«io e la democrazia»
LONGANESI «io e la democrazia» Ordine e sicurezza, che noia Scocca l'ora di Madame Bovary ]giorni passano lesti, soprattutto in tempi di democrazia, perché la democrazia ha il grande merito di non temere il tempo e di sperare nell'avvenire, in un avvenire generico, senza date fisse, al contrario delle dittature, le quali hanno sempre le ore contate e vivono in un clima affannoso, costrette a far piani quinquennali o decennali, cioè a prenotare un successo, a stabilire una mèta per rincuorare chi ubbidisce. La democrazia borghese, insomma, non crede nei miracoli e, quando è saggia e scettica, cerca di tenere lontano il più possibile il giorno del suo completo trionfo. Essa affida le sue riforme alla burocrazia, le sue crisi al Parlamento, le sue aspirazioni ai generali; e burocrazia, Parlamento e generali sono le àncore di salvezza dello Stato democratico, le sole tre forze veramente conservatrici del Paese, le sole istituzioni che vivono di grandi manovre senza mai fare la guerra. In questo clima felice e bonario, che toghe ogni asprezza alla lotta politica e assicura libertà e ordine, i giorni, ripeto, passano presto e non si porge attenzione a quel che accade, perché non accade nulla d'insolito. Ma, a lungo andare, l'ordine e la sicurezza finiscono con l'annoiare; a lungo andare la normale amministrazione politica, 0 consueto tran-tran parlamentare, il bonario vivere democratico destano la critica, l'insofferenza, l'uggia, la ribellione nel pubblico, e nasce quel clima di noia domestica in cui uno dei due coniugi finisce per scegliersi un'amante. Scocca l'ora di Madame Bovary. I borghesi sbadigliano; i giovani arricciano il naso; i veterani borbottano; gli operai miagolano; gli attori lanciano frizzi dal palcoscenico; i professori sonnecchiano; i giornalisti spuntano i pennini; gli anarchici strizzano l'occhio; gli intellettuali bisbigliano. Che cos'è accaduto? Nulla, nulla, sempre nulla. Tutta la nazione stacca i fogli del calendario con indicibile uggia. E' l'ora di Madame Bovary, l'ora dello spleen politico. La minoranza vitale, nervosa e sentimentale, la minoranza che legge i giornali umoristici, la minoranza cittadina che possiede la Vespa, la minoranza che vive la vita nazionale e va al cinema, la minoranza che ha letto Kravceriko o Via col vento, la minoranza che beve l'americano, che andrà in villeggiatu¬ ra fra un mese, è colta, com'essa è solita dire, da uno «strano disagio». E' il disagio di Madame Bovary. Il «disagio spirituale» che si affacciò in Italia prima della guerra in Libia e che Giolitti placò con la conquista di Tripoli, e che riaffiorò nel 1914; è la noia deU'ordine, del «vecchiume», il desiderio del «nuovo», di evasione, di epica. A rileggere le riviste e i giornali che vanno dal 1900 al 1914, si scopre 0 continuo lamento di una vita monotona senza ideali, e il desiderio accanito di «rinnovarsi o morire»: Papini, Prezzolini, Soffici, Borgese, Croce, Gentile, Pareto, Salvemini additano sulla Voce, per anni, la noia di una vita senza slanci, piatta e vile; ed erano, quelli, anni felici e prosperi, nei quali le uova costavano un soldo l'uno. Era lo spleen di Madame Bovary. E l'Italia si trovò un amante, Mussolini. Oggi, lentamente, ci avviamo nella stessa strada: gli sbadigli appaiono su molte bocche e si intravede il desiderio di epica. I recenti funerali dei disgraziati campioni del Torino, quel dolore collettivo, quel trasformare un grave fatto di cronaca in un avvenimento nazionale, non è, forse, una prova del vasto desiderio di epopea, di mistica, di pathos che serpeggia nella minoranza vitale? E tutti i partiti, tutti gli uomini politici non seguono anch'essi, da Togliatti a Bonomi, questa inclinazione collettiva all'orgasmo? E tutti i nostri intellettuali, dai liberali ai comunisti, non cercano forse di spiegare al prossimo che la nostra vita politica è arida, che il nostro regime ci soffoca, che al nostro governo manca un mito? Con la firma del Patto Atlantico, l'Italia si è assicurata un periodo di pace, ed il pericolo comunista sembra ora lontano, ma ecco che già si sbadiglia e si langue di spleen. Ebbene, a dispetto dei liberali, dei socialisti, dei laburisti, a dispetto dei cristiano-sociali, a dispetto dei progressisti, ecco che si annuncia il ritorno dell'epica; dopo tanto discorrere e scrivere del doveroso ritorno alla ragione, dopo tanto illuminismo, dopo tanto marxismo, dopo tanti congressi e tante sottili selezioni politiche, ecco che il msi e i monarchici prendono piede. Non si tratta di idee, si tratta di bandiere, e gli italiani, diceva Nievo, seguono più la bandiera che le idee (...). Oh, non dubitate! Ne vedremo di nuove bandiere seguite da moltitudini, e resteremo a bocca aperta, dicendo fra noi: «Chi l'avrebbe mai detto che quello sciocco, con quattro parole dette e casaccio, sarebbe riuscito...». E la gente ripeterà a De Gasperi quel che disse a Giolitti: «E' un arido»! Ma preghiamo Dio che ci conservi l'Arido. Leo Longanesi Zolfo, giornali e genio di un folletto dall'umor nero Fotografie, quadri, disegni, grafica: tutte le «visioni» di un'arte che per Montale era fatta «più di risentimenti che di sentimenti»
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