«Non ricordo perché ho ucciso»

«Non ricordo perché ho ucciso» Dopo aver vagato per 14 ore, l'uomo è in stato conlusionale «Non ricordo perché ho ucciso» Genova, si consegna l'uomo della strage GENOVA. Si è fatto arrestare docilmente, mentre si recava a casa d'uno zio, alle due di notte, Giovanni Paterna, 40 anni, l'artigiano che ieri l'altro ha ucciso a fucilate un compagno di lavoro e ne ha feriti altri tre. Dopo la tragica spa- ■ ratoria, avrebbe (ma lui non ricorda nulla) vagato per quattordici ore per la città, senza meta, approdando alla casa del congiunto sotto la quale era appostata una pattuglia di agenti della squadra mobile. Giovanni Paterna ha suonato il campanello ed è stato immobilizzato immediatamente. Non ha opposto alcuna resistenza, sembrava non capire il perché della presenza dei poliziotti. In questura ha detto di non sapere nulla, di non ricordare nulla. Ha riconosciuto le foto dei compagni di lavoro, sia del giovane Antonio Buttigè, che ha freddato con una scarica a bruciapelo, sia degli altri tre rimasti lievemente feriti, ma non ha collegato i volti con la tragica sparatoria. Il capo della Squadra mobile, Guido Marino, ha parlato con il medico specialista di disturbi nervosi che da mesi aveva in cura l'artigiano. Ha avuto la conferma del suo stato confusionale, delle frequenti crisi depressive, causate da una assurda e non giustificata gelosia nei confronti della moglie, che sabato scorso, esasperata, era tornata dalla propria madre. Anche l'episodio degli scherni di cui Paterna sarebbe stato oggetto sul lavoro appare un episodio sfumato. Lo stesso omicida ha detto che «il posto di lavoro era eguale a tutti gli altri» e che si scherzava, ma che «non era importante». Gli inquirenti sono convinti che Paterna non finga. Per davvero la sua mente s'è sdoppiata - sembra che il fenomeno sia relativamente frequente - e adesso l'uomo, chiuso nel carcere di Marassi in attesa di essere interrogato dal magistrato, è come una sorta di spettatore esterno che non sa, non ricorda o non vuole ricordare che cosa sia successo. «Perché litigava con sua moglie?» ha chiesto il capo della mobile. «Non lo so, non me lo ricordo». Del resto Paterna, nonostante i contrasti familiari, non ha mai minacciato nessuno né a casa, né sul lavoro. Né è mai stato violento. Lo hanno confermato sia la moglie, sia i cinque fratelli, sia i colleghi. Certo, possedeva ben tre fucili: il calibro 12 semiautomatico, l'arma omicida, un grosso calibro automatico per la caccia al cinghiale e una carabina flobert. Tutti regolannente denunciati. Le due anni mancanti sono state trovate in un armadietto personale dell'omicida, nella stessa officina di Erzelli dove è avvenuto il delitto, ieri mattina. Paterna credeva che fossero ancora a casa sua. Ha fatto fatica a ricordare. Poi, con uno sguardo privo di espressione s'è fatto condurre in carcere, senza aggiungere più una parola. Paolo Lingua Giovanni Paterna, 40 anni, autore della sparatoria contro un gruppo di colleghi. Nella foto grande le armi e le munizioni trovate nella sua casa

Persone citate: Antonio Buttigè, Giovanni Paterna, Guido Marino, Paolo Lingua Giovanni

Luoghi citati: Genova