Germania l'ora della potenza di Gian Enrico Rusconi

Un libro di Michael Sturmer Un libro di Michael Sturmer Germania, l'ora della potenza Itedeschi non sopportano l'incertezza. E invece ora è ricomparsa in misura consistente nella politica, nel 1 l'economia, nei rapporti sociali. All'interno assume la forma di una diseguale ridistribuzione dei costi dello Stato sociale. Ma anche all'esterno il progetto dell'Europa politica non risponde più alle attese. In questo quadro, la ritrovata «potenza» tedesca si sta rivelando un'illusione. Un altro motivo di incertezza. Dopo una lunga astinenza che aveva bandito dal discorso politico la parola Macht, da qualche anno scrivere o parlare di «potenza» sembrava produrre un effetto liberatorio. Anche per quegli studiosi per i quali il concetto di «potenza» era semplicemente la ripresa nel linguaggio classico del tema di una nuova responsabilità che la Germania unificata e democratica doveva assumersi nel mondo. Michael Sturmer ha sviluppato consapevolmente questa prospettiva. Un suo recente libro si intitola I confini della potenza. L'incontro dei tedeschi con la storia (Mulino). E' un invito appassionato ai tedeschi perché tengano in considerazione non solo la patologia della potenza, di cui sono stati edotti dalla storia, ma anche la sua necessità, perché abbiano verso la potenza un rapporto responsabile e abbandonino l'atteggiamento misto di «indignazione morale e di astensione politica» che li intimorisce di fronte a situazioni esterne che richiedono l'uso della forza. Sturmer non recede davanti al pathos del «tragico» che classicamente inerisce alla potenza. E per ritrovare il «destino» dei tedeschi riprende il vocabolario politico classico. Entra così nel coro di quella «nuova destra» intellettuale che dopo l'unificazione ha inondato giornali, riviste e libri di slogan e di parole «nazionali» che hanno sollevato sospetto e allarme non solo a sinistra? No. Sturmer non è un neonazionale: è un convinto europeo e un democratico. Politicamente vicino al cancelliere Kohl, vorrebbe che la classe politica tedesca fosse più attiva e consapevole nell'assumere responsabilità in proprio e in nome dell'Europa. Qui sta il punto critico del libro. Sturmer non ha il minimo dubbio che per la Germania sarebbe un errore catastrofico prendere le distanze dall'Europa e dalla sua costruzione politica. «Nel momento dell'unità tedesca si parlò molto in Germania come nei Paesi vicini del fatto che la forza economica del Paese unito avrebbe rotto l'equilibrio europeo. Ma una cosa sarebbe ancora peggiore: il logoramento economico e il permanente indebolimento della Germania». Quella che Sturmer chiama la «seconda chance» per la Germania è in fondo la chance dell'Europa. E' qui che il lettore ha qualche perplessità: non per le buone intenzioni di Sturmer, ma per il suo modo di ragionare. La costruzione e l'iniziativa europea appaiono in lui sin troppo ricalcate sulle esigenze della Germania: anche e soprattutto per quanto riguarda una politica estera comune. Ma proprio qui si sono dovute registrare le delusioni maggiori. Non da ultimo nella crisi jugoslava. E, se i problemi «di potenza» della Germania sono diventati senz'altro quelli dell'Europa, a Sturmer non rimane ora che lamentare l'impotenza europea. E' sorprendente come nella prefazione all'edizione italiana (scritta qualche mese fa, mentre il libro è del 1992), la problematica dell'Europa riproduca quasi alla lettera quella della Germania. «Fino al 1990 l'Europa ha potuto permettersi di non avere una politica estera europea», ma ora «solo conquistando una dimensione attiva in politica estera e di sicurezza, l'Europa può difendere la propria coesione interna e diventare per gli Stati Uniti il partner politico senza il quale non si dà potenza mondiale per l'America né sicurezza per gli europei». Come non condividere questa valutazione generale? Ma Sturmer non sospetta che la sua convinzione della coincidenza degli interessi tedeschi con quelli europei sollevi diffidenze. Non sospetta che il rilancio del progetto europeo come soluzione della questione della potenza tedesca ponga problemi di qualità diversi da quelli tradizionali. La «Germania europea» è la premessa, non la soluzione del problema europeo posto in termini di potenza. Gian Enrico Rusconi