La Tempesta replica 17 missili su Saddam
Ma la situazione rischia di sfuggire di mano al Pentagono, Baghdad ignora la «no-fly-zone» Ma la situazione rischia di sfuggire di mano al Pentagono, Baghdad ignora la «no-fly-zone» La Tempesta replica: 17 missili su Saddam Clinton: ora la missione è compiuta WASHINGTON DAL NOSTRO CORRISPONDENTE L'operazione Desert Strike, lanciata lunedì da Bill Clinton come un colpo secco, «strike» appunto, rischia di diventare un pericoloso pantano. Ha cominciato a sospettarlo ieri anche quel 75% di americani che, a botta calda, avevano espresso il loro sostegno al Presidente, mentre dall'Iraq continuavano a giungere notizie di nuovi, sempre più rischiosi, sviluppi militari. Ieri sera il comando militare di Baghdad ha denunciato che «il nemico americano ha diretto i suoi missili contro nostre basi militari e aree civili e una parte di essi hanno colpito la capitale». L'ha riportato, per la Cnn, anche Peter Arnett. Poi il Pentagono ha smentito, Baghdad ha riconfermato. Comunque si è avuta la netta sensazione che la situazione stesse per sfuggire a ogni controllo. All'alba di ieri, inaspettatamente, navi e aerei americani nel Golfo hanno scaricato altri 17 missili «Cruise» su alcuni obiettivi militari che evidentemente non erano stati sufficientemente danneggiati dalla prima raffica di 27 missili. Sono stati i rilevamenti fotografici effettuati dai satelliti a documentare che 5 dei 15 obiettivi militari stabiliti nel Sud del Paese (stazioni radar, postazioni antiaeree, centri di comando e coordinamento della difesa) erano stati mancati. I comandi americani hanno così deciso che era necessario «ripassarli», in modo da rendere più sicuro il mantenimento della zona di «non-volo» appena allargata, dal 33° parallelo al confine meridionale dell'Iraq. Era stato Clinton, lunedì, a stabilire, con una decisione che ha suscitato parecchie perplessità, che la zona di non-volo al Sud doveva essere estesa di un grado verso Nord, arrivando a lambire la periferia di Baghdad. Mantenere una zona di nonvolo è molto più rischioso che lanciare missili teleguidati da 700 chilometri di distanza, soprattutto dopo l'annunciata intenzione di Saddam Hussein di considerare d'ora in poi «non esistenti» quelle «dannate linee immaginarie». Appena Clinton venne eletto presidente Saddam cercò di saggiarne la determinazione con ripetute violazioni delle due zone di non-volo. Clinton fece bombardare postazioni radar irachene a terra e Saddam si mise calmo. Ma se ora la sua aviazione decidesse di condurre delle provocazioni e la sua contraerea inquadrasse ripetutamente i velivoli americani di pattuglia, la situazione potrebbe degenerare velocemente. E il rischio che un aereo americano venga abbattuto o un pilota fatto prigioniero sarebbe altissimo. Lo si è visto proprio ieri. Dopo il lancio della nuova raffica di missili, vi sono stati tre distinti incidenti. Prima un F-16 americano ha dovuto sparare un missile aria-terra «Harm» contro una postazione radar irachena che l'aveva «inqua- drato», preparandosi evidentemente a colpirlo. «La postazione non è più operativa», ha poi annunciato soddisfatto il pilota. In seguito, il Pentagono ha informato di altri due incidenti con altrettanti aerei iracheni che avevano violato lo spazio di non-volo e sono stati inseguiti fino a che non si sono messi al sicuro. A questo ritmo il «Desert Strike» potrebbe velocemente trasformarsi in una guerra su larga scala. E qui Clinton si trova alle prese con un difficile problema che si è in un certo senso costruito da solo. Non potendo più rovesciare la situazione a Irbil, la città curda ormai sotto il pieno controllo degli iracheni, Clinton ha deciso di rilanciare al Sud, estendendo la zona protetta. Ma poiché ha deciso affrettatamente e senza costruire il necessario sostegno internazionale alla sua iniziativa, Clinton adesso può solo sperare che Saddam si metta buono in fretta. Per questo ieri gli attacchi sono stati intensificati, per spaventare Saddam sperando che si fermi. Se Saddam non si fermasse e continuasse a provocare, Clinton avrebbe serie difficoltà a rispondere e a continuare ad alzare il livello dello scontro. Ma è quello che potrebbe trovarsi costretto a fare se i suoi aerei venissero ancora attaccati. Per ora il Presidente ostenta ottimismo. Ieri sera in una conferenza stampa alla Casa Bianca ha detto che con il secondo attacco missilistico «la missione è stata compiuta». Ora, ha sottolineato, Saddam «sa qual è il prezzo da pagare per superare la linea di interdizione». Paolo Passarini Una postazione irachena inquadra un F-16 Il caccia Usa la distrugge con un Cruise Velivoli iracheni entrano per due volte nello spazio aereo proibito L'Air Force li insegue per abbatterli mpiuta Una postazione irachena inquadra un F-16 Il caccia Usa la distrugge con un Cruise Velivoli iracheni entrano per due volte nello spazio aereo proibito L'Air Force li insegue per abbatterli li Una bellicosa manifestazione di opposizione ||f|||§|§ all'America per le vie di Baghdad ifoto ansaj o d II leader del partito democratico curdo (Pdk) Massoud Barzani, che l'armata di Saddam ha portato a sbaragliare la fazione rivale del «Puk» di Talabani [foto reuter) li Una bellicosa manifestazione di opposizione ||f|||§|§ all'America per le vie di Baghdad ifoto ansaj
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