Fofi contro Arbasino Un «Anonimo» di troppo

Fofi contro Arbasino Un «Anonimo» di troppo Recensione con la coda al veleno Fofi contro Arbasino Un «Anonimo» di troppo .1 ROMA I N sostanza: era meglio il I primo. E' quanto si deduI ce soltanto al termine delj»J l'intera pagina, ma lui la chiama modestamente «nota», che Goffredo Fofi dedica sul Messaggero di ieri a L'Anonimo Lombardo, il grande secondo romanzo di Alberto Arbasino pubblicato da Feltrinelli nel '59 (seguiva di due anni Le piccole vacanze) e che ora l'autore di Voghera ha riscritto e ripubblicato da Adelphi a 37 anni dalla prima edizione. Una articolata argomentazione quella di Goffredo Fofi, lunga sette colonne, per confrontare, smontare, disquisire, paragonare, analizzare, complimentare. Per sostenere per esempio che nell'Anonimo è meno presente «la nevrosi e il dolore che spunteranno nel meno riuscito Fratelli d'Italia». E ancora: «E' proprio l'estremismo dell'anonimo a fare il suo pregio, a renderlo un documento del tempo come l'autore sognava che diventasse». Ma a questo punto perché toccarlo? Infatti, «in cauda venenum» e Fofi conclude: «Se Arbasino non si fosse lasciato divorare dal gusto dell'arzigogolo, se non fosse diventato pian piano un vecchio moralista un po' monotono, se non si fosse adagiato nella maniera di sé e nell'invenzione e ossessiva proposta di un proprio birignao, avrebbe riprodotto quel volume tal quale. Un volume che, fortunato chi ce l'ha, rimane, credo, il suo capolavoro», [s. e] LA LETTERA Le considerazioni di Piero Bian.. jì sull'abolizione del diritto d'autore appaiono arcadiche e da «signora mia» perché ignorano il fenomeno ormai secolare delle merci e del mercato, e la relativa legislazione, e i guai che l'assenza di questa provocò a Manzoni o a Mozart. Certamente i poeti più classici e romantici componevano per amore dell'Arte. Ma su questo si è sviluppata l'industria dell'editoria scolastica, e col pretesto della pubblica istruzione democratica ne ritrae profitti. Così come i commerci galleristici e discografici sfruttano le creazioni della povera bohème perita per inedia nelle soffitte. E un omaggio floreale non è più disinteressato e poetico di tanta volgare prosa? Abolire dunque ogni diritto fiscale sulle rose e le violette? Ma quando i testi letterari vengono manipolati e sconciati da speculatori senza scrupoli, chi difende poi la creatura senza diritti dalla pubblicità o dal varietà? Alberto Arbasino La proposta, nella sua paradossalità, doveva appunto servire a mettere in luce che esistono due categorie di scrittori: quelli per necessità (come Gadda, Fenoglio e Primo Levi) e quelli per mercato (qui l'elenco sarebbe troppo lungo), ponendo così il problema della motivazione etica dello scrivere. Il resto è puro pretesto, [p. b.] A sinistra, Goffredo Fofi; qui accanto Alberto Arbasino, che ha ripubblicato «L'Anonimo Lombardo»

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