I missili non fermano la guerra curda

Perry: l'America non interverrà i nostri veri interessi sono a Sud Il Pentagono: «Stavolta non abbiamo prove di un coinvolgimento dei soldati del Raiss» I missili non fermano la guerra curda Le milizie filo-irachene avanzano su Sulaymaniah NEW YORK NOSTRO SERVIZIO Le battaglie continuano nel Nord dell'Iraq abitato dai curdi, ma questa volta gli americani si dicono intenzionati a restarne fuori perché «non ci sono prove» che ai combattimenti stiano prendendo parte anche le truppe irachene. Dopo avere preso Irbil con il loro aiuto, ieri le forze del Partito democratico curdo hanno espulso i loro rivali dell'Unione patriottica curda anche da Degala e da Kuysaniaq, due città a 20 e 30 miglia ad Est, e adesso stanno puntando verso Sulaymaniyah, ancora più a Est, che è l'ultima roccaforte dell'Unione patriottica. Le fonti di ambedue le parti concordano sulla sostanza di ciò che è avvenuto, e cioè che il potere a Degala e a Kuysaniaq è cambiato dopo aspri combattimenti (nessuno dice nulla sul numero delle vittime); ma su una cosa c'è un contrasto stridente: il Partito democratico dice che le truppe irachene sono rimaste completamente estranee all'operazione, mentre l'Unione patriottica dice che sono stati principalmente i carri armati e l'artiglieria pesante di Baghdad ad aprire la strada ai loro rivali. Il governo di Saddam Hussein tace e in pratica di fonti indipendenti non ce ne sono. Un funzionario dell'Orni presente a Irbil ha detto che gli assalti sono stati compiuti dalle forze del Partito democratico e da «alcune» truppe irachene, ma non ha potuto essere più preciso perché la violenza dei combattimenti gli ha impedito di recarsi sul posto. Il Partito democratico curdo ha anche detto che la nuova offensiva è stata lanciata perché quelli dell'Unione patriottica, approfittando del controllo che avevano dell'impianto idroelettrico di Dokan Dam, vicino a Dengala, avevano bloccato l'erogazione di elettricità e di acqua potabile a Irbil, i cui abitanti, circa un milione, stavano avendo «seri problemi igiemci». Indicando la caduta anche di Sulaymaniyah come ormai prossima, l'Unione patriottica curda ha lanciato un appello per un «urgente e decisivo» aiuto da parte degli americani per bloccare «questo massacro del popolo curdo da parte degli iracheni, che usano dei mercenari come foglia di fico»; ma a Washington, si diceva, almeno per il momento sembrano poco intenzionati a raccogliere quell'appello. Ieri, in trasmissioni televisive dedicate a ciò che sta accadendo sono intervenuti sia il generale John Shalikashvili, il capo di stato maggiore, sia William Perry, il segretario alla Difesa, e tutti e due hanno detto di non avere prove che le truppe irachene siano impegnate nei combattimenti. In questo momento, ha detto Shalikashvili, nella zona ci sono «pochissimi» soldati iracheni. «Ci arrivano rapporti che parlano di qualche centinaio qui e qualche centinaio lì. Per cui siamo convinti che siamo nell'ordine delle centinaia, non delle migliaia», ha insistito il capo di stato maggiore; ma se dovessero spuntare le prove di un maggiore coinvolgimento iracheno, «non staremmo con le mani in mano», ha soggiunto. Ancora più esplicito il segretario alla Difesa Perry. «La mia idea - ha detto - è che gli Stati Uniti non debbano essere coinvolti nella guerra civile in corso nel Nord dell'Iraq». Secondo lui l'attenzione di Washington deve concentrarsi «dove sono i nostri veri interessi», e cioè la salvaguardia dei vicini dell'Iraq: la Giordania e i grandi produttori di petrolio Arabia Saudita e Ku- wait. A questo scopo, i 44 missili lanciati nei giorni scorsi contro le installazioni irachene sono considerati per il momento sufficienti, ma Shalikashvili ha anche detto di avere «alcune indicazioni» che Saddam Hussein intenda riparare quelle installazioni. Se davvero lo farà, «le conseguenze cui va incontro gli sono già note», ha concluso il capo di stato maggiore. Insomma, contro i curdi dell'Unione patriottica, alleati agli iraniani, Saddam ha una specie di via libera, ma se minaccia di nuovo la via del petrolio saranno dolori. Franco Pantarelli Perry: l'America non interverrà i nostri veri interessi sono a Sud Franco Pantarelli Un blindato iracheno nei pressi della città curda di Irbil (foto reuter]

Persone citate: Franco Pantarelli, Franco Pantarelli Perry, John Shalikashvili, Saddam Hussein, Shalikashvili, William Perry