Il parroco «scarica» Bossi

«Umberto, pessimo comico» Il parroco «scarica» Bossi // mea culpa dei preti leghisti CATTOLICI E PADANIA MILANO E ANCHE don Corrado Fioravanti si dice più leghista. Quattro anni fa s'era innamorato di Bossi e della Pivetti a Pontida e benediva i loro comizi con Pater e Gloria. Lo chiamavano il parroco del Carroccio. Ma adesso, dopo il «giochetto» del ribaltone e lo sbandieramento secessionistico, che può dargli la Lega? «Sono «nauseato». Don Corrado è a letto nell'ospedale di Cernusco un giorno sì e uno no per la dialisi. Malatissimo, don Corrado, 77 anni, ex archeologo e prete scomodo, «ribelle e ubbidiente». Fondatore del movimento Fraternità, a Pioltello, un chilometro dal suo letto, ha messo su una comunità con 350 immigrati e handicappati. E ha varato quella che definisce l'Università del lavoro, dove insegna un mestiere agli emarginati. La Lega era per lui il popolo che si muove, che si scrolla egoismi e ruberie e marcia verso la verità. Come la de di cinquant'anni addietro. Ma adesso... «Non vedo nulla, è buio». Finita anche l'amicizia con la Pivetti: «La incontrai dopo l'elezione a presidente della Camera. "Non ti gonfiare", le dissi. Rimase gelata. Da allora non ci vediamo più. Pensare che l'ho aiutata: nel '94 Bossi l'aveva bocciata, esclusa dal collegio elettorale. Lei piangeva. Mi sono interessato ed è tornata in lista». E se la Pivetti le telefonasse? «M'è venuta voglia di far pace: se mi chiama, se viene a trovarmi, l'accetto». La passione non è spenta del tutto. Di preti leghisti «ce ne son pochi - dice don Corrado -. Stanno rintanati perché dall'alto del mondo cattolico quasi ogni giorno piovono sulla Lega diffide e condanne». Venerdì si son mosse pure la Caritas e Pax Christi. Ci si chiede: come vivono questo momento non i pochi don Corrado, ma i molti preti non leghisti? Come mettono assieme riserbo pastorale e impegno antibossiano? A un primo sguardo, l'esercito dei parroci attende ben schierato il raduno leghista di domenica sul Po. Dicono tutti: cari fedeli, di secessione non se ne parla neppure, noi siamo per il federalismo so- lidale del cardinal Martini, Bossi vergognati. E Bossi non è più senatùr ma «dittatùr», come l'ha ribattezzato don Dionisio Rossi, parroco a Cusignana vicino a Treviso. Don Dionisio è rotondo (nelle parole), ma battagliero. Fra le polemiche naviga sicuro. Dirige il settimanale diocesano La vita del popolo, nato 104 anni fa in difesa dei contadini condannati all'usura e alla pellagra. Proprio sulla Vita del popolo don Dionisio ha scatenato un piccolo putiferio pubblicando un editoriale contro le «ambiguità» della Lega. Gli ha risposto con il documento «Fede e politica» Fabrizio Comencini, segretario nazionale della Liga Veneta. Ma mica è soddisfatto, don Dionisio, che torna alla carica nell'ultimo numero. La Lega è per lui affetta da serpeggiante anticlericalismo perché ha invitato la gente a non versare l'otto per mille, e a Montebelluna arriva a parlare di «monarchia ecclesiale». E poi questa storia del dio Po e delle preghiere da rivolgergli, beh, qui siamo addirittura a una «religiosità pagana». E che bizzarria è mai la proposta che i Paesi ricchi devono «adottare uno o più Paesi in via di sviluppo»? «Adottare? Ridicolo», tuona quieto don Dionisio. Ma in concreto, lei, don Dionisio, come si regola coi parrocchiani leghisti? «Dico: "Se sei cristiano, devi discutere alcuni punti della Lega e farla cambiare"». Qui ha qualcosa da raccontare anche un altro parroco, Marcello Toniolo, che sta a Zermeghedo nel Vicentino, un paese di 1300 abitanti ben noto al sociologo Ilvo Diamanti perché già nell'83 sguainava un 11% di Liga Veneta: un paese-spia, che anticipa i fenomeni. Don Marcello si rivolge dunque in que¬ sto modo ai parrocchiani: «Voi siete liberi, però votate persone responsabili». Cioè non votate Lega? «Non lo dico così apertamente», risponde soave. E aggiunge che fino a ieri la Lega aveva «buone intenzioni» e che la sua protesta era «intelligente e logica» perché sosteneva che ci vuole più autonomia, che le cose bisogna farle senza più tante ciance, che le tasse son troppe e altro ancora. «Ma ora con Bossi e la secessione e le camicie verdi e le parolacce, i leghisti vanno fuori strada e perdono molta gente, che si è intiepidita. Il 60% a Zermeghedo la Lega non l'avrà più». Che nella Lega ci sia stato e ci sia del buono, viene detto da più pulpiti. I parroci ricordano che loro la vita della loro gente la condividono: ascoltano tutti e sono amici di tutti. E anche se non è più come una volta, quando i fedeli riempivano di più le chiese e si consigliavano pure su chi votare, è inevitabile parlare di politica: perfino i più discreti e rispettosi fra loro qualcosa di concreto devono pur dire. «La Lega deve cambiare, ma senza perdere la spinta rivoluzionaria», suona l'auspicio di don Dionisio. «Se Lega vuol dire amministrare meglio, ci sto», ammette don Mansueto Fasani, parroco a Pieve Porto Morone, due passi dal Po vicino a Pavia. E quale politico può interpretare questa Lega buona contrapposta alla Lega cattiva di Bossi? La Pivetti? «Per me la Pivetti ha ragione», risponde netto don Marcello. La Pivetti aleggia un po' dovunque, nelle parrocchie. Nel circuito delle pubblicazioni diocesane è ben presente: La vita del popolo pubblica persino una sua intervista, anche se don Dionisio chiarisce che non è suo «tifoso». Una conferma sull'intiepidimento degli elettori leghisti viene da padre Livio Fanzaga, non un parroco ma un superparroco: ogni mattina a Erba commenta i giornali a Radio Maria, che ha inventato dieci anni fa e raggiunge i tre milioni d'ascoltatori fra le sei e le nove. Padre Livio è una potenza: riceve da trenta a quaranta lettere al giorno; solo lui, perché alla radio ne arrivano dieci volte di più. «Tutte le volte che criticavo la Lega, dal pubblico mi arrivavano lettere risentite racconta -, Quando adesso dico "attenzione, i cattolici non devono seguire gli errori della Lega", non ricevo più neanche una parola contraria». E quanti saranno domenica sul Po? «Molti», prevedono i parroci. Ma secondo don Marcello da Zermeghedo, «andranno con l'animo della sagra, non della riscossa e della rivoluzione». Claudio Altarocca «Le nostre comunità chiedono soprattutto più normalità» «La Chiesa non accetta modelli che escludono gruppi o aree» ossi isti Uff Il cardinale ''di Milano Carlo Maria Martini

Luoghi citati: Erba, Milano, Montebelluna, Pavia, Pieve Porto Morone, Pioltello, Pontida, Treviso