«Quei traditori parlavano di pace» di Fabio Galvano

«Quei traditori parlavano di pace» «Quei traditori parlavano di pace» L'uomo delPuk che trattava a Londra coi rivali I FRATELLI NEMICI LONDRA DAL NOSTRO CORRISPONDENTE «Noi abbiamo tentato di tutto per trovare una soluzione pacifica, per evitare il conflitto. Venerdì, all'ambasciata americana, ci siamo detti pronti a firmare un accordo per una tregua. Quella sera stessa le truppe di Saddam, per tutta risposta, marciavano su Irbil». Latif Rashid si definisce «portavoce» a Londra del Puk, la Patriotic Union of Kurdistan guidata da Jalal Talabani: la formazione politica che contende la guida del movimento curdo a Massud Barzani, il carismatico leader del Kdp (Kurdistan Democratic Party) in questi giorni tatticamente alleato di Saddam. Ma Rashid è molto più di un «portavoce». Se la nazione curda fosse uno Stato, lui ne sarebbe ambasciatore plenipotenziario. Ruota attorno a lui, infatti, la diplomazia internazionale del Puk: era lui, venerdì, a rappresentare la sua gente nel negoziato di pace di cui si è avuta notizia soltanto dopo il fallimento. Che cosa è accaduto? «Ci siamo riuniti all'ambasciata americana, poiché gli Stati Uniti hanno la presidenza: con i governi di Turchia e Gran Bretagna in veste di osservatori, più Hoshiyar Zebari del Kdp, un rappresentante dell'Ine (Iraki National Congress, sotto il cui ombrello si raccolgono gli oppositori al regime di Saddam; ndr) e il sottoscritto. Gli americani e l'Ine hanno presentato una bozza di documento che avrebbe potuto risolvere la sfida militare e politica fra i vari gruppi. Noi eravamo pronti a firmare; a impegnarci, in una situazione palesemente critica, per evitare qualsiasi spargimento di sangue. Zebari si è invece tirato indietro. Ha detto di non poter firmare perché non ne aveva l'autorizzazione, aggiungendo che l'avrebbe chiesta al vertice del Kdp. E' venuta, poche ore dopo; ma da Baghdad, con le armi. Una tremenda collusione». Del Kdp con Saddam? «Sì, di due forze malvage. Questa è stata, per Saddam, l'occasione per lanciare un'altra sfida all'Onu, alla comunità internazionale, agli Stati Uniti; per aggiungere un atto di guerra alla lunga lista delle sue inadempienze in tema di armi bio¬ logiche e chimiche. In definitiva, per saggiare il terreno e al tempo stesso ristabilire la sua dittatura su tutto il territorio dell'Iraq. E già da un anno Barzani collabora con quelle sue mire». Perché? «Perché finora aveva fallito, politicamente e militarmente, nel suo obiettivo di controllare il Kurdistan. Noi siamo un partito politico moderno, riteniamo che il popolo sia abbastanza maturo per decidere. Ed è un ragionamento che a Barzani non fa comodo, perché il suo è in fondo un partito di famiglia, che passa di padre in figlio. Noi siamo per un Iraq democratico con diritti nazionali per i curdi. Barzani pensa solo al suo potere personale. In fondo è anche lui un dittatore e sono certo che chiederà a Saddam di nominarlo suo rappresentante nella regione, per controllarne le finanze». Ma un tempo anche Barzani combatteva contro Saddam. «Perché era convinto che la dittatura non sarebbe durata; e la maggioranza dei curdi lo sosteneva. La realtà si è dimostrata diversa: Saddam è rimasto, Barzani ha dovuto trovare un modo di adattarsi alla situazione. Quando il Kdp fu fondato, nel 1946, il concetto di democrazia in quella parte del mondo era piuttosto vago, di diritti umani nessuno parlava. Il Kdp poteva quindi svolgere un ruolo adeguato. Ma nel 1975, ancora sotto il vecchio Mustafà Barzani, il Kdp tradì i curdi, chiedendo la fine della lotta contro Baghdad». La scissione del movimento curdo risale a quell'epoca? «Sì, noi decidemmo di continuare nella nostra sfida al regime. Il nostro leader, Jalal Talabani, aveva fatto parte della dirigenza del Kdp e ne conosceva bene le pecche. E' stato lui a trasformare il movimento in un partito politico moderno, sviluppando radio e giornali per raggiungere i curdi più evoluti». Ma alla fine si è assistito, in pratica, a una spartizione del Kurdistan, il Puk a Est e il Kdp a Nord-Ovest. «Non c'è una vera spartizione geografica, anche se noi siamo forti, o lo eravamo, nella capitale Irbil (conquistata dalle forze del Puk nel 1994; ndr), a Kirkuk, a Suleimaniya. Insomma dove Saddam e i curdi traditori hanno colpito venerdì notte». Ma la vostra milizia non resiste? «Lo farà quando il Kdp colpirà le nostre città». Ma lo ha già fatto. E voi avete già combattuto. «La situazione deve chiarirsi». Che cosa aspettate? «Che Washington e Londra decidano come comportarsi». Fabio Galvano