«Ecco le misure unti-furbi

«Ecco le misure unti-furbi «Ecco le misure unti-furbi » Il giudice Grasso: controlli rigorosi INTERVISTA I PROGRAMMI m PROTEZIONE VROMA EDIAMOLA sotto l'aspetto positivo, questa notizia del pentito Ferone, se mai sarà confermata. Vuol dire che il sistema ha in sé gli anticorpi». Piero Grasso, procuratore aggiunto alla superprocura antimafia, già giudice a latere nel primo maxi-processo, e membro della commissione ministeriale che decide i programmi di protezione per i collaboratori di giustizia, non perde la freddezza davanti alla notizia di un pentito che s'è continuato a comportare da mafioso. Giudice Grasso, non sono un po' troppi questi pentiti. E sono tutti sotto controllo? «Guardi, parlando dell'aspetto processuale, ci vogliono i riscontri. Ormai non è più come ai tempi del maxi-processo quando di pentiti ce n'erano quattro o cinque. Sono talmente tanti ormai, e talmente tanti i loro racconti, che bisogna verificare la credibilità fatto per fatto. Non si può più far leva su una credibi- lità intrinseca delle loro dichiarazioni. Tipo: l'80 per cento delle cose è riscontrato, allora il 20 per cento che resta è ugualmente credibile perché rientra in un giudizio di credibilità generico. I giudici del dibattimento si sono attrezzati a valutare i fatti concreti. Naturalmente cosa diversa è quando si fanno le indagini. Non si possono lasciare strade intentate». Il caso di Catania, però, non nasce nelle aule di giustizia, ma oltre. Si resta perplessi davanti ai comportamenti di molti pentiti. «Io dico: ben venga il sistema che al suo interno ha i correttivi e le soluzioni. Chiamiamoli anticorpi, se si è potuti giungere a questo risultato d'indagine. Vediamola in positivo. Non è che il pentito, poiché è talmente credibile, non viene scalfito dalle indagini. E' un cittadino come tutti gli altri che va indagato. Non significa che, avendo acquisito quella patente, è al di sopra di ogni sospetto». Nessuna zona d'impunità, dunque. ((Assolutamente. Né da parte della polizia, né della magistratura, né del servizio di protezione. C'è tutto un sistema di controlli, che però, si badi bene, si esercitano su persone libere. Se sono libere, è perché il giudizio di pericolosità dei giudici si è attenuato dopo le collaborazioni. Per questo hanno ritenuto di renderli liberi. Il problema, semmai, è un altro. Cioè se prima di rendere Libere queste persone, non sia il caso di aspettare mo¬ menti più avanzati del processo». Effettivamente escono subito. «Sì, però ci tengo a precisare che non è la commissione ministeriale a dargli la libertà. La decisione viene dai giudici. Il ministero garantisce la protezione». Il governo sembra intenzionato a stringere i cordoni. ((Abbiamo studiato a fondo la questione. S'è scoperto che spesso vengono messi sotto protezione anche molti che non rischiano niente. Semplici rapinatori o spacciatori che confessano. E' la legge che non fa distinzioni. E poi, siccome l'accesso al programma di protezione è un presupposto per ottenere certi benefici, molti magistrati spingono per farci accettare anche chi non ne avrebbe bisogno. La riforma dovrebbe andare in questo senso: un conto sono i benefici, un conto la protezione. Quest'ultima darla solo a chi serve. Perché costa molto, sa, allo Stato. Miliardi». [fra. gii.] Piero Grasso membro della commissione ministeriale che decide i programmi di protezione

Persone citate: Ferone, Giudice Grasso, Grasso, Piero Grasso

Luoghi citati: Catania