Andriessen il «leader » di Giorgio Pestelli
42 Omaggio di Settembre Musica Andriessen il «leader » TORINO. Con l'esecuzione di «De materie» (La materia) di Louis Andriessen all'Auditorium Rai si è chiusa fra la soddisfazione generale la settimana che Settembre Musica ha dedicato al compositore olandese; sebbene priva della dimensione scenica, fornita alla «prima» del 1988 da Bob Wilson, l'«azione teatrale» ha avuto in compenso una vigorosa esecuzione concertistica da parte di uno stuolo di artisti fuori serie: il direttore Reinbert de Leew alla testa clell'Asko Ensemble e dello Schoenberg Ensemble, i membri del Netherlands Chamber Choir, il soprano Susan Narucki, il tenore James Doing, più due attrici recitanti, Gertrude Thoma e la nostra Paola Roman. Come spesso nei ribelli «con tendenze anarchiche» (cosi viene presentato l'Andriessen), all'atto pratico, cioè quello di formare una composizione, si scopre una buona dose di pedanteria culturale: cosa si può immaginare infatti di più accademico di un contrasto fra la materia e 10 spirito? Ma è un fatto che forme dilatate e lungaggini possono non essere più tali quando dal puro ascolto si passi alla scena, specie se a dirigerla c'è un maestro dell'essenzialità come il Wilson; inoltre il peso didattico del tutto si riscatta quando «La materia» diventa una parabola della «materia sonora». La gl'anele composizione si divide in quattro pannelli: il primo, dedicato all'epopea navale dell'Olanda, presenta 11 testo più lungo, smaltito però rapidamente dal coro che adotta lo stile espositivosillabico dell'ultimo Stravinskij (vedi «Il Diluvio»); l'orchestra lavora su note singole, quasi in stile puntinista: ma sono punti che pesano come macigni. La seconda parte conquista subito: il soprano intona le parole della Settima Visione di una poetessa olandese del XIII secolo su una melodia medioevalizzante, raggiungendo rapimenti di schietta natura lirica; intanto il coro si attesta nella zona acuta con una alonata, sinistra dolcezza, mentre le ance più basse (fagotti e clarinetti bassi) muovono il quadro con inquieti, famelici frammenti. Il quintetto dei sassofoni e la chitarra bassa prestano all'episodio dedicato a Mondrian la voce più moderna; l'ultimo brano (sonetto di Willelm Kloos) è tutto cotruito come un movimento di sistole-diastole che si allarga fino a dimensioni gigantesche, impressionanti; poi sgattaiola un po' sentimentalmente sul diario di Madame Curie, cui spetta l'arduo compito di concludere il tutto. L'insieme è imponente, ricchissimo. Il moderno si accontenta di poco, diceva Valéry; il post-moderno non ne ha mai abbastanza, e l'età dei consumi non tocca solo noi comuni mortali. Andriessen raccoglie oggetti di ogni genere dall'America e dall'Oriente, ma sa come rifonderli nel vitalismo sanguigno della terra da cui è zampillato Eulenspiegel, il Gargantua fiammingo. Certo, è musica che chiede di crederci, di essere accettata in blocco; ma la richiesta è fatta senza bellicosità, anzi con una simpatia difficilmente resistibile. Giorgio Pestelli Louis Andriessen: si è conclusa la «sua» settimana a Settembre Musica
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