« II vero Nord siamo noi»

D'Alema: Umberto, un pallonaro « II vero Nord siamo noi» D'Alema: Umberto, un pallonaro IL SEGRETARIO ALLA FESTA DELL'UNITA' AMODENA BBASSO la Padania, l'Etruria e la Terronia. Viva il Nord-Ulivo e, sempre-ecomunque, viva l'Italia. Massimo D'Alema si fida talmente dei suoi compagni che prima di volare a New York lascia sul tavolo, in bella vista, il compitino già scritto per la prossima settimana, quando Bossi navigherà sul Po e lui invece sarà perso in qualche ingorgo di Manhattan e non avrà tempo per certe miserie, né per dettare le contromisure al telefonino. Così eccolo in piedi, sul palco della festa dell'Unità, davanti a cuochi festanti e ragazzuole dell'età della lotti, col microfono in mano come Sinatra o Aznavour ma soprattutto come il principe degli chansonniers politici Silvio Berlusconi, a lanciare con dieci giorni d'anticipo il suo proclama antisecessionista, abbozzato su cinque foglietti svolazzanti su cui ogni tanto getta un occhio accigliato. «Creo problemi alle telecamere se mi alzo?», domanda il babbo autocrate del pds, rivolto alle adorate e adoranti televisioni. Ma figuriamoci, maestà. Facci pure. Parlerà per quasi un'ora, senza muovere un muscolo facciale (il celebre ghigno, evidentemente, apparteneva alla fase della conquista del potere ed è stato archiviato), ma nemmeno una gamba o un mocassino: immobile, ritto, implacabile e lievemente noioso, come un presentatore di premi letterari o un battitore d'asta. «La Padania non esiste. Non è mai esistita. Esistono i Comuni e quindi si muovano, come ha detto bene Cacciari. Siano i sindaci del Nord a chiedere una manifestazione a favore del federalismo e noi la appoggeremo. Quanto a Bossi, lo informo che in questo Paese nessuno può dichiarare l'indipendenza. Di altro non mi occupo: c'è già chi ha il compito di difendere con ogni mezzo la legalità». Applausone armato. E' la prima volta che il D'Alema di governo può concedersi un bagnetto di folla in una festa nazionale dell'Unità, cioè nel luogo che la tradizione comunista ha creato a questo scopo prima che Veltroni si mettesse a battere l'intera penisola alla ricerca di affetto, inflazionando il rito. D'Alema invece, compagno vero, resta fedele alle abitudini: l'omaggio un po' distante del popolo, che gli dà del tu ma lo acclama con soggezione; il suo saluto a mano aperta, timido e quasi impacciato; il servilismo da regime cambogiano, molto applaudito, del giovanotto che lo introduce sul palco («Era nuvolo, ma il segretario ci ha portato il sole»). E ancora: il lessico a base di «compagne» e «compagni»; e la rissa finale per l'autografo, con i fedeli che in un polveroso parapiglia gli sven- tolano addosso le copie del suo libro «Un paese normale», convinti che l'Italia lo sia, malgrado scene come questa. Eppure ci sono due novità. C'è l'applauso, degno di Wall Street, con cui i volontari della Festa accolgono le notizie sull'incasso delle prime serate: due miliardi e mezzo, 400 milioni in più di due anni fa. E c'è l'emozione forte quando D'Alema rigido e ispirato - passa in rassegna l'esercito dei sindaci, assessori e ministri del pds, per concludere con tono persino romantico: «Adesso abbiamo un bel po' di potere, compagni». Naturalmente «per noi il potere è un mezzo, non un fi¬ ne» e bla bla, però «abbiamo un bel po' di potere, compagni» e che feeling in sala, e che applauso, dopo quella frase sgorgata dal cuore. La visita fuori programma alla festa di Modena, venduta come «un saluto ai compagni dell'organizzazione» e strizzata fra una cena con i capetti dell'Ulivo e l'aereo per New York, non è esattamente un'improvvisata. Uno come D'Alema non improvvisa mai. E non viene qui solo per stringere la mano a baristi e pasticcieri votati alla causa. Al rientro dalle vacanze e alla vigilia della trasferta americana con l'Internazionale Socialista, il segretario-accentratore cercava un palcoscenico adeguato per dettare la sua linea, cioè quella della segreteria, del partito e del governo, a proposito dello show che terrà banco nei prossimi giorni sui mass media nazionali: la Secessiun bossiana. Contrariamente a quello vecchio, il nuovo D'Alema - il Nord-D'Alema - non affoga le iniziative di Bossi nel ridicolo. Non glielo consentirebbe neppure l'educazione, dopo che l'altro lo ha appena definito «un uomo di cuore e di principi», al punto che D'Alema è quasi costretto a contraccambiare: «Bossi è un pallonaro, ma anche lui mi sta simpatico». Ma in politica la simpatia è poca cosa: funzionano meglio i progetti. E i ricatti. Preceduti da un giudizio vagamente di parte: «Bossi ha combattuto bene contro la partitocrazia e Berlusconi, ma adesso che al potere ci siamo noi sbaglia a persistere nel suo drammatico errore. Lo combatteremo senza compassione né tolleranza». Prima minaccia: «Se non torna sulla via del federalismo, usciremo dalle sette-otto giunte in cui siamo alleati». Poi si congeda proponendo l'Emilia rossa come modello di buongoverno e di riscatto per l'intera Padania. «Noi abbiamo dimostrato di saper governare il Nord che ci hanno affidato, non mi pare che della Lega, a Milano, si possa dire lo stesso. Il Nord che produce lo trovate sui viali di questa Festa, non sulle sponde del Po». Finalino un po' retorico per un ghiacciolo come lui: vuoi vedere che è diventato davvero «un uomo di cuore»? Massimo Gramellini «La Padania non esiste. Non è mai esistita Sul federalismo si muovano piuttosto i Comuni» «Ha combattuto bene contro Berlusconi Ma adesso che al potere è l'Ulivo sbaglia a persistere nel suo errore» A destra Massimo D'Alema e, qui sotto, Romano Prodi

Luoghi citati: Emilia, Italia, Manhattan, Milano, Modena, New York