CON L'ESTRO DI VIVALDI E GOLDONI di Sandro Cappelletto
CON L'ESTRO DI VIVALDI E GOLDONI CON L'ESTRO DI VIVALDI E GOLDONI ICEVA Bruno Maderna: «Nella musica veneziana c'è una voluttà, quasi una libidine, del suono, come I c'è nella pittura veneta per il colore». Sotto lo stesso cielo, le stesse acque, gli stessi orizzonti di terra e di mare, convivono Tiepolo e Vivaldi, Goldoni e Benedetto Marcello. La festa sontuosa delle tele di Giambattista rivive nelle immagini e negli effetti - carri del sole e prigioni, regge e temporali che i «pittori delle scene» creano nei 15 teatri attivi nel primo Settecento nella città che è essa stessa teatro, che ha inventato l'arte del «sonar pian e forte», perché anche la musica deve poter diventare scintillio e ombra. Deve illudere, creare, inghiottire prospettive e attese. «Estro» è la parola da non dimenticare: cimento, conflitto tra armonia e invenzione, fertilissima antitesi. Il giovane Goldoni bussa a casa del potente Vivaldi e riscrive per lui il libretto della Griselda di Apostolo Zeno. Dal piano superiore si affaccia Anna Giraud, soprano e scandalosa convivente dell abate don Antonio. Il musicista corre ad abbracciarla, poi bacia il poeta: «Leggete quest'aria, Amia, questo signore l'ha composta qui, senza muoversi, in meno di un quarto d'ora». Ricorda Goldoni: «Il lavoro riuscì a meraviglia. Eccomi così iniziato all'opera, alla commedia e agli intermezzi che furono i precursori dell'opera buffa italiana». Mentre le maggiori famiglie celebrano il ricordo dell'apoteosi propria e della città, le maschere rubano la scena a Semiramide, Artaserse e Catone, la vita vera del «campiello» travolge il mito. Benedetto Marcello pubblica // teatro alla moda, insuperata, malinconica satira sugli eccessi dell'inverosimile. Nel frontespizio, una metafora della città. Un orso imparruccato è in piedi a prua di una barca, a poppa un violinista suona imperterrito, mentre montano le onde della laguna e il vogatore non riesce più a controllare la felice corea di quella navicella destinata alla deriva. Sandro Cappelletto
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