Il mercante di sogni

Arriva il romanzo dello scrittore russo morto nel '34 Arriva il romanzo dello scrittore russo morto nel '34 Il mercante di sogni Vaginov, fame e vizi a Leningrado EDE, io commercio in tutto ciò di cui nessuno ha bisogno. Commercio in ciò che adesso non ha valore, ma in futuro avrà enorme pregio. Commercio in sogni, in cartine di caramelle, canzoni di piazza, gergo della malavita, tutto ciò che non ha peso e sembra non avere nessun pregio nella vita di oggi». Anfertev, cinico alcolizzato, è un commerciante di sogni, si muove in mezzo a collezionisti di cose inutili, cercatori di oggetti superflui. Parole terribili e profetiche, le sue. Perché in realtà sono gli intellettuali di Leningrado all'inizio degli Anni 30, sopravvissuti al loro tempo, superati dalla rivoluzione che li ha resi improvvisamente inutili, quei cercatori. Sono i protagonisti di Arpagoniana, romanzo dello scrittore russo Konstantin Vaginov, leningradese, morto di tubercolosi a 35 anni, nel 1934, poco dopo avere scritto questo ultimo romanzo tradotto ora in italiano dall'editrice Voland. Protagonista della vita culturale della sua città negli anni immediatamente successivi alla rivoluzione, Konstantin Vaginov (in italiano erano già stati tradotti Bambocciata da Einaudi e Le opere e i giorni di Svistonov da Ponte alle Grazie) è l'ultimo cantore del mito di Pietroburgo, ma il suo inno si leva quando ormai i fasti cittadini sono appassiti. Si muove fra riunioni intellettuali (la cerchia del grande critico Michail Bachtin, il salotto delle sorelle Nappelbaum) e incontri letterari (quelli organizzati dal poeta Gumiliov, il marito di Anna Achmatova, prima di essere fucilato dai cekisti nel '21), con la stessa leggera trasparenza dei suoi personaggi. Collezionista egli stesso di scatole di fiammiferi, carte di caramelle e cento altre cose inutili, plana sulla terra russa sconvolta dalla rivoluzione e dalla guerra civile con la levità di un omino di Chagall. Narra quel mondo con parodistica ironia nei romanzi; soprattutto nell'autobiografico Kozlinaja Pesn (Il canto del capro), non ancora tradotto in italiano, dove la cerchia di Bachtin è descritta come un gruppo di intellettuali isolati, in preda a una depressione collettiva, che si adattano a lavorare per il sistema oppure si suicidano (così «il filosofo» sotto le cui spoglie si cela Bachtin). Ma nella vita di Vaginov, nato nella famiglia di un militare di origine tedesca (il cognome Vagenheim fu «russizzato» nel '14 allo scoppio delle ostilità con la Germania), c'è stata, come per molti, la fame durante la guerra civile, ma anche una vita di bohème trasgressiva, esperienze di droga. Le racconta in un affettuoso ritratto Nikolaj Ciukovskij (il fratello di Lidja Ciukovskaja, la biografa dell'Achmatova) nel suo libro di Memorie letterarie pubblicato postumo nel 1989. Ricorda l'autore: «Nella grande casa di una volta, in quello che era stato il loro grande appartamento, (padre e madre di Vaginov) occupavano un piccolo remoto angolo che non abbandonavano quasi mai. Di tanto in tanto la madre, afferrato qualche oggetto di valore, si recava al mercato per venderlo. Qualche volta tornava con un po' di pane. Se per strada si imbatteva in un cavallo morto - cosa che capitava allora non di rado la notte, munitasi di un grande coltello, tornava a tagliare via un pezzo di carne. La fame li oppri¬ meva, ma ancor di più li opprimeva un terrore che non li abbandonava mai». Ma hi questa situazione di fame e terrore il giovane Vaginov gode di una assoluta e imprevista libertà e incomincia a vagabondare senza fine per le strade di Leningrado. E' così che incontra la giovane prostituta Lida, cocainomane, che lo inizia alle esperienze della droga. «A quei tempi sul Nevskij Prospekt - ricorda Cjukovskij - in un seminterrato c'era un grande bagno pubblico. Qui si incontravano, di notte, gli spacciatori. E ogni notte ci veniva Vaginov con Lida a comprare la polvere bianca. Bisognava pagare, e lui dava in cambio le monete d'oro della sua collezione numismatica, stateri di Alessandro il Macedone, tetradracme dei Tolomei. Era diventato cocainomane e non sapeva uscirne. Giustificala la propria caduta con la teoria che la droga è un metodo di conoscenza». Sarebbe morto ancor più giovane, se la guerra civile non lo avesse strappato a Lida, alla cocaina, e scaraventato con l'Armata Rossa sul fronte siberiano. Nell'autunno del 1920 Cjukovskij se lo ricorda già di ritorno dal fronte ai seminari poetici di Gumiliov: «Piccolo, magro, avvol¬ to nel cappotto dell'Armata Rossa, capelli nerissimi, viso severo, intelligente, e nonostante la giovane età quasi privo di denti. Noi tutti sedevamo e lui stava in piedi e leggeva con voce forte e sorda i suoi versi. In quei versi c'era ciò che Mandel'stam definiva "polpa d'uva"». Gli Anni 20 trascorrono in occupazioni letterarie. Vaginov viene accolto nella Gilda dei Poeti di Gumiliov, e poi nell'Unione dei Poeti; frequenta l'intellettualità della capitale sulla Neva: Fedin, Livshiz, Kuzmin, il salotto Nappelbaum. Incominciano a uscire i suoi romanzi. Si sposa, vive del poco che gli passano le Edizioni degli Scrittori di Leningrado: 100 rubli al mese. «Passava le sue giornate nelle librerie antiquarie ricorda Ciukovskij - a leggere autori del Rinascimento italiano o del '600 francese». Poco per volta viene emarginato dalla vita della città. E' allora, alla fine della vita, che concepisce il romanzo // colle zionista di sogni, che sarebbe diventato poi Arpagoniana. Sempre più malato nell'autunno del '33 gli viene data la possibilità di andare a curarsi in Crimea. Ma ormai la tbc ha il sopravvento e Konstantin Vaginov muore alla fine dell'aprile del 1934. Arpagoniana resta in forma di manoscritto e sarà stampato soltanto negli anni della perestrojka nella collezione «1 libri dimenticati». L'autobiografia di una generazione di intellettuali, resi inutili dalla rivoluzione Konstantin Vaginov e, sotto, Anna Achmatova in due foto di Mose Nappelbaum. In basso una veduta di Pietroburgo

Luoghi citati: Crimea, Germania, Leningrado, Pietroburgo, Svistonov