restituita Oro nazista, il verdetto di Londra «E' ancora imboscato dai banchieri svizzeri» LONDRA DAL NOSTRO CORRISPONDENTE L'oro nazista, frutto dei saccheggi nell'Europa occupata, è ancora in Svizzera. Soltanto una minima parte, poco più del 10%, fu restituita dopo la guerra. Un rapporto di 23 pagine, voluto dal ministro degli Esteri britannico Malcolm Rifkind per chiarire la posizione britannica dopo le accuse lanciate da gruppi ebraici americani, implicitamente accusa le autorità di Berna e i banchieri della Confederazione. Basato su documenti del governo e dell'Intelligence britannica, finora in parte segreti, il rapporto rivela che alla fine della guerra c'era in Svizzera oro per un valore di 550 milioni di dollari (ai prezzi d'oggi, oltre 11 mila miliardi di lire), disseminato in oltre 700 conti cifrati. Ma gli Alleati Stati Uniti, Francia e Gran Bretagna - riuscirono a ottenere dal governo svizzero, dopo lunga trattativa, solo 60 milioni di dollari. Dov'è il resto? «Sotto le vie di Zurigo», azzarda con una battuta lo scrittore Frederick Forsyth, che dell'oro nazista aveva fatto uno dei protagonisti del suo romanzo «Dossier Odessa»: «Direi che le cifre indicate dal governo sono pressappoco esatte. Ma tutto è avvenuto molto tempo fa: le tracce si sono raffreddate, i protagonisti sono morti, i banchieri hanno le labbra cucite». Ma qualcuno vuole sapere; e già il ministro Rifkind, che sarà la prossima settimana in Svizzera per altre cose, viene invitato a sollevare la spinosa questione. «La Svizzera ha l'obbligo morale di ripensare a quell'oro e alla vergogna che ne deriva», ha detto il deputato laborista Greville Janner, presidente del Fondo per l'Olocausto. Il rapporto è chiaro. Furono gli stessi banchieri svizzeri a lasciarsi sfuggire il valore dell'oro nazista raccolto nelle loro banche. Secondo gli Alleati, 223 milioni di dollari provenivano dal Belgio, 193 dall'Olanda, 19 dall'Ungheria. Ma quasi tutto l'oro - lingotti, monete, gioielli era stato fuso e ripresentato come oro della Reichsbank. Durante le trattative con la Svizzera, dopo la fine della guerra, gli Alleati non riuscirono mai a dimostrare che si trattava del frutto di saccheggi nazisti, sebbene oro per 88 milioni di dollari avesse ancora marchio belga (contro 415 milioni con marchio tedesco). Fedeli alla loro consegna bancaria, gli svizzeri non mollarono. Furono gli americani a sbloccare la situazione. Anzi ad arrendersi: «250 milioni di franchi svizzeri (60 milioni di dollari al cambio di allora; ndr) sono meglio di niente». Inglesi e francesi non poterono che convenirne. «Nessuna argomentazione degli Alleati - rivela un appunto del Tesoro britannico ha smosso il fermo atteggiamento svizzero. E non c'è nessuna base di diritto che li porti a riconoscere un diritto alleato sui beni tedeschi in Svizzera». Alla fine, nel 1947, i 250 milioni di franchi svizzeri furono versati alla Federai Reserve Bank di New York. Fu la base con altro oro proveniente da Francoforte, in parte andato alla Banca d'Inghilterra - per il fondo comune amministrato dalla Commissione Tripartita per l'Oro. Londra voleva che l'oro identificabile fosse restituito ai legittimi proprietari; ma alla fine fu costretta ad accettare il compromesso proposto da Washington e Parigi, e cioè che fosse diviso fra i Paesi con diritto a riparazioni di guerra. Tanto più che l'oro ritrovato avrebbe coperto solo il 58% delle rivendicazioni. «Non ci sono mai stati patti segreti», afferma il documento. E si scopre che parte di quel denaro è ancora a Londra: 38,5 milioni di sterline (circa 90 miliardi di lire) dovuti all'Albania, ma trattenuti per il rifiuto di Tirana di compensare la Gran Bretagna per le mine nel canale di Corfù che nel 1946 fecero colare a picco un'unità della Royal Navy (44 morti). Altri 36 miliardi di lire restano nella Federai Reserve Bank. Ma sono noccioline, rispetto al tesoro che si è misteriosamente inabissato fra i conti cifrati dei banchieri svizzeri. Fabio Galvano Forsyth, l'autore di Dossier Odessa: «Dov'è finito? Sotto le strade di Zurigo» x / Lingotti nel caveau di una banca svizzera e lo scrittore Forsyth x /

Persone citate: Forsyth, Frederick Forsyth, Malcolm Rifkind, Rifkind