VECCHIONI A ROVESCIO di Marco Vozza

IL CONSIGLIO IL CONSIGLIO di Marco Vozza UNA delle caratteristiche salienti e pregevoli dello scrittore olandese Cees Nooteboom è l'arte della divagazione, esemplarmente praticata nella fiaba intellettuale Le montagne dei Paesi Bassi (Iperborea, pp. 152, LI 8.000). La storia di Kai e Lucia, illusionisti di circo la cui bellezza e felicità appaiono senza biasimo, è concepita a Saragozza in un'aula vuota durante un'estate torrida da Alfonso Tiburón de Mendoza, un ionarrante disincantato, quasi un eteronimo di Pessoa, il quale inventa una fiaba perché non ha voglia di copiare una insignificante realtà e perché la filosofia insegna a diffidare di ogni presunta corrispondenza tra rappresentazione e mondo esterno. Le sue considerazioni linguistico-speculative su strade e viaggi sono degne del Tòrless musiliano. VECCHIONI A ROVESCIO Esordio in dieci storie IL tempo è un labirinto in cui l'uomo è prigioniero perché si muove nel tentativo di catturare qualcosa che sta fermo e lo sovrasta, è una tela che il ragno s'illude di costruire per catturare le sue prede. E' questa l'idea che ispira Viaggi del tempo immobile, dieci racconti di Roberto Vecchioni, che da oltre venticinque anni scrive canzoni e insegna lettere nei licei milanesi e ora fa il suo esordio nella narrativa. Fa da cornice il cantastorie Teliqalipukt che racconta a un gruppo di bambini i sogni e i sentimenti dei personaggi della storia e della letteratura. La sua voce percorre le piste dell'immaginario, capovolge di segno le trame e le figure di carta: Napoleone diretto a Sant'Elena che s'illude di aver vinto a Waterloo; Alessandro Magno triste e senza amici che «viveva la vita al contrario degli altri»; Sancho Panza che insegue Cervantes e lo uccide con la spada perché gli ha portato via la donna amata, Dulcinea, e l'ha fatta innamorare di «un vecchio stupido e finto», Don Chisciotte; la poetessa Saffo immersa nel ricordo di un amore rubato. «Quando due si lasciano, non parte chi se ne va: parte chi resta. Chi se ne va, era partito già molto tempo prima». Questa riflessione di Saffo ritorna in tante canzoni di Vecchioni, che hanno lo stesso ritmo dei suoi racconti, abitate da personaggi che «vincono a sogni, perdono a emozioni» (Il cielo capovolto). Ipsir, il principe celtico che sconfigge il drago e dimentica la vela nera sull'albero della nave, è più fortunato di Tristano, tradito dalla gelosia dell'altra Isotta, perché la moglie passava il tempo davanti alla finestra «a occhi chiusi per non vedere, non sapere i colori del ritorno». Nei racconti più lunghi protagonista è «il tempo immobile»: il «bianco infinito» della notte antartica per Robert Scott, che fa un viaggio al Polo Sud per bruciare sul tempo Amundsen e lascia un diario che continua per quattro giorni dopo la sua morte; l'attimo in cui Paperon de' Paperoni, disegnato da Cari Barks e simile allo Scrooge del Canto di Natale di Di ckens, si è innamorato della splendida Doretta Do remi, ora diventata una vecchia brutta e ossuta; la simultaneità temporale cara al linguista Ferdinand de Saussure, che s'improwisa detective in una storia poliziesca basata sul topos del delitto nella stanza chiù sa. Su una nave in viaggio da Odessa verso Atene, al tempo dello zar Alessandro III, il conte Rachmaninov, nichilista, viene ucciso con una pugnalata nella sua cabina ermeticamente chiusa. Viene sospettato il suo accompagnatore inglese, sir Anthony, l'unico possessore della chiave, e De Saussure scopre gli assassini utilizzando le regole della linguistica strutturale Con uno stile agile e suggestivo, Vecchioni «gioca col trenino della letteratura» su ritmi da ballata, fedele a una poetica espressa in tante sue canzoni. Alle spalle di questo cantastorie smaliziato ci sono i modelli dell'immaginario di Borges e Pessoa, Calvino e Tabucchi «tutte le storie / nascono finite: / le ho già decise io soltanto / per averle immaginate... / e vivere è qualcosa come fingere / di aver dimenticato... / e ricordare» VIAGGI DEL TEMPO IMMOBILE Roberto Vecchioni Einaudi pp. 123 L. 16.000 Massimo Romano SALVATO DAL CINEMA Uno scugnizzo Anni 50 ! I OCO da fare. E' sempre molto difficiH m le mettersi nei panni di un bambino e B riprodurne narrativamente i circuiti WS mentali. Guardare con gli occhi ingeWm W nui di chi è venuto al mondo per farsi del mondo un'idea comporta capacità di umorismo, mimetismo e memoria: doti che Francesco Costa, cinquantanni, napoletano, sceneggiatoJBL re di cinema e televisione, mostra di possedere con qualche disuguaglianza. Nel suo ultimo romanzo, La volpe a tre zampe, tutto il mondo è appunto visto attraverso gli occhi di un bambino, Vittorio, il quale vive alla Canzanella, in una baraccopoli napoletana che il mare non si sogna naturalmente di bagnare. L'anno è il 1956 e Vittorio ha dieci anni. In una realtà diseredata e marginale il piccolo protagonista guarda le cose attraverso gli occhi del cinema. Questa è l'idea-cardine del romanzo. Tutta la giornata di Vittorio (gli incontriscontri con la dura legge del vivere da miseri, dignitosamente e orgogliosamente) si muove con dolcezza nativa entro le coordinate di un immaginario filmico nutritissimo, che mentre setaccia la vita tenta di scongiurarne le crudeltà. LA VOLPE A TRE ZAMPE Francesco Costa Un vero e proprio catalogo di cinema americano Anni 50 - da Randolph Scott a Tyrone Power, ma soprattutto all'idolo indiscusso, Susan Hayward -, che il bambino si porta dietro con curiosi ma tenaci effetti di incrocio tra vita e fantasia: «E se qualcuno gli obiettasse che questa è la vita e non un film, lui risponderebbe che anche i personaggi del film che lui vede al cinema Esperia credono che la loro sia la vita vera». Un po' come in un remake postmoderno che tenti di riscattare con la consapevolezza del recupero un vago clima di contenuti neorealisti, la vicenda si dipana verso un finale da romanzo di formazione: ossia verso la coscienza di una realtà che, associando Susan Hayward e la Dorothy del Mago di Oz, puntualmente imita l'immaginazione. Solo la volpe che perde una zampa nella tagliola può rendersi conto del senso dell'esistenza. E l'esistenza di Vittorio si muove tra un padre evanescente e randagio, una madre duretta e fiera, una sorella disarmata, una tribù di vicini, amici-nemici, compagni di scuola, per arrivare altro mondo - a un generale americano di grande stazza ma ottuso e soprattutto alla moglie del generale, Ruth Conway (per Vittorio sempre Susan Hayward), a cui Vittorio fa da messaggero d'amore, vivendo per (troppe) pagine nell'illusione di un suo sogno americano. Del resto Costa non è Zavattini e il miracolo dei diseredati che ascendono al loro cielo come gli omini di Magritte è avvenuto, forse una volta per tutte, in un film di molti anni fa. A Milano però. Giovanni Tesio Francesco Costa Baldini & Castoldi pp. 454. L 26.000

Luoghi citati: Atene, Iperborea, Milano, Odessa, Paesi Bassi, Sant'elena, Waterloo