Rinviato a giudizio per i due operai bruciati
Rinviato a giudizio per i due operai bruciati I dipendenti erano rimasti intrappolati perché l'uscita di sicurezza era stata bloccata dall'esterno Rinviato a giudizio per i due operai bruciati 7/ titolare di una ditta di Settimo accusato di omicidio colposo Daniele Piana, 28 anni, di San Raffaele Cimena, l'avevano trovato accasciato davanti alla porta. Era morto bruciato, mentre cercava disperatamente di scappare da quell'inferno attraverso l'uscita di sicurezza: quell'unica di via di fuga era però stata bloccata dall'esteino, inchiavardata con viti e bulloni per paura dei ladri. Il suo collega Salvatore Raso, 27 anni, padre di una bimba piccolissima, riportò ustioni gravissime, e morì due giorni dopo in ospedale. I due operai lavoravano alla «Sett», una fabbrica di Settimo Torinese. Il titolare dell'azienda è stato ora chiamato a rispondere della loro morte: il pm Giulio Monferini lo ha rinviato a giudizio per omicidio colposo, per una lunga serie di violazioni alle norme sulla sicurezza nel lavoro, e anche per inquinamento delle falde ac- quifere destinate al consumo. Il gravissimo incidente avvenne la mattina del 25 luglio '94, in un seminterrato della Società Elettromeccanica Trasformatori di Settimo di via Leinì, vicino al casello dell'autostrada Torino-Milano. Piana e Raso erano scesi nel locale interrato, dov'erano sistemati due forni e una sega elettrica: i primi servivano ad asciugare i componenti dei trasformatori prodotti dall'azienda; la sega a tagliare il legno dei supporti e dei basamenti. I due operai non si erano accorti che da alcuni fusti di solventi si erano spri¬ gionati dei vapori, saturando l'ambiente. Una scintilla provocata dall'accensione della sega elettrica ha innescato un'esplosione: il locale è stato invaso dal fumo e dalle fiamme. Il titolare della ditta, Pier Francesco Amolari, 38 anni, si lanciò nel seminterrato per salvare i dipendenti. Riuscì a trascinare fuori Raso, mentre per Piana non ci fu più nulla da fare: lo trovarono i vigili del fuoco, dietro a quell'uscita di sicurezza sprangata. Era un montatore, lavorava alla Sett da nove anni, ed era addetto all'assemblaggio dei trasformatori. Si sarebbe dovuto sposare di lì a pochi mesi. Dopo l'incidente, la fabbrica venne posta sotto sequestro. Partì l'inchiesta: una settimana dopo, nel corso di un'ispezione di carabinieri e vigili, si rischiò nuovamente una tragedia. Nello stesso punto scoppiò un nuovo incendio, anche questa volta causato dai vapori sprigionatisi dai fusti di solventi, subito spento dai vigili del fuoco. Il 15 novembre Pier Francesco Amolari, difeso dall'avvocato Roberto Bronzini, sarà processato davanti al pretore Semeraro. Oltre al duplice omicidio colposo, risponderà di ben 29 violazioni alle norme sulla sicurezza. Il pm Monferini gli ha contestato anche l'inquinamento delle falde acquifere, per aver scaricato nel terreno vicino all'azienda oli ed altri residui della lavorazione, [g. fav.] L'incendio era stato provocato da una scintilla che aveva fatto esplodere i vapori di solvente Lo stesso padrone si era ustionato nel portare aiuto
Persone citate: Giulio Monferini, Monferini, Pier Francesco Amolari, Raso, Roberto Bronzini, Salvatore Raso, Semeraro
Luoghi citati: Milano, San Raffaele Cimena, Settimo Torinese, Torino
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