EROICO DICKTRACY

EROICO DICKTRACY EROICO DICKTRACY Torturato, congelato, maciullato, gassato: ma alla fine il poliziotto trionfava sempre Si arruolò per vendicarsi: due mne&ter avevano fatto irruzione in casa dei futuri suoceri freddando il capofamiglia I ìbandai si portarono via come ostaggio la ragazza: «Tess, oh Tess» si lamentava il fidanzato tramortito A prima apparizione del Dick Tracy di Chester Gould avvenne sul «Detroit Mirrar» il 4 ottobre del 1931. Era domenica, e, quindi, si trattava di una tavola domenicale. Autoconclusiva come tutte le tavole domenicali. Un'offerta di assaggio che poteva restare senza conseguenze. Il genere non era precisato. In fondo, sarebbe stato facile interpretar quelle dodici vignette come ancora appartenenti al genere comico predominante nei primi fumetti. Un imponente capo della polizia convocava a mezzo telefono il testimone di una rapina avvenuta la sera prima. Il testimone era un giovanottone, non privo di eleganza, che dichiarava di chiamarsi «Tracy». Veniva messo a confronto con alcuni individui fermati come sospetti, ma non riconosceva nessuno come colpevole della rapina. In compenso concedeva grande attenzione a una donna che si trovava pure dietro le sbarre. Chiedeva al capo della polizia di farla uscire dalla gabbia. E, appena la donna era fuori, le si avventava addosso sparandole un diretto. Per fortuna, la donna riusciva a schivare il colpo. Il capo della polizia si infuriava con il testimone per lo scorretto comportamento e minacciava di arrestarlo. Ma il testimone non si sgomentava. «Su, capo», diceva, «non ha visto che schivata? Ha mai visto una donna schivare così un pugno?». E sotto gli occhi dell'esterrefatto capo della polizia strappava il cappellino alla donna, mettendo a nudo una testa d'uomo con i capelli corti, e proclamando: «Come pensavo, è "Pikie il picchiatore", è lui l'uomo dell'altra notte!». E il rapinatore inciampando un poco nella gonna si ribellava, precipitandosi all'attacco dell'accusatore: «Cosi eri tu l'impiccione. Eh? Maled...». Il messaggio restava incompiuto. L'ultima vignetta presentava un uomo afflosciato in una lunga veste a pois ai piedi del capo della polizia perplesso che si grattava la crapa pelata, mentre Dick Tracy si permetteva di far dello spirito maschilista: «Beh, ecco il suo uomo, capo. Le donne bisogna trattarle così, creda a me...». Lo stesso «Detroit Mirrar» dedicò un'altra tavola domenicale a Dick Tracy 1' 11 ottobre. Ma lunedi 12 ottobre «The Chicago Tribune»: iniziò la pubblicazione delle strisce giornaliere delle avventure del «primo agente investigativo in assoluto della narrativa poliziesca di carattere legalitario», come Dick Tracy è stato definito da Ellery Queen in un appassionato saggio per la riedizione dei primi vent'anni di lavoro di Chester Gould, «The Celebrated Cases of D.T.», Chelsea House, Londra, 1970. Nelle strisce giornaliere di «The Chicago Tribune» Dick Tracy non avrebbe più avuto tanta voglia di far dello spirito sulle donne. Infatti, se n3lla prima puntata confessava di non aver ancora deciso che lavoro fare e di essere al momento più ricco di speranze che di soldi durante una visita all'amatissima Tess Trueheart e ai futuri suoceri titolari di una drogheria, subito la violenza di Chicago lo colpiva al cuore. Due gangster feroci quanto pasticcioni facevano irruzione in casa dei futuri suoceri di Dick Tracy, con le pistole spianate. Il capofamiglia reagiva con veemenza: «Volete i miei soldi, eh? Porci... Chi siete voi per portarmi via quello che ci ho messo anni a...?». Gli sparavano a bruciapelo. Dick Tracy cercava d'intervenire, roteando una sedia, ma gli altri lo colpivano in testa con il calcio delle pistole, lo tramortivano, insultandolo come «piccolo idiota» e lo lasciavano in stato confusionale, portandosi via come ostaggio la ragazza: «Tess, Tess... Oh Tess...» si lamentava Dick Tracy, vacillando sulle gambe che parevano non riuscire a reggerlo. Ma poi inaugurava la grande caccia. S'amiq\ava inj^plizia per vendicarsi. E quello sarebbe stato per du cmando: «Co picchiatotra notte!». piuto. L'ultima vignetta presentava un uomo afflosciato in una lunga veste a pois ai piedi del capo della polizia perplesso che si grattava la crapa pelata, mentre Dick Tracy si permetteva di far dello spirito maschilista: «Beh, ecco il suo uomo, capo. Le donne bisogna trattarle così, creda a me...». Dick Tracy 1' 11 ottobre. Ma lunedi 12 ottobre «The Chicago Tribune»: , , e o o y Nella foto piccola, Chester Gould, il disegnatore che ha ideato il fumetto di Dick Tracy sempre il suo lavoro, vendicarsi, vendicare gli umili e gli offesi, le vittime della violenza. Non avrebbe concesso tregua ai mostri. Ellery Queen nel suo saggio riconosce a Dick Tracy non solo il merito di essere un legittimo vendicatore, strumento del popolo onesto e timorato di Dio, ma anche il merito di adempiere un'altra funzione fondamentale. Quella dell'eroe che subisce ordalie. L'ordalia è collegata al mito dell'eroe. L'eroe ha la necessità di affrontare delle prove, di soffrire vere e proprie prove del fuoco a cui Ellery Queen ci invita a partecipare: «Ed ora unitevi a Dick Tracy in alcune delle sue avventure tutto-rischio, mozza-fiato, rizza-capelli: Dick Tracy contro l'Organizzazione del Crimine! Dick Tracy pestato, atterrato, torturato, arso vivo, battuto, congelato, cloroformizzato, gassato, affogato, messo k.o., pressurizzato, depressurizzato, dinamitato, accoltellato, trascinato da un'auto in corsa (a 100 km/h)... torchiato e maciullato (nella mano destra che impugnava la pistola, per lo più), vittima di contusioni, fratture multiple in genere, costole incrinate, lussazioni dell'anca... nel corso di quarant'anni d'incessante lotta ai criminali un'esauriente enciclopedia di strazianti esperienze, "sinistre faccende", "macabre, raccapriccianti, diaboliche stragi" (un collage di termini propri di Gould); di situazioni senza possibile scampo...». Nonostante tutto, Dick Tracy trionfava sempre perché sapeva essere tanto brutale e spregiudicato da potere imporsi ai mostri. E, nel disegnarlo più che mai grifagno, inquartato e appesantito rispetto al figurino ancora indeciso balenato nelle prime tavole, Chester Gould non gli concedeva sconti di favore, il suo crudele e brillante tocco di inclùostro di china lo faceva, anzi, sempre più pericolosamente mostruoso. Proprio così: Dick Tracy non avrebbe sfigurato in mostruosità in qualsiasi confronto con gli ospiti di quella sbalorditiva raccolta messa insieme dal regista francese Alain Resnais, maniaco e studioso di fumetti: l'album dei «cattivi» di Chester Gould apparso in un numero della già citata rivista «Giff Wiff», una traboccante e minacciosa folla di mostri rappresentanti ogni aberrazione e ogni obbrobrio, incutenti ogni timore e ogni repulsione per il degrado della natura umana. Ma, arrivati a questo punto, conviene formulare un interrogativo plausibile anche se molesto. Tutti Sopra e a sinistra: Dick Tracy Sotto: Warren Beatty, l'attore che ha interpretato il poliziotto in un film del 1990 questi mostri disegnati con tanta foga descrittiva e simbolica per fare odiare il male, raggiungevano davvero il loro scopo? Il contatto tra narrativa poliziesca e opinione pubblica non è semplice, ma almeno duplice. Una seguita corrente critica sostiene che il consumatore di storie forti s'identifica sia con il poliziotto sia con il criminale, riconoscendo all'una e all'altra figura la rappresentazione di ruoli inevitabili. Dick Tracy era il garante del lieto fine e, in un certo senso, l'alibi per una degustazione morbosa, ma il divertimento veniva offerto da mostri scatenati ed esagerati come, a esempio, il nano «Jerome Midget», ladro e assassino che si allontanava dal luogo del delitto a cavallo di un imponente San Bernardo ma non riusciva a scampare a Marna, la sua erculea compagna cioccolata-dipendente che lo lasciava andare a lesso nella cabina d'un bagno turco, eccetera, di sproposito in sproposito. Può rincrescere ai moralisti ma erano proprio i misfatti di questo popolo di mostri che mandavano in visibilio il popolo dei lettori di storie forti. Da quale parte stesse veramente Strumento del popolo onesto e timorato di Dio: Elleiy Queen gli dedicò un saggio pieno di elogi l'opinione pubblica fu precisato da quanto avvenne quando Chester Gould decise di far morire al termine di un'ennesima baruffa un fastidioso avversario di Dick Tracy, un teppistello ardimentoso ma piuttosto stupido e votato a perdere di nome «Flattop». L'annuncio della morte miserabile di quel personaggio che Chester Gould non considerava di primo piano commosse e scatenò il popolo dei lettori di storie forti, e si vide chiaramente chi contasse di più tra il protagonista poliziotto e un qualunque criminale comprimario. L'autore della strip non contava. Prima che «Flattop» venisse seppellito nell'angolo di cimitero riservato ai nullatenenti, un'infinità di lettori di storie forti protestò avocando il diritto, il privilegio e l'onore di provvedere personalmente a dare un'onorata sepoltura a «Flattop». Ovunque furono organizzate veglie e simulazioni di funerali. Le poste dovettero lavorare duramente per consegnare biglietti di condoglianze o di rimpianto. Il messaggio più significativo arrivò dalla West Coast. Era di una ragazza che chiedeva perché mai «Flattop» fosse morto, dato che tutta l'America lo amava. Non era un messaggio ingenuo, era un messaggio sincero. Da sempre l'America teme i suoi mostri, ma pure da sempre li ama appassionatamente. Perdutamente. Oreste del Buono Bi UONE mranee: «AcontroesoA parteI quelle va SE SPOSTI L'ACCENTO PERDONO IL PERDONO Scrivete a: Stefano Bartezzaghi «La posta in gioco» La Stampa - Tuttolibri via Marenco 32 10126 Torino Bi UONE maniere contemporanee: «Avete avuto un controesodo intelligente?». A parte il bon ton, dopo I quelle vacanze interminabili che riescono bene solo ai bambini, la grande emozione è l'odore della casa. Nel chiuso dell'estate il singolo odore di ogni casa si è conservato intatto, ed è il vero segno del rientro (certo, se non si è dimenticato del camembert in frigorifero). La memoria è faccenda di olfatto, e non lo scopriamo noi: qui si può parlare di Proust, ma anche di Primo Levi [Storie naturali! e di Enrico Deaglio {Besame muckoj. Tornando alla Posta in gioco, sentiamo odore di spostamenti d'accento: era quello il gioco (uno dei giochi) che avevamo lasciato sul tavolo prima di partire, e ce n'erano ancora esempi pre-estivi non scartocciati. Il 13 giugno, per esempio, io scrivevo di non aver trovato nessun esempio che finisse in U, per completare questa serie: calamita calamità; pèrche - perché; còsi - così; Còrno - comò. Enrico Bia (Parma) mi ha scritto una lettera che apparentemente parlava d'altro. Mi allegava la foto di un cartello comparso fuori da mia chiesa, il cui testo riporto per meriti intrinseci: «Per rispetto a Dio e alla sua casa: "Modestia" e "pudore"; NO alle super-mini; NO ai pantaloncini troppo corti; NO alle scollature indecorose; NO a vesti senza maniche; Spiacenti se si dovesse allontanare chi fosse inadempiente» (L'ultima frase, per me, è un bel lapsus freudiano). Da questo cartello, Bia ricava l'estro per costruire la frase: «il vescovo Tutu proibì il tutù». Ed ecco la serie completata. Pier Antonio Parisotto (Schio VI) mi tramanda un bell'esempio a tre punte: il numero dìspari; tu dispari (voce del verbo disparare); egli disparì. Detto questo, Parisotto si mette in cerca dei non comunissimi casi di spostamento d'accento in parole di quattro sillabe: capitano capitano; conversano - Conversano (provincia di Bari); Elèttrici - elettrici; intestino (voce del verbo intestare) - intestino; graffignano (voce del verbo graffignare) - Graffignano (comune della provincia di Viterbo, che per Parisotto va gemellato con Rubano, provincia di Padova). Altra ardua ricerca parisottiana, quella degli spostamenti d'accento che cambiano il numero delle sillabe. Un caso famoso è bà-lia (2) che diventa ba-lì-a (3). Altro caso, la sar-to-rì-a (4) che diventa sar-tòria (tre sillabe). Cosa vuol dire sartòria? Per Parisotto significa: «relativa al muscolo sartorio», ma i dizionari non mi sembrano persuasi. A spostamenti di accento in parole di cinque sillabe Parisotto ci arriva inventandosi un arnese per barbieri, e ripetendo il medesimo suffisso: reggipettìni (reggisem minuscoli e civettuoli) - reggipettìni (arnese per sostenere il pèttine). Mi piacerebbe saper fare di meglio, ma mi pare difficile. Due altri lettori, poi, dibattono varie sfaccettature del tema del m