Perugia: scontro tra accusa e difesa per un interrogatorio del pm all'ex boss prima dell'udienza «Pecorelli ucciso per aiutare Andreotti» di Giovanni Bianconi

Perugia: scontro tra accusa e difesa per un interrogatorio del pm all'ex boss prima dell'udienza Perugia: scontro tra accusa e difesa per un interrogatorio del pm all'ex boss prima dell'udienza «Pecorelli ucciso per aiutare Andreotri» Buscetta attacca, poi non risponde ai legali del senatore PERUGIA DAL NOSTRO INVIATO Dopo quasi sei ore di interrogatorio, quando tocca alla difesa di Andreotti, la voce di Tommaso Buscetta si fa roca, debole: «Signor presidente, io mi sento male, ho la pressione bassa, non sono disposto a continuare stasera». Quella dell'avvocato Coppi, invece, s'infiamma: «Ah sì? Quando si trattava di accusare il senatore Andreotti ha parlato per dodici ore di fila, e adesso dice che non ce la fa più?». Il pentito ribatte: «Avvocato, lei mi sembra come quei poliziotti che interrogavano con la lampada in faccia, e andavano avanti finché uno non confessava... Io in questo momento non ce la faccio a parlare, chiamate un dottore e verificate. Domattina risponderò a tutte le domande che vorrete». L'avvocato insiste: «Perché lei nel 1984 tentò il suicidio?»: «No, sono stanco». E Coppi: «Quest'atteggiamento è un'offesa alla corte e a tutti noi». L'udienza si interrompe, la corte d'assise si ritira, poi torna e rinvia a stamane. Ma nel frattempo è scoppiato l'ennesimo «giallo», che non manca mai quando c'è di mezzo «don» Masino. Nei pochi minuti in cui ha a disposizione il testimone l'avvocato Coppi, punta di diamante della difesa Andreotti nel processo Pecorelli come in quello palermitano per associazione mafiosa, incalza Buscetta: «In questi giorni ha incontrato il pubblico ministero Cardella?». «Sì». «Avete parlato anche di fatti riguardanti l'omicidio Pecorelli?». «Sì». «Anche dell'udienza di oggi?». «Non ricordo». «(Abbiamo una memoria labile, eh?». «Sono stanco... Comunque no». Prende la parola il pm Cardella: «C'è stato un interrogatorio, esiste un verbale». Ed ecco, bell'e confezionato alle sei e mezzo di sera, il «giallo»: di che hanno parlato Buscetta e Cardella? Che urgenza c'era di sentire «don» Masino alla vigilia dell'udienza? Perché il verbale non è a disposizione delle parti? Accusa e difesa si scontrano: non c'è niente di strano, è un'interrogatorio su fatti recenti e al momento opportuno sarà consegnato; no, è uno scandalo, «quel verbale è stato occultato», come insinua l'avvocato Taormina. Alla fine la corte d'assise chiude il «giallo» stabilendo che l'operato della procura è legittimo, é che il verbale può anche non essere depositato. In ogni caso, il nuovo interrogatorio di Buscetta riguarderebbe l'incontro con l'avvocato Schoenbach, difensore statunitense di Badalamenti, e altri episodi che «don» Masino chiarisce in aula rispondendo alle domande dei pubblici ministeri Cardella e Cannevale. Per la prima volta dal 1984 il «principe dei pentiti» viene ascoltato in veste di semplice testimone e non più di «imputato di reato connesso»: è obbligato a dire la verità, come un cittadino qualunque, pena l'incriminazione. «Don» Masino non si scompone, e con tono deciso conferma le sue accuse ad Andreotti per l'omicidio Pecorelli, il giornalista assassinato a Poma il 20 marzo del 1979, «su ordine di Stefano Bontade e Gaetano Badalamenti, che dovevano fare un favore ai cugini Nino e Ignazio Salvo, nell'interesse del sena¬ tore Andreotti. Me lo dissero Stefano Bontade nel 1980 e Gaetano Badalamenti nel 1982». Dietro di lui - che depone senza paravento protettivo, con la faccia abbronzata e i baffi neri, i capelli abbondanti su un vestito color senape - non si scompone nemmeno Giulio Andeotti, che si divide tra la deposizione del suo accusatore e le bozze del libro sui cinquant'anni di Repubblica italiana che uscirà a Natale. Di tanto in tanto alza gli occhi e guarda avanti, per ascoltare Bu¬ scetta che attacca: «Io fino alle stragi di Capaci e via D'Amelio non ho voluto parlare della mafia politica, perché non vedevo che lo Stato italiano aveva veramente la volontà di combattere la mafia... Nel 1992 Andreotti doveva diventare Presidente della Repubblica, se ne avessi parlato mi avrebbero detto che ero pazzo. Me lo dicono ancora oggi... Per me Andreotti era, anzi è, un uomo potente». Il senatore a vita ascolta e si rigetta nelle sue carte. A fine udien- za commenta: «Non mi pare che ci siano novità, queste cose le ho già sentite a Padova (all'udienza di gennaio per il processo di Palermo, ndr) e le ho lette almeno cinquanta volte. Oggi c'è stato il colpo di scena della fotografia, ma nei film di Perry Mason ho visto di meglio». La foto è quella che Buscetta cstrae dalla tasca, si vedono lui e Badalamenti a caccia di daini in Brasile, nel Mato Grosso. Andreotti non riesce a trattenere la battuta: «Che Buscetta e Badalamenti si frequentassero in Brasile nessuno lo mette in dubbio. Che poi fossero nel Mato Grosso o nel Mato Piccolo cambia poco...». Gambiera, invece, se Buscetta risulterà un teste credibile per la corte d'assise, che deve giudicare se Andreotti e tutta la teoria di mandanti intermedi ed esecutori, da Vitalone ai presunti killer Carminati e La Barbera, sono colpevoli o innocenti. «Don» Masino va avanti come un treno, e ripete le cose che dice di sapere come cose certe, «perché riferitemi da uomini d'onore che ad altri uomini d'onore dicono sempre la verità: è questa la regola dentro Cosa nostra». E allora non solo la mafia fece fuori Pecorelli, che dava fastidio ad Andreotti perché probabilmente aveva dei documenti sul caso Moro che gli aveva dato il generale Dalla Chiesa; ma Andreotti conosceva i Salvo che erano mafiosi e lo chiamavano «lo zio»; e sempre il senatore a vita ricevette nel suo ufficio Badalamenti che voleva ringraziarlo per essersi interessato a un processo del boss Filippo Rimi. Insomma, l'uomo più longevo del potere democristiano serviva lo Stato e la mafia al tempo stesso. Andreotti, nel suo completo aviatore, è quasi seccato di dover replicare: «Non ho mai conosciuto i Salvo, né Badalamenti né Buscetta. Se l'osse vera la frase che avrei detto a Badalamenti, che di gente come lui ce ne voleva ad ogni angolo di strada, sarei da ricoverare in manicomio... E poi questa storia che un mafioso non può dire bugie a un un altro mafioso... è una regola che non applicherei nemmeno alle monache di clausura». Buscetta parla di Calò - che ascolta con attenzione - e del boss mafioso La Barbera, che ha preferito non venire e non dover incontrare il pentito. Ricorda i misteri del caso Moro, le trattative segrete con Cosa nostra per arrivare all'ostaggio. Tutte cose che ad Andreotti non risultano: «Mi sembrano offese al generale Dalla Chiesa... Sulle carte di Moro bisognerebbe chiedere a Mario Moretti... Di contatti con la mafia non ho mai saputo nulla». Se ne riparlerà oggi, nel contro-interrogatorio. Giovanni Bianconi

Luoghi citati: Brasile, Capaci, Padova, Perugia, Taormina