« Dio era federalista»«L'ironia del senatur non devono temerci» di Fabio Poletti

« « Dio era federalista» L'ironia delsenatur «Non devono temerci» LEGNANO (Varese) DAL NOSTRO INVIATO «Il cardinal Martini ce l'ha con la Lega? Pace e bene». Davanti alle telecamere di Antenna 3, davanti ai 500 che sventolano bandiere, innalzano fiocchi rosa, chiedono autografi e lo chiamano a gran voce, Umberto Bossi allarga le braccia e manda il suo saluto al cardinale di Milano. Niente polemiche, questa sera. Niente muro contro muro a 4 giorni dalla festa del Po e a sette dal giuramento a Venezia, per la Padania che nascerà. Sceglie la linea morbida, Bossi. Convinto che solo questa - oggi - possa portare un milione di persone, o due, o tre sul «grande fiume». Ma le polemiche continuano, gli attacchi vanno avanti, anche il cardinale adesso ci si mette di mezzo aprendo a concetti come integrazione, che non fanno rima con secessione. «Ma anche Dio era federalista, padre, figlio e Spirito Santo», ironizza Bossi. Ma poi in diretta tv offre il suo ramoscello d'ulivo: «La Chiesa non deve temere nulla dalla Lega, siamo disposti a trattare su qualsiasi cosa: dalla scuola a tutto il resto. La Chiesa non deve lamentarsi, il nostro fine ultimo è la solidarietà, ma non quella che si chiama assistenzialismo». Buonista, Umberto Bossi. Sorrisi e battute, ma non troppo. Non quando si parla di Di Pietro, il «De Pietrus che si è messo a fare politica quando ancora indossava la toga, quel grembiulino nero che è l'ultimo baluardo dello Stato centralista». Allora è d'accordo con Romiti, con il presidente della Fiat che a Cernobbio ha bacchettato il ministro? Sghignazza, Bossi: «Ma glielo dissi che avevano sbagliato uomo puntando su di lui... E anche Romiti che adesso ha capito, domenica mi ha detto: "Bravo, Umberto"». Bravissimo, lui, davanti alle telecamere, al giornalista Gigi Moncalvo che lo incalza - ma non troppo - e al suo pubblico che si alza in piedi, sfoggia camicie verdi e messe in piega per l'occasione. Alle 20 e 33, quandossale sul palco, vien giùil teatro. h L'ultimo a stringergli la mano è Alessandro Cocco, artigiano di Cornate Olona, 6 mila presenze in tv certificate dal Guinness, foto col Papa, foto con Reagan e con Castagna. Pure con Merola? «Massi, che è un amico come Sabani che mi ha abbracciato tanto quando gli è capitata quella brutta storia», dice lui. E si unisce al coro degli «Umberto, Umberto, Umberto». Vabbè che gioca in casa, il leader del Carroccio. Varese è dietro l'angolo^ cuore del cuore della Padania. «Proprio qui dove abbiamo candidato la Pivetti, che invece voleva andare a Bergamo, che là sono tutti cattolici e l'avremmo persa senza poterla controllare». Questa - per dovere di cronaca - è l'unica frase dedicata all'ex presidente della Camera, vaporizzata in tre giorni d'agosto e adesso nemmeno un consiglio federale per sbatterla fuori. Che non c'è tempo, che non vogliono polemiche, che il Po è vicino. «Sì, ma la mia avventura verso il Po non comincia oggi», dice al mattino Bossi, che si presenta a sorpresa all'inaugurazione della piazza rifatta davanti alla stazione Centrale di Milano, dove adesso ci sono 900 rose, qualche senza tetto in meno, e un gruppo di politici che svaporano quando arriva il leader del Carroccio. Che spiega: «La mia avventura verso il Po è cominciata tanti anni fa, quando il grande popolo ha deciso di liberarsi e di andare verso l'indipendenza. Milano sarà il caposaldo finanziario della Padania. Ben venga Napolitano, che oggi per lui è come essere all'estero. Ma non chiedetemi cosa succederà dopo il 15 settembre, deciderà il popolo. Se starò ancora in Parlamento, a Roma? Vedrò, tempo al tempo». Fabio Poletti »

Luoghi citati: Bergamo, Cernobbio, Legnano, Milano, Roma, Varese, Venezia