Primakov «ci hanno scavalcati» di Anna Zafesova
Primakov Primakov «Ci hanno scavalcati» MOSCA NOSTRO SERVIZIO Un «niet» durissimo del Cremlino all'attacco missilistico contro l'Iraq, una reazione aspra come Mosca non aveva manifestato verso l'ex nemico di Oltreoceano ormai da parecchi anni. «Inaccettabile», «inammissibile», «risposta assolutamente negativa»: questi i toni che sanno di altri tempi dei commenti russi alla mossa di Washington. Un comunicato metallico del governo russo ha ieri condannato l'attacco americano senza mezzi termini: «Una reazione inadeguata e inaccettabile». «Avevamo ammonito», prosegue la dichiarazione, «contro le pericolose conseguenze regionali e internazionali dell'uso della forza contro l'Iraq». La Russia ha anche chiesto in tono perentorio la cessazione di tutte le operazioni militari che possano minacciare «la sovranità e l'integrità» di questo Paese. Mosca chiede di applicare nel Golfo solo «metodi politici» e si dichiara pronta a contribuire alla regolazione. Ancora più duro è stato il ministro degli Esteri russo Evghenij Primakov, noto esperto dell'area araba e amico personale di lunga data di Saddam Hussein. Primakov, in visita in Svizzera, ha accusato senza mezzi termini l'amministrazione di Bill Clinton di aver puntato a un obiettivo non militare, ma elettorale. «I raid lanciati dagli Stati Uniti», ha detto in una conferenza stampa a Berna, «non possono rappresentare una soluzione per nessuno, ad eccezione di quelli che danno la priorità alle necessità della politica interna». E poi, come se temesse che qualcuno poteva non aver capito l'allusione, ha specificato: «Sto parlando della situazione preelettorale negli Usa». A Mosca il ministero degli Esteri, dal canto suo, ha pure rimproverato Washington di aver ignorato gli sforzi diplomatici della Russia per regolare il conflitto di Baghdad con l'opposizione curda. Il portavoce ufficiale del ministero, dopo aver dichiarato che la reazione della Russia all'attacco missilistico «non poteva non essere negativa», ha ricordato che il viceministro Viktor Posuvaliuk noi giorni scorsi si era adoperato per cercare di fermare Saddam Hussein. E ci sarebbe anche riuscito: attraverso Posuvaliuk la leadership irachena aveva informato Mosca di aver dato ordine alle proprie truppe di ritirarsi. Un «segnale positivo» che Washington «purtroppo», ha commentato il portavoce di Primakov, ha preferito ignorare. E la reazione della Mosca di Eltsin, accusato dall'opposizone nazional-comunista di farsi comandare a bacchetta dalla Casa Bianca, è stata di una durezza senza precedenti. Perfino all'epoca della guerra del Golfo, quando lo stesso Primakov aveva invano tentato di convincere l'amico Saddam a ritirarsi dal Kuwait era stata meno violenta. La dichiarazione del governo di Viktor Cernomyrdin infatti non si limita a condannare i raid degli Stati Uniti, ma accusa Washington di non volere chiudere questo focolaio di tensione. «E' giunta finalmente l'ora», recita il comunicato, «di riflettere sulle conseguenze deU'interminabile prolungamento del periodo postcrisi nel Golfo, quando l'uso della forza non fa che scatenare nuove crisi in quella regione». Chi invece non si limita ad accusare gli americani è Vladimir Zhirinovskij, grande ammiratore di Saddam, che ieri si è scagliato contro un «governo mondiale» che ha voluto mostrare a tutti la fine che faranno quelli che gli si ribeleranno. Il leader nazionalista ha annunciato di stare preparando un congresso di Paesi «occupati e umiliati» che darà battaglia ai «Rothschild e Morgan» del «governo mondiale». Anna Zafesova
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