Londra: fermate Liam Neeson «Michael Collins non va nelle sale» di Lloyd GeorgeFabio Galvano

Londra: fermate Liam Neeson Londra: fermate Liam Neeson «Michael Collins» non va nelle sale LONDRA. A Venezia gli applausi, a Londra le polemiche. Perché «Michael Collins», il film sul patriota irlandese che negoziò con Lloyd George e con Churchill l'indipendenza del suo Paese, non fa l'unanimità in tema di correttezza storica; tant'è che la Warner avrebbe in animo, per motivi di prudenza politica, di far slittare la distribuzione nei cinema inglesi già fissata per il mese prossimo. Non c'è bisogno di una nuova biografia di Collins, che sarà pubblicata nelle prossime settimane, per ricordare che fu lui l'«inventore» del moderno terrorismo irlandese; anche se, come dice difendendosi il regista del film, Neil Jordan, «la storia ci ha insegnato un'altra volta che il terrori¬ sta di ieri è lo statista d'oggi». E non c'è bisogno degli storici - basta l'attenta biografia di James Mackay - per confutare la tesi vagamente suggerita nel film, che l'imboscata mortale in cui Collins morì nell'agosto 1922 durante la guerra civile irlandese fosse stata decisa da Eamon De Valera, futuro presidente irlandese ma a quei tempi leader della fazione contraria al trattato concluso da Collins. Tutte le verità sono ostaggio della politica. Persino quelli che sono in fondo gli aspetti più umani - in questo caso la relazione con Kitty Kiernan, nel film l'attrice Julia Roberts - vengono travisati. «Elettrizzante», viene definita da Hollywood quella storia d'amore. «In realtà quasi compiutamente subordinata alla politica», scrive Mackay nella sua biografia; anzi, «alla fine distrutta dalla tragedia della storia irlandese». Il fascino di Liam Neeson tiene testa a quello del personaggio: ma porta con sé anche un'aria da gradevole «uomo di mondo» che il Collins campagnolo certamente non aveva, imbarazzato e sprovveduto nei salotti eleganti e nelle alcove di Londra. Storia riscritta dal cinema? Il regista Jordan dice di avere trascorso notti insonni proprio per evitarlo: «Volevo, senza ucciderla drammaticamente, che la trama fosse accurata al massimo. Collins non sarebbe mai un sostenitore del terrorismo contemporaneo. Era un soldato, uno stati¬ sta e, alla lunga, un uomo di pace». Il vero problema è che la maggior parte del film è straordinariamente fedele alla verità storica, consentendo quindi di «innalzare una pericolosa falsità su solide fondamenta». Insomma si teme che, dato in pasto a un pubblico cinematografico non troppo accorto, il film finisca per «porre la presenza britannica in Irlanda sullo stesso livello morale dell'occupazione nazista in Francia». E in pili bisogna aggiungere il fascino di Neeson. Certo questo contribuisce, secondo i critici, a dare una patina di accettabilità anche al massacro dei 19 agenti segreti britannici della cosiddetta «banda del Cairo», nel novembre 1920. Alla brutalità britannica, secondo il «Daily Express» giustamente sottolineata nel film, non corrisponde un analogo trattamento per quella dei patrioti irlandesi. Né all'attento studio delle motivazioni politiche e personali di Collins corrisponde un'analisi dei problemi e delle esigenze dell'Ulsterman protestante. La storia di una nazione e di un Paese non è facile da concentrare in due ore di pellicola. Tanto più quando il dramma di ieri è per molti versi il dramma d'oggi. La sollevazione della Pasqua 1916 - l'inizio del film - e la brutale repressione dell'esercito britannico esaltano lo spirito dei ribelli ma celano (nel film) il disgusto popolare, cattolici e protestanti, per un gesto che poclii capirono, tant'è che una folla insolente fece ala ai capi arrestati. Né viene spiegata la rabbia inglese, aumentata dall'aperta alleanza dei ribelli con la Germania del Kaiser proprio mentre i soldati britannici cadevano sui campi insanguinati delle Fiandre e di Verdun. Non basta il fascino di Liam Neeson a temperare generazioni di odio. Fabio Galvano li popolo del cinema torna a casa Il Lido lancia film di pochi minuti: «Sono belle poesie, ma io scrivo romanzi», dice Salvatores Liam Neeson nel film vincitore a Venezia: «Michael Collins» di Jordan Sopra: Elena Sofia Ricci protagonista di «Esercizi di stile»